Addio Michael Collins, astronauta dell’Apollo 11

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Collins – Michael Collins ora è lassù tra le stelle che tanto ha amato. “L’uomo più solo”, colui che per amor della missione e del rispetto degli ordini ha rinunciato a metter piede sulla Luna è moto all’età di 90 anni.
È diventato celebre come “l’uomo più solo”, rimasto nell’orbita lunare a pilotare il modulo di comando Columbia della missione Apollo 11, mentre i suoi colleghi Neil Armstrong e Buzz Aldrin erano i primi uomini a camminare sulla Luna.
Lui però, ricordando quella missione storica non ha mai evidenziato rimpianti: “Sono onorato di aver avuto quel posto. Non mi sono sentito solo e abbandonato, ma parte di ciò che accadeva sulla superficie lunare. I posti erano tre, quindi la mia presenza era necessaria come quella degli altri due”, aveva detto in un’intervista alcuni anni fa.
Morto a 90 anni vicino alla sua famiglia, Collins è il secondo astronauta della missione Apollo 11 ad andarsene, dopo Armstrong. Resta soltanto Aldrin, il secondo uomo ad avere camminato sulla Luna, con i suoi 91 anni e le cravatte decorate con stelle e pianeti.
Nato a Roma il 31 ottobre 1930 in quanto suo padre era addetto militare all’Ambasciata, Collins si era laureato ad Harvard e aveva iniziato la carriera come pilota sperimentale dell’Aviazione americana. Era stato selezionato dalla Nasa nel 1963, nel terzo corpo astronauti dell’agenzia spaziale americana. Nemmeno tre anni più tardi, nel luglio 1966 affrontò il primo volo con la Gemini 10, nella quale era diventato il primo americano protagonista di due passeggiate spaziali.
La sua seconda e ultima volta nello spazio era stata la missione Apollo 11, nella quale era stato il primo uomo a restare da solo in orbita intorno alla Luna. Era la Terra a fargli compagnia: raccontava: “la cosa che ricordo di più è l’immagine della Terra vista da lontano, piccola, molto luminosa, blu e bianca. Splendente, bella, serena e fragile”.
Appena un anno dopo quella missione storica Collins lasciò la Nasa e ripensando ai primati della sua carriera diceva: “la fortuna ha governato il 90 per cento della mia vita. Sono arrivato al momento giusto, sono sopravvissuto a una carriera pericolosa e ho trovato il successo, scrivete ‘fortunato’ sulla mia lapide”.
Nel 1970 aveva lavorato nel Dipartimento di Stato americano e dal 1971 al 1978 era stato il primo direttore del National Air and Space Museum, uno dei più importanti del mondo per la storia dell’aeronautica e dell’astronautica, dove è possibile vedere l’aereo dei fratelli Wright e il modulo di comando Columbia dell’Apollo 11. In seguito ha lavorato nell’industria privata e ha scritto molti libri sullo spazio.
Malato da tempo, è morto vicino alla sua famiglia. “Ha passato i suoi ultimi giorni in pace, con i suoi congiunti al fianco”, hanno scritto i familiari. “Mike ha sempre affrontato le sfide della vita con grazia e umiltà, e ha affrontato allo stesso modo quest’ultima sfida”. La Nasa ha scelto di ricordarlo con una delle sue frasi più incisive: “l’esplorazione non è una scelta, è un imperativo” e “l’unica cosa che meriti di essere ricordata è quale tipo di civiltà abbiamo creato noi Terrestri e se ci siamo avventurati o meno in altre parti della galassia”.
Come per gli altri membri dell’equipaggio dell’Apollo 11, un piccolo cratere vicino al luogo dell’allunaggio porta il suo nome. È presente inoltre anche nella Hollywood Walk of Fame. Il 13 agosto 1969 il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon consegnò a lui, Armstrong e Aldrin, la prestigiosa medaglia presidenziale della libertà con lode.[
L’allunaggio della missione spaziale Apollo 11 avvenne dopo 8 anni di preparazione, con l’impegno assunto nel 1961 dall’allora presidente statunitense John F. Kennedy di raggiungere la Luna “entro la fine di questo decennio”. Erano gli anni della Guerra fredda e il confronto con l’Unione Sovietica stava interessando anche le tecnologiche spaziali.
Dalla seconda metà degli anni Cinquanta, i sovietici avevano raggiunto risultati sorprendenti mandando in orbita il primo satellite e in seguito il primo uomo a raggiungere lo Spazio, mentre gli Stati Uniti erano rimasti indietro e con la necessità di recuperare e velocemente. Kennedy pensò che il programma Apollo verso la Luna fosse la giusta motivazione per rilanciare la sfida e recuperare il terreno perduto.
Il 16 luglio del 1969 quello sforzo scientifico, tecnologico e politico trovò la propria sintesi sulla rampa di lancio di Cape Canaveral, in Florida, dove il gigantesco razzo Saturn V – il più potente mai progettato – era pronto per portare in orbita e poi spingere verso la Luna i tre astronauti della missione spaziale Apollo 11.
Raggiunta l’orbita lunare, Armstrong e Aldrin lasciarono proprio Michael Collins, nel Modulo di Comando che li aveva trasportati nel loro viaggio, trasferendosi sul Modulo Lunare che li avrebbe invece fatti allunare.
Il Modulo Lunare si posò sulla superficie della Luna il 20 luglio 1969, qualche ora dopo Armstrong aprì il portellone e percorse la scaletta che lo avrebbe condotto all’esterno.
Erano le prime ore del 21 luglio in Italia quando Armstrong appoggiò il suo piede sinistre sul suolo lunare, pronunciando una delle frasi più famose del Novecento: “Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità”.
Non era mai successo prima nella storia del genere umano che qualcuno mettesse piede su un corpo celeste diverso dalla Terra.
Sarebbe successo altre cinque volte con altrettante missioni spaziali, prima della chiusura del programma Apollo nel 1972




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