STORIA – GUERRA RUSSIA/UCRAINA UN EPISODIO DELLA LOTTA PER LA SUPREMAZIA SUL MONDO.

5202

STORIA – La storia, dal 44 ad oggi, ha visto diversi conflitti armati che con le scuse più diverse, dalle ideologie alle religioni, di fatto sono state causate da interessi di pochi legati alle trasformazioni economico finanziarie della politica internazionale.
Interessi che nel tempo si sono evoluti dalle azioni di mera difesa, alla volontà di controllare tutti i popoli.
Analisi dei fatti salienti per l’economia globale, alla ricerca d’indizi che sia in atto la costituzione di un nuovo ordine mondiale.

Antefatto.
La Storia con la “S” maiuscola, quella che viene insegnata nelle scuole e che possiamo trovare nelle enciclopedie quando affrontiamo il tema della seconda guerra mondiale (WW2) sorvola, chissà perché, su molti fatti importanti che ne hanno determinato lo sviluppo.
In primis non si fa cenno ne si mette in relazione, la concomitanza tra la presa del potere da parte del Partito Nazista in Germania con il consolidarsi del potere Bolscevico in Russia dopo la rivoluzione d’ottobre e l’eccidio dello Zar.
Così come non si trova da nessuna parte nei testi ufficiali, quanto sia stato per lo meno incredibile che Inghilterra, Francia e gli Usa abbiano permesso prima che Hitler si prendesse l’Alsazia e la Lorena e poi iniziasse la corsa al riarmo.
Per altro si dovrebbe rispondere a queste domande in maniera concreta:
Perché nessun cenno nella storia ufficiale all’esistenza della società esoterica Thule da cui nacque il nazismo  e dei suoi legami con la Massoneria americana, fatti supportati dalle scoperte sui riti occulti dei vertici del Reich e sulle spedizioni delle SS alla ricerca del passato ariano?
Perché furono le grandi famiglie alla guida di Wall Street  Ford, Rothschild e Rockefeller  a finanziare e sostenere l’ascesa del Terzo Reich?
Perché Hitler menzionava continuamente la necessità di creare un Nuovo Ordine Mondiale, esattamente come fanno oggi i premier delle nazioni più avanzate?
Una spiegazione plausibile potrebbe essere che la finanza mondiale dell’epoca avesse l’esigenza di contrastare il consolidamento e le mire espansioniste della Russia Stalinista avversa al capitalismo, contro i mercati e le banche. Per poter eliminare quella pericolosa minaccia al potere che gli derivava dai soldi, avevano puntato sulla Germania dalla popolazione famosa per essere formidabile in guerra.
Questo spiegherebbe tante incongruenze presenti nella storia ufficiale quali l’abbandono del fronte Africano da parte del Reich che non ufficialmente ma di fatto, non supportando più con la logistica Rommel e le truppe alleate, ha abbandonato ad un destino inevitabile, quel fronte di guerra (El Alamein).
Inoltre non si comprendono ne la scelta di realizzare il Vallo Atlantico che è la negazione della guerra lampo e di movimento che aveva caratterizzato la vittoriosa conquista di mezza Europa (Francia compresa) ne perché Hitler decise di bombardare con le V1 e le V2 obiettivi civili come la città di Londra al posto di concreti obbiettivi militari (aeroporti della RAF e porti Inglesi) che si sarebbero poi rivelati determinanti per lo sbarco dalla Gran Bretagna, delle truppe alleate in Francia.
Ma l’azione più inconcepibile perché contraria ad ogni logica è l’apertura del fronte Russo non avendo nessun pericolo dalla Russia dopo il patto Molotov Ribbentrop. Il patto era composto da due parti, una pubblica e una segreta. La parte pubblica consisteva in un accordo di non aggressione, in cui ogni firmatario si impegnava a non attaccare l’altro e prevedeva che, nel caso in cui uno dei due firmatari avesse subito l’attacco di un Paese terzo, l’altro firmatario non avrebbe fornito assistenza di qualsiasi tipo al Paese terzo in questione. Inoltre, entrambi i firmatari si impegnarono a non partecipare ad accordi con altri poteri che avessero, direttamente o indirettamente, l’obiettivo di danneggiare uno dei due firmatari. L’accordo di non aggressione aveva una durata di dieci anni al termine dei quali, se nessuno dei due firmatari avesse annullato l’accordo, si sarebbe rinnovato automaticamente per altri cinque.
La parte segreta del patto era un protocollo che stabiliva le sfere di influenza dell’Unione Sovietica e della Germania in Europa orientale. Il protocollo riconosceva l’Estonia, la Lettonia e la Bessarabia come parte della sfera sovietica. I firmatari concordarono di dividere la Polonia in due, lungo la linea dei fiumi Narew, Vistola e San.
Ma infrangere questo patto mentre gli Usa erano già entrati in guerra dopo l’attacco da parte degli alleati giapponesi del Terzo Reich, sembra frutto della scelta di un pazzo.
Se applichiamo un pò di logica però, una spiegazione plausibile per tutte queste incongruenze è che Hitler sia stato scelto dal Gotha della Finanza mondiale dell’epoca per riarmare la Germania proprio con l’obiettivo di contrastare la Russia Bolscevica e che, dopo aver soddisfatto le sue ambizioni di vittoria (soprattutto sconfiggere la Francia contro la quale aveva combattuto sul fronte della prima guerra mondiale), il dittatore Tedesco ambisse ad ottenere il riconoscimento delle sue conquiste da parte di chi lo aveva reso quel che era diventato, non annientando l’Inghilterra come avrebbe tranquillamente potuto fare dopo la battaglia di Dunkerque e aprendo il fronte russo per dimostrare che il compito assegnatogli lo avrebbe portato a termine. Questo spiegherebbe  anche perché, Rudolf  Hess, numero due del nazismo, il 10 maggio 1941 si sia paracadutato in Scozia per trattare la pace con la Gran Bretagna.
