Vaticano – Papa Francesco ha concluso la visita in Bulgaria e Macedonia del Nord

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Papa – Si è concluso con l’ennesimo successo il viaggio apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e Macedonia del Nord. Dopo avervi descritto il bagno di folla che ha seguito ed applaudito il pontefice in Bulgaria, ecco il momento di narrare quanto avvenuto in Macedonia del Nord. Nella tarda serata di ieri il rientro a Ciampino dopo la conferenza stampa con i giornalisti in aereo della quale vi narrerò domani con dovizia di particolari.

Nella mattinata di ieri, presso Mosaique Hall del Palazzo Presidenziale (Skopje) l’incontro con le autorità. È la prima volta che un Pontefice si reca nella Repubblica della Macedonia del Nord. Incontrando le autorità del Paese, tra cui il Presidente Gjorge Ivanov, il Papa ricorda che questa terra è un “ponte tra oriente e occidente”. È un “punto di confluenza di numerose correnti culturali”, osserva Francesco, che custodisce una cultura millenaria impreziosita da “raffinate testimonianze del passato bizantino e ottomano”, da “ardite fortezze tra i monti” e da “splendide iconostasi delle sue antiche chiese”. Tale ricchezza culturale, aggiunge il Santo Padre, è solo lo specchio di un più prezioso e valido patrimonio: “la composizione multietnica e multireligiosa”.

Il presidente della Macedonia del Nord, Gjorge Ivanov rammenta come la visita tocchi simbolicamente nel 25.mo anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche del Paese con la Santa Sede. “Siamo riconoscenti – ha detto il capo di stato – per il supporto continuo dato alla nostra integrazione in Europa e, in generale, al progresso del nostro Paese. Le eccellenti relazioni bilaterali fondano sulla centenaria fiducia e sul rispetto che il popolo della Macedonia nutre nei riguardi della Santa Sede”.

Quindi Papa Francesco celebra la Messa a Skopje ed esorta i fedeli a rispondere all’invito di Gesù a seguirlo, mettendosi in cammino e superando chiusure e abitudini portando l’esempio di Madre Teresa, affamata di Dio, che incontrava il Signore nell’Eucaristia e nei poveri.

Solo l’uno per cento la presenza dei cattolici nel Paese, circa 3.660 nella sola diocesi di Skopje, su 2 milioni 340 mila abitanti, ma qui sono venuti in circa 15 mila, anche da Albania, Kosovo e Croazia.

Al centro dell’omelia le parole di Gesù nella pagina del Vangelo: “Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete”. Gesù si rivolge alla folla, impressionata e festante per la moltiplicazione del pane, dimostrazione della sollecitudine di Dio per i suoi figli e della fraternità espressa nella condivisione. Il Papa invita ad immaginare tutte quelle persone che l’avevano seguito, improvvisamente cambiate da quel miracolo. Il Signore è venuto per dare vita al mondo e lo fa sempre in un modo che riesce a sfidare la ristrettezza dei nostri calcoli, la mediocrità delle nostre aspettative e la superficialità dei nostri intellettualismi; mette in discussione le nostre vedute e le nostre certezze, invitandoci a passare a un orizzonte nuovo che dà spazio a un modo diverso di costruire la realtà. Solo il Signore è capace di rompere le nostre abitudine e i nostri stereotipi, insegnandoci a condividere “la compassione del Padre per ogni persona”, specialmente per i dimenticati o i disprezzati. Gesù ci chiede di uscire da noi stessi e di camminare verso di Lui.

“Venite”, ci dice il Signore: un venire che non significa solo spostarsi da un posto all’altro, bensì la capacità di lasciarci smuovere, trasformare dalla sua Parola nelle nostre scelte, nei sentimenti, nelle priorità per avventurarci a fare i suoi stessi gesti e parlare col suo stesso linguaggio, “il linguaggio del pane che dice tenerezza, compagnia, dedizione generosa agli altri”, amore concreto e palpabile perché quotidiano e reale. L conclusione di Papa Francesco è un invito: alziamoci in piedi, lasciamo che Gesù “sazi la nostra fame e sete nel sacramento dell’altare e nel sacramento del fratello”.

