Ambiente e politica – Venezia, Il Mose ed i porti italiani a ‘rischio’

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Ambiente – Ci risiamo, ancora una volta e purtroppo il rischio è che sarà sempre così nella nostra martoriata Italia in cui giganteggia “la cultura del poi….”.

 

Venezia affonda, dramma Venezia, dobbiamo stanziare fondi per i danni a Venezia, emergenze e parole, solidarietà e interventi da attuare! Tutto bellissimo ma manca sempre il solito tassello, la solita parolina magica: PREVENZIONE!!!!!!! Ancora una volta gli italiani pagheranno spese in più per l’incapacità di agire prima!

 

Già! E mentre polizia, carabinieri, esercito, protezione civile e volontari di ogni tipo stanno lavorando intensamente per limitare i danni e salvare il salvabile, mentre gli esercenti in ginocchio dichiarano “saremo costretti a vendere ai cinesi”, una moltitudine di persone invia immagini del dramma che sta colpendo una città a rischio da sempre ma che la burocrazia e gli interessi politici, lobbistici ed economici hanno sempre hanno deciso di non voler salvare nei tempi e nei modi giusti!

 

A Venezia si è precipitato (con tanto di foto che lo ritraggono in un barcone tra le acque),  il prsidente del Consiglio giallorosso Giuseppe Conte, che ha annunciato, come per Genova, una legge straordinaria per far fronte al disastro e la nomina di un commissario. «E’ un’opera (il MO.S.E., ndr) su cui ormai sono stati spesi tantissimi soldi ed è in dirittura finale, ora va completata e poi manutenuta», ha assicurato Conte.

 

Domanda? Ma chi pagherà questi interventi straordinari? Perché ancora una volta dalle tasche degli italiani dovranno uscire somme di denaro bene maggiori di quelle preventivate con interventi giusti nei momenti giusti?

 

Qualcuno dissentirà con la solita superficialità argomentando che non sono in arrivo tasse per Venezia certo ma le tasse annuali versate allo stato dovrebbero avere altri scopi!

 

Ecco così eccoci a narrarvi le solite storie e raccontarvi delle solite polemiche. Venezia si trova ad affrontare la più grande marea dal 1966 ed allora prontamente si riaccende il dibattito sull’innalzamento del livello dei mari, un fenomeno in atto in tutto il globo ma particolarmente pericoloso in Italia, vista la conformazione del nostro Paese.

 

All’inizio di quest’anno a lanciare l’allarme era stata l’Enea, l’agenzia nazionale di ricerca sullo sviluppo sostenibile: secondo i suoi specialisti tra 80 anni potrebbe sparire, inghiottita dalle acque, un’area grande come la Liguria: 5.451 km2 di coste da nord a sud che verrebbero sommerse e con esse tanti porti, snodi essenziali del nostro sistema di trasporti e più in generale per la nostra economia.

 

Secondo l’Enea, nel 2100 saranno a rischio inondazione oltre a Venezia e alla sua suggestiva Laguna, anche la vasta area nord adriatica tra Trieste, Venezia e Ravenna, la foce del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo, l’area di Lesina (Foggia) e di Taranto in Puglia, La Spezia in Liguria, tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull’Isola d’Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana, la piana Pontina, di Fondi e la foce del Tevere nel Lazio, la piana del Volturno e del Sele in Campania, l’area di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai (Muravera) e di Nodigheddu, Pilo, Platamona e Valledoria (Sassari), di Porto Pollo e di Lido del Sole (Olbia) in Sardegna, il Metaponto in Basilicata, Granelli (Siracusa), Noto (Siracusa), Pantano Logarini (Ragusa) e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia, Gioia Tauro (Reggio Calabria) e Santa Eufemia (Catanzaro) in Calabria.

 

Ciò perché il livello del mare che circonda l’Italia tra qualche decennio potrebbe innalzarsi di 1 metro circa per effetto del riscaldamento globale e di un altro metro in occasione di eventi atmosferici come onde e vento forte che si sommano al ciclo naturale delle maree.