La versione ufficiale che deriva dall’apparente desecretazione di atti ufficiali del governo inglese è che sia stato ingannato dai servizi d’intelligence ed attirato in una trappola mentre Hitler era all’oscuro di tutto. Di fatto, dopo il processo di Norimberga dove venne condannato non a morte ma all’ergastolo che scontò in una prigione di Berlino in cui rimase anche unico prigioniero dal 1981, non gli fù mai permesso di rilasciare dichiarazioni e dobbiamo ricordare che è stato trovato impiccato nel 1987, ad 83 anni, poco prima di essere liberato, avendo Gorbaciov tolto il veto sovietico alla sua scarcerazione. Del carteggio di Mussolini, sparito chissà dove, non ne parliamo nemmeno.
L’organizzazione economica decisa dal dopo guerra ad oggi.
Proseguendo sul filo della deduzione logica che abbiamo ricavato analizzando le incongruenze storiche sui fatti salienti della seconda guerra mondiale, dobbiamo anche immaginare che coloro che hanno finanziato Hitler per abbattere la Russia Bolscevica, nel dopo guerra si sono ritrovati il mondo diviso in due blocchi a causa della nascita dell’URSS e con la difficile situazione di dover regolare la finanza mondiale. Non potendo più porre rimedio a  questa situazione, ogni mossa per imporre il modello economico Capitalista e le logiche di Wall Street, di fatto fece accelerare il precipitare della situazione politico internazionale nella Guerra Fredda di cui tutti abbiamo memoria.
Ed ecco che la Politica internazionale si attiva per dettare regole comuni con cui cercare una convivenza internazionale che andasse bene per tutti. Anche perché fra gli stessi Alleati, escluse la Russia e la Cina, le idee erano diverse ma capivano di doversi dare soluzioni comuni anche per avviare la ricostruzione dopo i disastri del conflitto mondiale. E cosa era meglio di individuare un sistema economico/finanziario basato sullo scambio commerciale internazionale regolato attraverso un sistema di controllo monetario comune e regole chiare su come gli Stati dovessero parteciparvi con le loro economie interne?
Tutti abbiamo sentito parlare degli accordi di Yalta, località dove si è deciso l’assetto del mondo per la contrapposizione di due visioni in conflitto circa l’organizzazione della Società degli stati vincitori (quella capitalistica e quella del socialismo reale) già collocate su fronti opposti. Ma la verità è  che gli accordi più importanti per lo sviluppo del mondo e delle economie degli stati si sono decise nelle riunioni che hanno portato agli accordi di Deliberazione della Conferenza monetaria e finanziaria che si tenne dal 1° al 24 luglio 1944 presso la città di Bretton Woods, in New Hampshire (USA), con la partecipazione dei delegati di tutti i paesi alleati contro il Patto tripartito, compresa l’URSS.
Bretton Woods è una località dipendente dal comune di Carroll, nello stato del New Hampshire (USA), i cui principali punti di interesse sono le attrazioni e i divertimenti. È circondata dalla Foresta Nazionale delle Montagne Bianche, ha una buona vista sul Monte Washington, ed è sede del Mount Washington Hotel.
In questa ridente cittadina si è concretizzato il primo accordo mondiale sulla finanza globale che era stato pensato per arginare e prevenire le crisi economiche dette sistemiche come quella del ’29 e prevedeva un sistema di cambi valutari fissi tutti riferiti al dollaro. Stabilizzare i cambi significava impedire movimenti eccessivi di capitali, in sostanza arginare la speculazione, evitare gli eccessi. A questa riunione internazionale erano presenti i rappresentanti di 45 paesi, di questi 30 hanno ratificato gli accordi divenendo membri originari, 14 sono i membri entrati in tempi successivi. L’URSS, che era presente, non li ha mai ratificati.
Oltre ai cambi fissi, l’accordo prevedeva la convertibilità dollaro oro. Quindi gli accordi di Bretton Woods, scaturiti dalla conferenza delle Nazioni Unite tenuta nel luglio 1944, sono entrati in funzione il 27 dicembre 1945 e sono frutto di un compromesso tra due piani, in cui ha avuto più peso il piano White: Piano di riforma del sistema monetario internazionale proposto nel luglio 1944 alla conferenza dal funzionario del Tesoro e capo della delegazione statunitense H.D. White.
Il piano prevedeva la creazione di un ‘fondo di stabilizzazione’, di entità molto inferiore a quella della clearing union sostenuta dall’economista J.M. Keynes, capo della delegazione inglese. Il piano prevedeva la creazione di una stanza di compensazione internazionale (international clearing union), nella quale ogni Paese avrebbe accumulato saldi attivi (riserve) o passivi (indebitamenti) in ragione dei saldi di bilancia dei pagamenti. Attività e passività presso la stanza sarebbero state denominate in una nuova unità di conto, il bancor, prevedendo limiti e penalizzazioni sull’accumulo sia di riserve sia di debiti, rendendo cosi il sistema simmetrico e scoraggiando l’insorgere di squilibri esterni nei Paesi partecipanti (a quell’epoca, principalmente gli Stati Uniti). Secondo il piano di Keynes, la stanza avrebbe funzionato come una banca centrale, con facoltà di espandere l’offerta di bancor in rapporto alle necessità dell’economia internazionale, alimentato da sottoscrizioni dei Paesi partecipanti (quote). La principale differenza tra i due piani era quindi che con quello approvato, gli Stati in deficit avrebbero potuto accedere alle risorse del fondo entro certi limiti, mentre non erano contemplate sanzioni per quelli in avanzo.
Il piano che passò era evidentemente funzionale agli interessi degli Stati Uniti, a quel tempo in strutturale avanzo, che non vedevano con favore i limiti all’accumulo di riserve presenti nel piano di Keynes. Nello schema proposto da White, gli USA avrebbero goduto di una quota dominante nel fondo in ragione della loro dimensione economica.
La sintesi di Bretton Wood consiste nel fatto che tali accordi prevedevano la creazione del Fondo monetario internazionale, a cui fu affiancata la creazione della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (tutte e due badate bene, hanno sede a Washington) come previsto dal piano di Keynes che comunque influenzò la scrittura dell’accordo ottenendo la convertibilità dollaro in oro. Infatti l’economista inglese, ispirato dalla storia del sistema monetario, in particolare dalla Firenze del 1300 che prevedeva un valore di conversione fra oro e fiorino, propose con successo di fissare il dollaro all’oro in modo da stabilizzare il sistema, disincentivare le speculazioni, impedire crisi simili a quella del ’29. In pratica possedere un dollaro significava possedere oro.