Nell’incontro ecumenico e interreligioso con i giovani della Macedonia del Nord, Papa Francesco consiglia un buon “faccia a faccia” con tutti “ma soprattutto con i vostri nonni” mettendoli in guardia dalle colonizzazioni ideologiche. Salito sul palco, il Papa invita con ampi gesti un bambino seduto in prima fila a raggiungerlo per abbracciarlo, e poi saluta con la mano gli altri giovani. Ascolta con attenzione le tre testimonianze e poi risponde agli stimoli che vengono dagli interventi. Si rivolge prima a  Liridona, ragazza musulmana che ha raccontato di aver avuto “più volte occasione di vivere con i miei amici cristiani profondi e forti momenti di comunione” e ‘sogna’ che noi credenti in un Unico Dio Misericordioso “possiamo dare la speranza ad un mondo stanco”. Sogna, Liridona, “un mondo in cui regnano rapporti sinceri e aperti tra i singoli e le comunità, tra i popoli e tra le fedi”. E si è chiesta se sogna “forse troppo”. No, risponde Francesco, “sognare non è mai troppo”, perché “uno dei principali problemi di oggi e di tanti giovani è che hanno perso la capacità di sognare”. E quando una persona non sogna, quando un giovane non sogna questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione. Questi li lasciamo a quelli che seguono la “dea lamentela”! […] È un inganno: ti fa prendere la strada sbagliata. Quale maggior adrenalina che impegnarsi tutti i giorni, con dedizione, ad essere artigiani di sogni, artigiani di speranza? I sogni ci aiutano a mantenere viva la certezza di sapere che un altro mondo è possibile e che siamo chiamati a coinvolgerci in esso e a farne parte col nostro lavoro, col nostro impegno e la nostra azione. “Non bisogna bloccarsi per insicurezza, non bisogna avere paura di rischiare e di commettere errori”, ma piuttosto aver paura “di vivere paralizzati, come morti viventi, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare, perché non portano avanti i loro impegni o hanno paura di sbagliare”. Perché, anche se sbagli, “potrai sempre rialzare la testa e ricominciare, perché nessuno ha il diritto di rubarti la speranza”. Per favore, sognate insieme, non da soli; con gli altri, mai contro gli altri. Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; insieme si costruiscono i sogni. Papa Francesco ricorda come gli europei colonizzatori portavano agli indiani d’America vetri colorati, che questi acquistavano e “davano tutto per avere questa novità che non valeva niente”. Anche oggi, denuncia, “ci sono i conquistatori, i colonizzatori che ci porteranno i vetri colorati: sono le colonizzazioni ideologiche. E verranno da voi e vi diranno: No, voi dovete essere un popolo più moderno, più avanti, andare avanti, voi prendete queste, fate questa strada, dimenticate le cose vecchie”. La soluzione è discernere, “Quello che questa persona mi porta, è una cosa buona che è in armonia con la storia del mio popolo? O sono vetri colorati? “. E per non ingannarci “è importante parlare con i vecchi, parlare con gli anziani che vi trasmetteranno la storia del vostro popolo”.

Ultimo incontro del viaggio papale con i sacerdoti e le loro famiglie nella Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù a Skopje. Nelle sue parole la grazia di respirare insieme a due polmoni, il rifiuto del carrierismo e del complesso di inferiorità, l’esortazione ad essere quel profumo capace di lasciare nella Chiesa e nel mondo un’impronta inconfondibile. Infine il richiamo alla tenerezza. Francesco insiste sull’immagine di Madre Teresa, segno concreto di come la precarietà di una persona unta dal Signore, sia stata capace di impregnare tutto col profumo delle beatitudini. Quanti vennero tranquillizzati dalla tenerezza del suo sguardo, confortati dalla sua carezza, sollevati dalla sua speranza e alimentati dal coraggio della sua fede capace di far sentire ai più dimenticati che non erano dimenticati da Dio! La storia la scrivono queste persone che non hanno paura di spendere la loro vita per amore: ogni volta che lo avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avrete fatto a me. Il Papa mette in guardia i religiosi da un’altra tentazione, quella del carrierismo che indurisce il cuore, alimentata dalla fantasia che l’essere forti, potenti e influenti possa far “quadrare i conti”. E riprendendo la testimonianza di padre Davor, della diocesi di Sarajevo, aggiunge che ciò che salva dal carrierismo è sempre il fermarsi per tornare alla prima vocazione, alla memoria della prima chiamata, del primo sguardo con Gesù che è – afferma il Santo Padre – un sacramentale! La memoria ti salverà, ripete il Pontefice, l’andare a cercare il Signore risorto lì dove poteva essere incontrato, lasciando le vie sicure e abbassandosi alla vita quotidiana dei propri fratelli, per ungerli ancora con il profumo dello Spirito.

Molte volte spendiamo le nostre energie e risorse, le nostre riunioni, discussioni e programmazioni per conservare approcci, ritmi, prospettive che non solo non entusiasmano nessuno, ma che sono incapaci di portare un po’ di quell’aroma evangelico in grado di confortare e di aprire vie di speranza, e ci privano dell’incontro personale con gli altri. Come sono giuste le parole di Madre Teresa: “Ciò che non mi serve, mi pesa”. Lasciamo tutti i pesi che ci separano dalla missione e impediscono al profumo della misericordia di raggiungere il volto dei nostri fratelli. Per favore: tenerezza. Mai sgridare. Acqua benedetta, mai l’aceto. Sempre con quella dolcezza del Vangelo che sa accarezzare le anime. Riprendendo una parola che ha detto nostro fratello: lui ha parlato di carrierismo. Quando nella vita sacerdotale, nella vita religiosa entra il carrierismo, il cuore diviene duro, acido e si perde la tenerezza. Il carrierista o la carrierista ha perso la capacità di accarezzare… I mezzi materiali ci vogliono, sono necessari; ma non sono la cosa più importante. Per questo, non perdere la capacità di accarezzare, non perdere la tenerezza ministeriale e la tenerezza della consacrazione religiosa.

Al termine dell’incontro, accompagnato fin sotto le scalette dell’aereo dal presidente della Macedonia del Nord, Gjorge Ivanov, Papa Francesco ha lasciato il Paese a conclusione di un’intensa giornata a Skopje, scandita dal forte abbraccio con la popolazione locale. A bordo di un volo Alitalia, il Pontefice è partito in direzione Ciampino dove è atterrato qualche minuto dopo le 20.30.

 

 




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