 

Ancona, Augusta, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Massa, Messina, Napoli, Olbia, Palermo, Salerno, Savona, Taranto, Trieste e, naturalmente, Venezia, sarebbero i porti che potrebbero essere in tutto o in parte sommersi dai 2 metri in più rispetto al livello del mare attuale che le proiezioni prevedono.

 

Ma torniamo a parlare delle soluzioni proposte e mai realizzate per la salvaguardia di Venezia ma soprattutto dei veneziani. Una soluzione venne individuata nel lontano 2003 (16 anni di nulla se ne sono andati!),  con l’avvio del progetto MO.S.E., una serie di paratie mobili ancorate al fondo della laguna e cave all’interno, in modo che l’acqua possa entrare per fare da zavorra quando si vogliono abbassare ed essere svuotate parzialmente per innalzarle per far fronte all’acqua alta, la più grande minaccia per la città lagunare.

 

Il M.O.S.E. dopo 16 anni non è ancora in funzione, tra errori di progettazione e inchieste giudiziarie per tangenti che hanno coinvolto centinaia di persone. La data di completamento doveva essere il 2011 per una spesa totale di 1,63 miliardi di euro, ma la scadenza è stata rimandata al 2021, mentre i costi di realizzazione sono lievitati a ben 5,5 miliardi di euro. Cinque miliardi e mezzo per nulla, viene da dire di fronte alla devastazione della città di San Marco, delle gondole e delle calli.

 

“Mose rischia di essere uno dei più grandi e clamorosi fallimenti della storia delle infrastrutture in Italia. Nel nostro Paese – spiega il presidente di Federlogistica-Conftrasporto Luigi Merlo – sono a rischio 5500 chilometri quadrati, fra porti, ferrovie, strade.

 

Rotterdam ha realizzato Maeslantkering e la Resilience strategy, Singapore ipotizza investimenti per 100 miliardi di dollari per proteggersi dall’innalzamento del mare sopraelevando le strade di 4 metri e l’aeroporto di 5 metri,

 

In Giappone hanno predisposto un piano per evitare che il 60% delle spiagge sparisca . Il Comune di New York ha istituito l’ufficio Recovery and Resilience a dirette dipendenze del Sindaco. Le città californiane da tempo studiano il fenomeno. In Italia, una penisola fondata sull’economia del Mare si ragiona sempre in termini di emergenza e senza avere impostato la minima programmazione e un piano per adeguare le infrastrutture”.

 

 

Ma evidenziamo la vicenda italica nel suo complesso tornando alla situazione generale con un occhio di riguardo verso i porti.

 

Anche i porti italiani subiranno un innalzamento del livello del mare per via dei cambiamenti climatici: la stima è di circa un metro al 2100, con picchi superiori a Venezia (più 1,064 metri), a Napoli (più 1,040 metri), a Cagliari (più 1,033 metri), a Palermo e a Brindisi.

 

E’ quanto emerge dalle proiezioni dell’Enea presentate di recente in un focus dedicato al Mediterraneo. L’innalzamento stimato dall’Enea riguarda 21 porti italiani e prende in considerazione anche l’effetto dello ‘storm surge’, cioè la coesistenza di bassa pressione, onde e vento che in particolari condizioni determina un aumento del livello del mare rispetto al litorale di circa 1 metro.

 

L’innalzamento al 2100 viene stimato ad Ancona di un metro, fino a due con l’effetto ‘storm surge’; ad Augusta 1,028 (fino a 2,028), a Bari 1,025 (fino a 2,025), a Brindisi 1,0282,028, a Cagliari 1,033 (2,033), a Catania 0,952 (1,952), a Civitavecchia 1,015 (2,015), a Genova 0,922 (1,922), a Gioia Tauro 0,956 (1,956), a La Spezia 0,994 (1,994), a Livorno 1,008 (2,008), a Massa 0,999 (1,999), a Messina 0,956 (1,956), a Napoli 1,040 (2,040), a Olbia 1,025 (2,025), a Palermo 1,028 (2,028), a Salerno 1,020 (2,020), a Savona 0,922 (1,922), a Taranto 1,024 (2,024), a Trieste 0,980 (1,980), a Venezia 1,064 (2,064).




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