E anche se l’URSS non ratificò mai l’accordo, questo ha funzionato fino al dicembre del 1971, quando il gruppo dei Dieci firmò lo Smithsonian Agreement, che mise fine agli accordi di Bretton Woods, svalutando il dollaro e dando inizio alla fluttuazione dei cambi e questo dopo che, Il 15 agosto 1971, a Camp David, Richard Nixon, sospese la convertibilità del dollaro in oro a causa delle crescenti richieste di conversione che stavano sempre più assottigliando le riserve aure americane.  Certo la guerra fredda che non riguardava solo il contrapporsi di Usa ed URSS ma anche della crescente presenza della Cina Maoista (altra nemica dei mercati e delle società Capitaliste) che ,tendente sempre più ad espandere la sua influenza nel mondo, ha contribuito a mettere in crisi il rapporto dollaro e riserve auree. Ed è infatti proprio in una delle più eclatanti contrapposizioni tra Usa e Cina dopo la guerra di Corea, il conflitto in Vietnam che gli Stati Uniti si sono ritrovati impantanati per più di un decennio in una guerra costosa che ha costretto Nixon a sospendere la convertibilità del Dollaro.
La perdita della convertibilità fra oro e dollaro rappresenta la premessa principale che ha condotto alla crisi finanziaria dei nostri tempi. Le libere fluttuazioni valutarie, la fine del  riferimento aureo del dollaro, hanno legittimato  la visione di un mercato valutario e finanziario senza limiti, senza vincoli, senza regole,  un mercato dove l’unica legge è quella del massimo profitto.
Ecco in sintesi l’evoluzione negli anni, dall’accordo di  Bretton Wood, della situazione internazionale degli accordi Politico economici Mondiali più brevemente detta “Guerra Fredda”:

Oltre alla fine degli equilibri internazionali fra stati determinati dagli accordi di Bretton Wood, l’abbandono della convertibilità in oro della moneta, di fatto, ha dato il via libera alla libertà per le banche centrali di creare moneta e generare valori che alimentavano molto di più i mercati finanziari  e assai sporadicamente la produzione e il lavoro. Senza considerare che ha segnato l’inizio di un periodo di grande instabilità valutaria e di speculazioni finanziarie.
Energia, Materie prime e libertà di mercato (intesa come assoluta mancanza di vincoli) sono gli obbiettivi di chi gestisce la finanza globale da più di un secolo e questo perché con il denaro possono controllarle, al fine di ottenere sempre più potere.
Nel corso dei decenni possiamo collegare a questi tre elementi la causa di rivoluzioni negli stati, scoppio di guerre e nascita di terrorismo in varie forme per destabilizzare, bloccare ed indirizzare molti Paesi, compreso il nostro.
Arrivo ad ipotizzare che la prima crisi energetica globale del periodo a cavallo tra il 1973 ed il 1974 per la quale venne coniato il termine Austerity, abbia fatto da modello per le crisi future provocate ad arte da chi vuole realizzare il nuovo ordine mondiale. Tutto il mondo ne subì le conseguenze a causa dell’embargo del petrolio da parte dei paesi arabi verso gli Europei e gli Usa in quanto alleati di Israele, vittoriosa dopo la guerra con l’Egitto e le inevitabili speculazioni sul costo del petrolio cominciate durante il conflitto per la chiusura del canale di Suez. Quindi, preda della crisi energetica, tanti Stati compresa l’Italia, furono costretti a coercizzare i cittadini a non usare nessun  mezzo a motore, fosse automobile, moto, nave od aereo, durante le domeniche ed i giorni festivi per cercare di limitare i consumi di benzina, addirittura venne anticipato il telegiornale alle 20,00 e le chiusure dei cinema alle 22,00 mentre bar e ristoranti entro le 23,00.
Da quel momento si coniò il termine “Oro Nero” per parlare del petrolio e negli anni a seguire, le monete degli stati più industrializzati subirono destabilizzanti fluttuazioni in quanto, a causa dei continui aumenti ed ai costi elevatissimi sul mercato internazionale, la Bilancia dei pagamenti dei Paesi era paurosamente inclinata verso l’uscita di valuta destinata all’estero (Anche in Italia i governi subirono tali conseguenze salvo poi rimanere sorpresi dal fatto che la bilancia era tornata in pareggio grazie alle esportazioni delle piccole e medie imprese del made in Italy che non erano monitorate dal Tesoro come la grande industria e questo non sfuggi a chi osservava gli effetti delle crisi).
Dallo stravolgimento indotto dell’economia di Adamo Smith alla Globalizzazione realizzata artificiosamente.
Non si può identificare con certezza quando i signori della finanza internazionale che promuovevano i loro interessi attraverso le ingerenze nella politica e nell’economia abbiano deciso di perseguire la realizzazione di un nuovo ordine mondiale ma è molto probabile che la fine di Bretton Woods sia stata causata dall’opera occulta di costoro. Tale situazione ha permesso la fine  del limite, il via libera ad ogni eccesso in economia, falsamente dati dalla cultura di un certo liberismo come unica fonte di benessere e via di progresso. Tale ideologia è ancora oggi predicata ai livelli governativi sia socialisti che conservatori, spinta sui media dal  potere dei soldi e dalla volontà di chi li controlla.
Un’idea che deforma l’analisi e le teorie economiche di Adamo Smith, soprattutto deforma il concetto che l’imprenditore produce per il proprio profitto personale e così facendo crea sana economia per il bene di tutti. Certo come tutte le teorie economiche anche quella di Smith applicata alla realtà dai paesi con governi liberisti, ha mostrato molte pecche che dai primi del 900 ha trovato le giuste correzioni attraverso una saggia formazione delle leggi che regolano le produzioni ed i mercati, le leggi sul lavoro e quelle sull’Antitrust, legittimando così l’ingerenza della politica sul libero mercato.
Partendo da questo assunto e deformandolo fino al limite più basso, i signori del nuovo ordine mondiale dalla metà degli anni 60 in poi, hanno infiltrato la politica sempre più per utilizzare il potere dei governi a loro piacimento anche depotenziandoli con sovrastrutture tipo la comunità europea per meglio controllare il potere legislativo, accentrando le produzioni su scala globale nelle mani di multinazionali controllate da loro attraverso i capitali e le borse azionarie, così come controllano il commercio internazionale, usando la loro ricchezza per influenzare i media prima ed i social da quando questi sono diventati comuni a tutto il mondo grazie alla tecnologia, modificando artificiosamente la naturale evoluzione economica dei popoli, imponendo concetti che ancora imperano ai giorni nostri (vedi la globalizzazione), nonostante sia stata di fatto smentita dalle cause della crisi  del  2009, dalla mancanza di sostenibilità ambientale e finanziaria.
Ma qual è il fatto più grande a testimonianza dell’esistenza del nuovo ordine mondiale?
Il fatto che dall’abbandono della convertibilità del dollaro in oro decisa da Nixon nel 1971,  non si sia mai verificato quanto indicato dalla brillante teoria di Robert Triffin, economista belga (Flobecq 1911 – Ostenda 1993), tra i più autorevoli studiosi del sistema monetario internazionale del secondo dopoguerra. Questi, nel 1960, a 16 anni dall’accordo, è stato tra i primi a evidenziare il rischio di instabilità insito nel sistema di Bretton Woods. Al cuore dell’instabilità vi è il cosiddetto dilemma di Triffin (o paradosso di Triffin), riconducibile al trade off tra liquidità e fiducia. Il sistema economico internazionale abbisognava per consentire lo svolgimento di crescenti transazioni internazionali,  della immissione di liquidità in dollari, che potevano essere forniti solo attraverso la realizzazione di disavanzi nella bilancia dei pagamenti USA. Questo permetteva agli Stati Uniti di avere grandi deficit che venivano ripianati emettendo dollari. Quando i dollari in eccesso iniziarono ad arrivare nelle banche centrali mondiali, vennero convertiti in oro. Questo abbassò il valore del dollaro rispetto all’oro. In un primo momento le autorità cercarono di gestire il Dilemma stabilendo, nel 1961, il London Gold Pool nel tentativo di mantenere il prezzo dell’oro a $35 l’oncia. L’escamotage funzionò per un po’ ma si inceppò nel 1968 quando la Francia si ritirò dal Pool.
Le varie nazioni cercarono di preservare il sistema di Bretton Woods mantenendo un mercato dell’oro a due livelli: uno operante con il prezzo ufficiale a $35 l’oncia, l’altro con il prezzo di mercato che era ben al di sopra del prezzo ufficiale. Una tale politica non era però oggettivamente sostenibile, in breve fallì e le cose andarono avanti fino alla decisione del presidente Nixon dell’ agosto 1971.
La conseguenza fu un decennio di instabilità monetaria e di inflazione da record, però il dollaro conservò il suo ruolo di valuta di riserva mondiale per tutto quel decennio e, grazie alla  potenza economica e militare degli Stati Uniti, il dollaro fu sempre più utilizzato come valuta di riserva, consentendo enormi benefici ai principali attori economici. Gli Stati Uniti ne hanno beneficiato pagando le importazioni con dollari essenzialmente a costo zero. A loro volta, i principali partner commerciali degli Stati Uniti hanno goduto di una forte domanda per i loro prodotti, creando occupazione e crescita dei redditi. Ma cosa ha di fatto impedito il crollo definitivo del sistema monetario internazionale se non l’influenza segreta dei soggetti che oggi identifichiamo nel nuovo ordine mondiale che avevano ed hanno interesse che tutto continuasse per realizzare i loro piani di dominio sul mondo?
Gli enormi deficit degli Stati Uniti che hanno generato una quantità enorme di liquidità in dollari nell’economia mondiale, non hanno provocato l’indebolimento del dollaro come previsto dalla teoria di Triffin, sostanzialmente perché il nuovo ordine mondiale ha impedito che ciò accadesse esercitando influenze e mirando investimenti, giostrando gli enormi capitali che possiede, operando sui mercati finanziari e favorendo accordi come quello tra USA ed Arabia Saudita che accettò di vendere il petrolio in dollari e di usare i petrodollari per finanziare il Tesoro USA.
Ad esempio nel 2007 il sistema finanziario è entrato in crisi perché la struttura del mercato non poteva più far fronte al gigantesco debito degli Stati Uniti non controbilanciato da sufficienti attività reali. Nella fase iniziale della crisi il dollaro si è fortemente svalutato contro l’euro però qualcuno è intervenuto ed è facile indovinare chi, provocando una crisi del debito pubblico nell’area euro rivalutando il Dollaro che ha potuto così continuare ad essere negoziato come valuta di riserva mondiale, rimanendo avulsa dai suoi fondamentali nazionali (depressi come in altri paesi).
Nonostante tutto ciò, i problemi evidenziati dal Dilemma di Triffin continuano ad essere ancora oggi operanti. Infatti, alla domanda perché  i conflitti insiti nel sistema monetario globale che hanno portato alla grande crisi finanziaria non siano ancora stati affrontati e come mai se l’utilizzo del dollaro come valuta di riserva mondiale senza legame con l’oro sta lasciando in eredità un enorme cumulo di debito pubblico per tutti gli stati del mondo, si lascia ancora funzionare l’utilizzo della moneta stampata dagli USA come mezzo di scambio commerciale. L’unica possibile risposta è perché qualcuno che opera al di sopra dei singoli interessi degli stati nazionali e sovranazionali, ha interesse che le cose rimangano così. Anzi, è da ipotizzare che il crescere del debito pubblico faccia loro comodo per la gestione attraverso la finanza delle politiche internazionali, riuscendo ad indirizzarle con certezza dove essi vogliono.
Le recenti politiche della EU per esempio, con l’apparente alto proposito di una corretta spesa pubblica, hanno emesso direttive in materia economica mirate al contenimento del debito pubblico dei paesi membri costringendo i governi a politiche di Austerity ed alte tassazioni come nel caso dell’Italia, costretta ad abbandonare servizi pubblici essenziali come la sanità e a ridurre persino a zero le risorse delle amministrazioni locali con provvedimenti come la Spending Review, di fatto peggiorando ed impoverendo le attività produttive ed il benessere dei cittadini, colpendo sopra tutto il ceto medio produttivo che negli anni 80 e 90 si era espanso e consolidato. Per non parlare di quello che hanno fatto alla Grecia le istituzioni dell’EU come tutti sanno.
Il potere che deriva dal dollaro usato come moneta per gli scambi internazionali, si concretizza nel fatto che i paesi più industrializzati (Europa) che debbono usarlo per acquistare materie prime e prodotti energetici in quanto hanno scarse risorse naturali, esercitano una forte domanda di valuta di riserva per poter pagare le transazioni con i paesi produttori di queste risorse. Questi ultimi investiranno in azioni e titoli di stato del paese emettitore, quindi i dollari emessi non si presentano al cambio, condizionando il valore del dollaro sulle altre monete.
Alla lunga però, la necessità di liquidità globale che ha incentivato gli Stati Uniti a vivere al di là dei propri mezzi mediante l’espansione del proprio debito che resta occultato nei caveau delle banche centrali estere mascherato da asset patrimoniale e sul quale i sistemi bancari nazionali generano l’espansione del proprio credito come gli stati vedono aumentare il loro debito, porterà ben presto al collasso il sistema, rendendo più facile imporre attraverso la finanza mondiale, l’adozione di un nuovo ordinamento anche se questo fosse contro ogni naturale evoluzione dell’economia e del genere umano od addirittura snaturando le radici popolari.
Certo va osservato che tutto ciò è stato pensato e realizzato di atto in atto con un’opera costante sviluppata nel corso dei decenni ed accelerato dalla crescita tecnologica, secondo un piano ben preciso, sviluppato gradualmente per tappe successive ma perfettamente riconoscibili se si analizza la storia degli ultimi 50 anni, seguendo i chiari indizi di manipolazione delle leggi internazionali e le loro ricadute nelle legislazioni degli stati appartenenti al così detto mondo occidentale ed industrializzato, quei paesi che nella retorica della guerra fredda, si distinguevano dal resto del mondo perché perfettamente integrati nel dominio della finanza attraverso i mercati azionari.
La lotta alle ideologie ed alle religioni è fondamentale per la riuscita del loro piano di dominio quanto la cancellazione delle identità dei popoli attraverso il progressivo abbandono dei loro usi, costumi e tradizioni, coinvolgendo con l’avidità o con l’inganno media, organizzazioni internazionali secolari, massonerie   ed aggregazioni politiche ma non hanno considerato che la divisione del mondo in due blocchi, consolidatasi con la guerra fredda, nonostante i loro tentativi di inglobare nella loro economia non capitalista ma bensì consumistica, i paesi che non erano allineati, avrebbe creato gravi problemi ai loro progetti.
Infatti, La Cina, la Russia ed i paesi del terzo mondo da sempre nell’orbita di queste potenze, già da qualche anno si stavano coalizzando anche pensando ad una moneta internazionale diversa dal Dollaro USA.
Lo scenario economico e politico che porta allo scontro dell’occidente con la Russia nel terreno dell’Ucraina.
L’uso dei media dopo l’undici settembre ed il crollo delle torri gemelle con la scusa della lotta al terrorismo, abilmente abbinata all’apologia della diffusione della democrazia, giustificò prima la distruzione dell’Iraq di Saddam iniziata da ben 10 anni e gli attacchi alla Libia ed alla Siria dopo.
Paesi arabi sotto regimi socialisti dittatoriali  che gravitavano già durante la guerra fredda nella sfera degli interessi russi. Questi atti di guerra, fuori dal contesto creato ad arte dalla comunicazione univoca di tutti i media, risultano chiaramente frutto della stessa tattica volta ad isolare la Russia.
Di pari portata è la corte costante agli ex paesi dell’URSS, prima blanditi economicamente e poi invitati ad aderire alla Nato, alleanza che ha avuto origine in contrapposizione con la cortina di ferro e deterrente alle armate Russe.
Mentre per quanto riguarda la Cina, la finanza mondiale ha creato le premesse perché i governanti degli stati europei aprissero negoziati fin dalla metà degli anni 90 con lo scopo di permettere ai rispettivi grandi e medi industriali di spostare le fabbriche in Asia anche sulla spinta di leggi ad hoc sulla delocalizzazione delle imprese e della convenienza data dai bassi costi di manodopera. Sistema già sperimentato con successo per interferire ed affiliare i paesi ex Unione Sovietica al sistema economico occidentale ed alla Nato, controllati dal nuovo ordine mondiale.
Rivolta verso la Cina, l’operazione già avviata nei paesi dell’est Europa, era un azzardo ma frutto di un rischio calcolato ed aveva chiaramente il duplice obbiettivo di depotenziare le economie dei paesi membri dell’EU ed avvicinare la Cina all’economia di mercato gestita finanziariamente dal nuovo ordine mondiale che dal 1989 aveva coniato regole ben precise tramite il Washington Consensus (termine coniato per la prima volta nel 1989 da John Williamson, un economista dell’istituto Peterson per l’economia internazionale termine oggi sempre più associato in senso negativo a politiche economiche del “Far West”, del neoliberismo o del laissez-faire i cui effetti negativi stiamo vivendo in Europa ed in Italia, a causa della crisi energetica data dalla speculazione dei mercati sulle materie prime energetiche e non a causa della guerra Russo/Ucraina).
Con tale termine la comunità di Stati Occidentali aveva accettato una serie di principi dettati dalle istituzioni che avevano sede in Washington, come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America, messi a punto inizialmente per risolvere le crisi economiche dell’America Latina ma poi adottati come risoluzioni dell’EU quali:

1) Apertura e liberalizzazione degli investimenti provenienti dall’estero;
2) Tassi di interesse reali (cioè scontati della componente puramente inflattiva) moderatamente positivi;
3) Tassi di cambio della moneta locale determinati dal mercato;
4) Privatizzazione delle aziende statali;
5) Deregulation: abolizione delle regole che impediscono l’entrata nel mercato o che limitano la competitività, eccetto per quel che riguarda le condizioni di sicurezza, di tutela dell’ambiente e di tutela del consumatore e un discreto controllo delle istituzioni finanziarie;
6) Liberalizzazione del commercio e delle importazioni, in particolare con la soppressione delle restrizioni quantitative e con il mantenimento dei dazi ad un livello basso e uniforme;
ed atri su politiche fiscali, spesa pubblica/debito, pubblico e riforma del sistema tributario.

I signori della globalizzazione erano però certi che alla lunga tutto ciò avrebbe portato ad un cambio di regime politico, contando sull’evoluzione economica per la popolazione. Ma ad oggi si può dire che il tentativo di assimilare la Russia al sistema o di cambiare il regime che governa la Cina grazie alle politiche economiche basate sul consumismo è di fatto fallito perché il sistema politico cinese ha assorbito i potenziali effetti destabilizzanti del boom economico interno e amplificato il controllo sulla popolazione per mezzo della tecnologia.
Inoltre, rifiutando il Washington Consensus, la Cina ha dimostrato come l’idea che l’adozione del libero mercato avrebbe implicato inevitabilmente l’adesione a una democrazia pluripartitica e la nascita di una classe media desiderosa di maggiori libertà di parola non è concreto ne reale. Così, molti stati dal Terzo Mondo hanno incominciato a guardare verso Pechino come modello di sviluppo alternativo  all’insieme delle potenze imperialistiche guidate dagli USA, tanto attrattivo da meritarsi un termine economico coniato dall’economista statunitense Joshua Cooper Ramo nel 2004: Beijing Consensus, al quale la Cina vuole affiancare idonee istituzioni monetaria e finanziarie.
Ma facciamo un passo in dietro e cerchiamo di capire come si è arrivati al Washington Consensus ed una risposta ce la possiamo dare se mettiamo a fuoco chi ha concepito il decalogo di idee economiche poi fatte proprie prima dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale e poi, a caduta, dalla EU e dagli stati del mondo che li applicano alle loro politiche.
Una possibile risposta trova riscontro nell’importanza acquisita nei decenni, dal 1971 (anno della fine della convertibilità in oro del dollaro) del World Economic Forum. Consesso che si riunisce a Davos in Svizzera, partito inizialmente come European Management Symposium sotto il patrocinio della Commissione europea e di alcune associazioni industriali del Vecchio Continente con lo scopo d’introdurre le aziende europee alle pratiche di management statunitensi e poi di fatto divenuto un incontro a inviti in cui un pugno di ricchissimi e/o potentissimi discutevano dei temi all’ordine del giorno dell’agenda globale. Questo consesso, allargato da qualche anno ai governi ed alle istituzioni è un simposio internazionale di cui si può dire che sia il palcoscenico da cui certe idee economiche e certe politiche a sostegno degli obiettivi del nuovo ordine mondiale, vengono presentate ad una platea formata da rappresentanti di tutti i governi e di tutte le sovra strutture istituzionali. Al contempo, si può altresì ipotizzare che il coagulo delle operatività per le realizzazioni dei loro piani per il governo del mondo, si svolgano in riunioni non aperte al pubblico ne ai media, qual è per esempio il consesso del Bildemberg.
Però, nonostante gli sforzi del nuovo ordine mondiale di eliminare le minacce ai suoi piani, anche la Russia aveva già  promosso negli anni l’Unione Economica Euroasiatica (EAEU) che consiste in una zona di libero scambio e di cooperazione economica con le altre repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale: Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan.
Inoltre, nel 2018, l’EAEU ha stipulato un accordo di libero scambio con la Cina che rappresentava, ancor  prima delle riduzioni tariffarie previste dall’accordo, circa il 20% degli scambi con l’estero dell’Unione stessa e cosa ancor più grave per i piani del nuovo ordine mondiale (NOV), nell’ottobre 2020 ci sono stati contatti della EAEU con la Cina per creare un nuovo sistema monetario e finanziario euroasiatico. E questo  dopo che  il commissario economico della EAEU, il Russo Sergei Glazyev, aveva deprecato l’utilizzo di valute di Paesi estranei alla Unione  per i pagamenti fra Paesi membri e con la Cina, auspicando l’uso alternativo al dollaro di valute digitali e nuovi sistemi per regolare gli scambi commerciali nonché l’accesso alle materie prime, nel quadro di un rafforzamento dei rapporti fra EAEU con il Belt and Road Initiative (BRI) che sta per la nuova via terrestre della seta Cinese.
Considerato anche che  il 16 giugno del 2009, durante il primo summit formale dei paesi BRICs (acronimo per paesi in rapida espansione economica) che si tenne a Ecaterinburgo sugli Urali, Russia, India e Brasile si dichiararono favorevoli   ad una riforma del sistema monetario internazionale sulla proposta di ancorare la moneta internazionale a un paniere di materie prime (idea del Keynes) che era stata pubblicata il marzo di quell’anno dal Governatore della Banca Popolare Cinese. Inoltre, il Wall Street Journal ha rivelato l’avvio di un dialogo fra Arabia Saudita e Cina per il pagamento del petrolio in yuan. Sarebbe un duro colpo all’egemonia monetaria americana.
Alla luce di questi fatti è plausibile, in particolare, che Russia e Cina stiano lavorando di concerto in vista della creazione di una moneta internazionale  il cui valore sia fondato sulle materie prime ed è ovvia la crescente preoccupazione di chi da Wall Street, per mezzo del dollaro e della finanza, dagli USA governa già mezzo mondo.
Quindi questo è lo scenario economico e politico internazionale che si presenta alla luce dei fatti appena riportati,  appena finito lo sconvolgimento economico, politico e sociale causati dalla pandemia, poco prima dello scoppio della guerra Russo Ucraina.
Di fatto, possiamo identificare una sempre più netta contrapposizione fra il sistema occidentale di governo del mondo a trazione Usa e la coalizione Russo Cinese con i paesi che gravitano nella loro orbita economico politica.
Le cause specifiche della Guerra Russo/Ucraina
Come esposto sopra, il nuovo ordine mondiale che aveva raggiunto il controllo sulle potenze economiche occidentali, giostrando abilmente tra crisi politiche ed economiche con gli stati europei per controllare il vecchio continente attraverso le istituzioni dell’EU (queste già prima del 2000 e dell’adozione dell’Euro, erano completamente avulse dalla democrazia in quanto istituzioni economiche che quando operano lo fanno attraverso l’adozione delle direttive sempre più strettamente legate ai concetti del Washington Consens),  non riuscendo ad ottenere gli stessi risultati nei confronti della Russia, ha prima annesso alle politiche economiche per operare con i mercati dell’EU gli ex stati satelliti sovietici per poi arrivare ad inserirli nell’alleanza militare della NATO, ben sapendo di violare i principi degli accordi siglati in tal proposito all’indomani del crollo del muro di Berlino.
Inoltre, fra il popolo dell’Ucraina e i russi nel corso della storia non è corso sempre buon sangue, a partire delle scaramucce tra i soldati dello Zar ed i cosacchi. Ma dopo che Stalin, agendo contro i contadini che erano rimasti fedeli alla Russia Zarista, fece azioni sanguinarie contro la popolazione rurale ucraina e per questo non sorprende che nella seconda guerra mondiale, all’avanzata delle truppe Tedesche, ci siano testimonianze storiche che gli Ucraini formassero addirittura un battaglione per scendere in campo sotto i vessilli Hitleriani  e combattere contro la Mosca bolscevica.
Dopo il 1991, a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, le relazioni tra Mosca e Kyev hanno visto situazioni politiche a fasi alterne pur essendo la popolazione tranquillamente abituata ad esprimersi in lingua russa, una certa parte soffriva l’ingombrante presenza del vicino, temendone l’ingerenza, avendo ancora fresca memoria del rigido sistema di controllo dell’Unione sovietica.
La tensione raggiunse l’apice nel 2013, quando il popolo ucraino diede vita a un’ondata di proteste contro l’allora premier Viktor Janukovyč contestando la sua scelta di non firmare l’accordo di associazione e libero scambio (AA) con l’Unione europea e accusandolo di essere nient’altro che un burattino nelle mani del Cremlino.
Le manifestazioni lo costrinsero alla fuga per essere sostituito da un governo filo-occidentale con Petro Oleksijovyč Porošenko presidente, operazione possibile perché “EuroMaidan” divenne presto un movimento nazionale, caratterizzato da elementi filo-occidentali e antirussi (ma anche di estrema destra).
Le reazioni non si fecero attendere, dopo neanche un mese dallo scoppio delle proteste, la situazione si fece ancora più complessa: nel marzo 2014, infatti, in Crimea venne organizzato un referendum (ritenuto illegale dalla Corte costituzionale ucraina) che esprimeva la volontà degli abitanti della penisola, a maggioranza russofona, di tornare sotto il controllo di Mosca. Con una mossa prevedibile, Putin accolse il risultato della consultazione come un segnale e dichiarò la secessione della Repubblica di Crimea dall’Ucraina e l’annessione alla Russia.
Nel frattempo il provvedimento più significativo del nuovo governo  Ucraino, ovviamente appoggiato dagli Usa, era stato tornare indietro sulla decisione di togliere dalla costituzione il divieto alle alleanze militari con la chiara intenzione di aprire alla Nato ed al contempo di aderire all’EU come richiesto da manifestazioni popolari di piazza nella capitale. Per Mosca questo cambiamento è stato considerato un vero colpo di Stato tanto che oltre all’annessione della Crimea, si accese il conflitto nel Donbass, regione filorussa nell’Est ed ebbe inizio una guerra civile mentre le due province di Donetsk e Luhansk si autoproclamarono Repubbliche popolari indipendenti con il benestare di Mosca e la rabbia di Kyiv, che non accettò mai nessuno degli stravolgimenti di quei mesi.
Ufficialmente la comunità internazionale capitanata dagli stati dell’EU per cercare di mettere fine alle ostilità nel Donbass ed furono avviati dei negoziati tra le parti  nel settembre del 2014, nella città di Minsk, sotto l’egida dell’OSCE  (organizzazione internazionale di studi economici per i trentasei paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un’economia di mercato, avente anche con lo scopo di risolvere controversie internazionali con sede a Parigi), dove i rappresentanti di Russia, Ucraina, Donetsk e Lugansk, assieme a quello dell’Osce, firmano il ‘protocollo Minsk che prevede questi obbiettivi: Kiev acconsente a decentrare il potere con una legge ad hoc per uno statuto speciale delle regioni ribelli, l’impegno al cessate il fuoco, al ritiro delle truppe dalla linea di contatto e a uno scambio di prigionieri, purtroppo disattesi dalle parti.
Nel febbraio 2015, quando l’Ucraina sperimenta pesanti perdite contro le forze separatiste delle Repubbliche popolari autoproclamatesi tali con Mosca che nega una sua presenza sul campo, si arriva alla sigla di ‘Minsk-2′; il documento riguarda il ripristino del controllo delle frontiere orientali da parte di Kiev e l’organizzazione di elezioni in Donbass, seguite dalla reintegrazione delle repubbliche separatiste nell’Ucraina con uno status di autonomia speciale.

Gli accordi di Minsk hanno sempre e solo ottenuto una riduzione dell’intensità dei combattimenti, mentre le disposizioni politiche, mai attuate sono considerate da Kiev troppo favorevoli alla Russia. A distanza di otto anni l’invasione Russa è a causa di una situazione che vede Mosca e Kiev perseguire due interpretazioni opposte del documento. La divergenza riguardava soprattutto la sequenza con cui applicare gli impegni, non specificata con chiarezza nei documenti: per il Cremlino andavano prima attuate le disposizioni politiche e poi quelle militari, per l’Ucraina il contrario.
Inoltre Kiev, invece di concedere alle regioni separatiste uno status speciale come chiedeva Mosca, avrebbe riconosciuto alle Repubbliche Popolari del Donbass solo dei poteri extra nell’ambito di un piu’ ampio programma di decentramento, negando così al Cremlino la possibilità di contare sui rappresentanti delle regioni filo-russe seduti al Parlamento nazionale e su autorita’ regionali pronte a contrastare le politiche non gradite a Mosca come  l’adesione alla Nato.
Quando la Russia ha cominciato ad ammassare le truppe al confine con l’Ucraina, nella trattativa diplomatica sono intervenuti anche gli Stati Uniti. Nei nuovi scambi diplomatici era stata ribadito che la sequenza degli obblighi da adempiere, nell’interpretazione russa, prevedeva prima le elezioni locali e il riconoscimento dello status speciale del Donbass, poi con il passare delle ore e l’acuirsi delle tensioni la Russia, alzando la posta, chiese il ritiro della Nato dall’Europa dell’Est e l’impegno a non accettare ulteriori adesioni di Paesi dell’ex blocco sovietico con l’auspicio che la Nato tornasse ai suoi confini precedenti al 1997. Ciò significherebbe il ritiro delle unità combattenti dalla Polonia e dalle repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania e nessun missile schierato in Paesi come Polonia e Romania. Proposte impossibili da realizzare ed evidentemente avanzate per provocazione ma anche per sottolineare una situazione che di fatto ha esasperato Mosca.
Questi i fatti cronologici che hanno portato alla guerra tutt’ora in corso ma,, al di là delle apparenze, restano gli ambigui atteggiamenti dei paesi Europei verso la spinosa questione del Donbass (considerato che gli osservatori NATO nei loro rapporti non ritenevano affidabile il governo ucraino per “dubbia” democrazia) e l’ipocrisia degli USA negli atteggiamenti di politica internazionale, sempre tesi alla contrapposizione agli interessi russi sia in economia che verso la gestione delle risorse energetiche. Soprattutto quest’ultime, a mio parere, hanno giocato un ruolo importante nel precipitare della crisi verso la guerra.
Oggi è più comprensibile capire che la conseguenza inevitabile della escalation della crisi fino all’invasione russa dell’Ucraina, sia stata la fine dei buoni rapporti tra gli stati dell’EU e la Russia basati soprattutto sui rapporti commerciali per l’approvvigionamento del gas, importantissima risorsa energetica per le industrie europee.  L’inevitabile adozione di sanzioni economiche verso Mosca da parte della politica internazionale, non ha toccato l’acquisto del gas russo fino alla riduzione dell’afflusso per mezzo dei gasdotti in parte decisa dal Cremlino come ritorsione per i provvedimenti ed in parte per l’attentato che ne ha distrutto una parte importante e per giunta sommersa.
Ma al di là della convenienza o meno per chi, dall’applicazione delle sanzioni ne trae indubbio vantaggio, sia subentrando alle forniture russe di gas che dalla crisi delle imprese europee che lavoravano fornendo prodotti al mercato russo, il risultato più eclatante è l’aver rallentato grazie all’isolamento economico di Mosca, il proseguo delle manovre economiche per affrancarsi dalla dittatura monetaria internazionale che l’uso del Dollaro viene usata dal NOM per mettere sotto controllo tutti i paesi del mondo.
Per contro è vero che le sanzioni contro la Banca centrale russa hanno spronato non solo la Russia a diversificare le valute utilizzate nei regolamenti internazionali ma ha spinto il Presidente Putin ad annunciare il 23 marzo 2022 che il pagamento del petrolio, a partire dall’inizio di aprile, sarebbe stato accettato solo in rubli, decisione confermata il 31 marzo con un decreto. Il rublo, svalutato pesantemente a seguito dell’imposizione delle sanzioni, ha così cominciato a riprendere quota.
L’aggravarsi delle posizioni sta spingendo le parti verso una strada che si allontana sempre più dalla possibile risoluzione diplomatica di questa guerra. Il motivo principale è la scelta scellerata da parte dell’occidente di supportare le forze armate Ucraine non più come inizialmente per impedirne la rapida capitolazione di fronte alla potenza militare Russa e magari limitare i danni alla sola perdita del Donbass  ma per addirittura passare al contrattacco fornendo armi sempre più potenti e sofisticate, rilasciando dichiarazioni preoccupanti che ambiscono alla vittoria totale degli invasi.
Forse nella mente di chi influenza le decisioni politiche degli USA e dei suoi alleati (il NOM) c’è la folle idea che far diventare questa guerra una sorta di Vietnam per i Russi come gli era riuscito in  passato, sostenendo la resistenza Afghana contro l’invasione dell’allora Unione Sovietica, impedirà che proseguano le operazioni economiche con la Cina e i paesi Brics, tese ad impedire che il dollaro continui ad essere il fulcro degli scambi internazionali e quindi dell’economia mondiale.
Però si sottovaluta pesantemente il rischio di una escalation della guerra verso l’uso degli ordigni nucleari e che a lungo andare il conflitto potrebbe avere come conseguenza lo scoppio di conflitti nelle zone calde per gli interessi della Cina come la questione di Taiwan e le folli azioni della Corea del Nord.
Inoltre, allungare un periodo di conflitto mondiale “ad libidum” alla lunga potrebbe portare ad un ribaltamento degli equilibri anche economici ed il Dollaro potrebbe smettere di godere di quella fiducia, visto che le basi del suo valore come moneta internazionale potrebbero essersi già esaurite da tempo, considerato che l’ammontare del debito internazionale ha ormai raggiunto un livello tale che un suo aggravamento per una guerra mondiale per di più su scenari diversi, renderebbe impossibile al sistema finanziario internazionale di continuare a funzionare correttamente.
Già oggi, il processo di deterioramento in corso del sistema finanziario internazionale, nonostante l’incertezza e la volatilità dei mercati, non ha l’evidenza da prima pagina sui giornali perché qualcuno lo ha reso impalpabile intervenendo sui media e sulle istituzioni ma, tuttavia, è progressivo e inesorabile tanto che il Fondo Monetario Internazionale sta già tenendo da tempo conferenze sulle modifiche dell’architettura finanziaria, ma sono molto pochi coloro in grado di realizzare l’importanza di quanto sta accadendo.
In conclusione, dietro questa guerra tra Russia ed Ucraina c’è molto di più che la semplice sopraffazione di una nazione su un’altra. In gioco c’è il futuro dell’organizzazione del mondo sia sociale che politico ed economica. Perando che i folli che vogliono dominare tutti i popoli dell pianeta attraverso la finanza non spingano la situazione in atto alle estreme conseguenze di un conflitto nucleare ( Orologio dell’Apocalisse a meno 90 secondi alle 24 docet).

(Dario Del Buono)




2 thoughts on “STORIA – GUERRA RUSSIA/UCRAINA UN EPISODIO DELLA LOTTA PER LA SUPREMAZIA SUL MONDO.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *