Cinema – Legend

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Fratelli Kray_macchina
Il film LEGEND di Brian Helgeland racconta la storia dei famosi gangster londinesi Reggie e Ronnie Kray, che hanno regnato nella Swinging London degli anni ’60, conducendo una vita senza freni. Non appena Ronnie esce di prigione, i due fratelli cercano di consolidare il proprio potere nell’ East End londinese, alleandosi con lo spietato gangster Charlie Richardson e la sua gang, e lavorando al fianco della mafia americana, desiderosa di trasferire la propria egemonia da L’Avana a Londra. Acclamati al pari di vere e proprie celebrità, i Kray sono corteggiati da personaggi ricchi e famosi, e il loro potere raggiunge i vertici dell’establishment inglese. Sono inarrestabili.
Reggie si innamora di una ragazza del suo quartiere, Frances Shea, e la sposa. Promette di rigare dritto e diventa il proprietario di diversi nightclub.
Questa parvenza di legalità, però, non è destinata a durare. Sullo sfondo degli anni ’60, l’impero dei Kray è minacciato da vari fronti: da un lato è in corso un’indagine della polizia condotta dall’Ispettore ‘Nipper’ Read; dall’altro, Ronnie è una scheggia impazzita, e le sue tendenze violente, paranoiche e auto-distruttive portano all’omicidio a sangue freddo del socio di Richardson, George Cornell.
E come se non bastasse, assistiamo alla lenta disintegrazione del matrimonio di Reggie e Frances, che porterà con sé conseguenze disastrose e tragiche…

NOTE DI REGIA

Mentre stavo girando il film, continuavo a chiedermi: come fai a conoscere a fondo la vita di un personaggio realmente esistito? Nel caso dei Kray, la verità si è persa per sempre in 50 anni di pettegolezzi e di esclusive sui giornali scandalistici. I due fratelli criminali fanno parte di Londra e del suo folklore. Sono diventati una leggenda. Sono i protagonisti di una quantità di storie, in cui sono raccontati come due gangster psicotici o al contrario come moderni Robin Hood, talmente gentili da fermarsi per tenere la porta aperta alle vecchiette di Bethnal Green. Ogni narratore modifica un po’ la loro storia. Anch’io sono colpevole. All’inizio della mia ricerca mi sono recato sulle tombe di Reggie, Ron e Frances (la moglie di Reggie) al Chingford Cemetery. Un cartello era finito oltre il recinto, accanto alle loro lapidi. C’era scritto: Attenzione – Ci sono ladri in questa zona. Non ho potuto fare a meno di chiedermi se questo avvertimento includesse anche me. Questo film è la mia versione della storia dei Kray. Vorrei credere, avendo eliminato gli estremismi, di essere giunto abbastanza vicino alla verità. Una cosa è certa. Non avrei potuto fare il film senza il versatile talento di Tom Hardy. Io e il produttore Tim Bevan volevamo assolutamente che Tom recitasse la parte dei due protagonisti. Gli abbiamo inviato il copione e abbiamo organizzato una cena per ascoltare la sua opinione. Ero entusiasta all’idea che interpretasse tutte e due le parti ma se non fosse stato possibile, lo avrei scelto per il ruolo di Reggie, che è la figura più importante fra i due fratelli. Quando è arrivato il dessert, mi ha detto: ‘Farò Reggie, se mi fai fare Ron’. È stato l’accordo migliore e il più facile che abbia mai sottoscritto. La decisione più importante è stata quindi presa fin dall’inizio.

LEGEND

“La prima volta che ho sentito una storia sui Kray”, dice Brian Helgeland, “era una bugia. Ed è stato il modo più giusto per conoscerli”.
Era il 1998 e Helgeland era stato reclutato da Warner Bros. per lavorare a un film sui Led Zeppelin che però non ha avuto fortuna. Fra i suoi compiti, c’era quello di accompagnare Jimmy Page e Robert Plant in una tournée mondiale. Una sera, parlando con un membro dell’entourage di Page e di Plant, notò che gli mancava un dito. Gli chiese come lo avesse perso. La risposta fu semplice e chiara: “Mi raccontò che gli era stato tagliato dai fratelli Kray. In seguito, come spesso succede rispetto alle storie che riguardano i Kray, ho scoperto che era una bugia, o per usare un eufemismo, una storia non vera, che gli piaceva raccontare”.
In questo modo Helgeland è entrato in contatto con un mondo in cui era difficile separare la realtà dalla fantasia. Questo ha stimolato la sua curiosità rispetto ai Kray, spingendolo a esplorare un mondo che a distanza di anni avrebbe generato LEGEND, un film da lui scritto e diretto, che racconta la storia di Ronnie e Reggie Kray, i gangster più famigerati della storia inglese. Verità, bugie, e tutto ciò che sta nel mezzo.

LA “DITTA” KRAY

Nei favolosi anni ‘60, Londra era in assoluto la capitale delle nuove tendenze. Carnaby Street ospitava una girandola di colori e di celebrità, i Beatles incidevano brani storici ad Abbey Road, e la città pullulava di studi di moda, musica, cinema e fotografia. Tuttavia, quest’ epoca aveva anche un lato oscuro: i Kray ne furono i rappresentanti nel loro campo, così come i Rolling Stones lo furono nel campo musicale.
Nati nell’East End nel 1933, Ronnie e Reggie erano due gemelli identici (Reggie era il più grande dei due, di circa dieci minuti). Cresciuti sulle strade londinesi, presto diventarono i capi di varie bande criminali, con le mani in pasta in una quantità di loschi affari, fra cui estorsione, rapina e intimidazione. Dietro la facciata di carismatici proprietari di locali notturni, i due gemelli corteggiavano volti famosi (vennero fotografati dal grande David Bailey), muovendosi nelle alte sfere politiche e sociali e diventando praticamente intoccabili. Non erano solo i padroni della East End, ma di tutta Londra. E non erano solo dei gangster, bensì delle vere e proprie celebrità.
A un certo punto, però, la situazione precipitò. Nel 1966, in un pub di Whitechapel, The Blind Beggar, Ronnie sparò e uccise George Cornell, che apparteneva alla gang rivale di Richardson. L’anno successivo la moglie di Reggie, Frances, si suicidò, lasciando il marito distrutto dal dolore. Qualche mese dopo Reggie, durante una festa, di fronte agli occhi di decine di invitati, uccise brutalmente un socio dei Kray, Jack ‘The Hat’ McVitie. La vita dorata dei Kray era finita. Nel 1968, una lunga indagine della polizia condotta dall’Ispettore Leonard ‘Nipper’ Read, portò al loro arresto e a quello di molti loro soci. I due fratelli furono condannati all’ergastolo per gli omicidi commessi. Ronnie non riacquistò più la libertà: diagnosticato pazzo, trascorse la maggior parte della sua vita presso il Broadmoor Hospital, dove morì a causa di un infarto, nel 1995.
Reggie uscì dal carcere nel 2000, per motivi umanitari: si spense sei settimane dopo per un cancro allo stadio terminale.
Tuttavia, malgrado abbiano trascorso metà della loro vita in prigione, la leggenda dei Kray non si è mai affievolita.

NASCITA DI UNA LEGGENDA

Intorno ai due fratelli, durante la loro prigionia, è cresciuta una sottocultura che comprende decine di libri sulla loro vita. Fra questi troviamo “The Profession Of Violence”, scritto da John Pearson, un giornalista che li aveva conosciuti personalmente. Avvertendo l’interesse da parte del pubblico più giovane nei confronti delle famigerate gesta di Ronnie e Reggie, il produttore Quentin Curtis e il suo socio Chris Clark, comprarono i diritti del libro di Pearson. Nel 1990 è uscito un film sui Kray, diretto da Peter Medak, con Gary e Martin Kemp – i due musicisti di Spandau Ballet – nel ruolo dei gemelli, “ma sentivo che c’era ancora altro da dire su di loro”, spiega Curtis.
Cercando il socio più adatto per portare in vita la storia dei Kray, i due filmmaker si sono rivolti alla Working Title. Tim Bevan ha mostrato subito il suo entusiasmo per il progetto, optando per un approccio “americano” nei confronti del film, che lo avrebbe quindi differenziato dai classici noir di stampo britannico.
Bevan spiega: “Chi non ha mai desiderato fare un bel gangster movie? La verità è che la mia generazione quasi certamente ha iniziato a fare cinema, sognando di fare un film di questo genere, sulla scia di Coppola e Scorsese. Poiché il tema dei Kray era già stato esplorato in un film precedente, questo doveva essere totalmente diverso, ed è per questo che abbiamo scelto di ispirarci alla tradizione americana, adottando quello stile caratteristico”. Il regista che li ha aiutati a realizzare il progetto è stato Helgeland, sceneggiatore del thriller di Working Title Green Zone, con Matt Damon, per la regia di Paul Greengrass. Helgeland era la persona più adatta, essendo un americano esperto di noir americani: ha diretto il film con Mel Gibson Payback _ La rivincita di Porter, e ha collaborato alla sceneggiatura premio Oscar dell’acclamato film L.A. Confidential. Il regista aveva sviluppato un forte interesse nei confronti dei due fratelli criminali dopo quel primo, apocrifo incontro con loro, e si era documentato sulla loro vita; tuttavia, è stato Bevan a convincerlo definitivamente a collaborare al progetto. “Era la mia occasione di fare un gangster movie, cosa che per un regista statunitense è quasi impossibile, dato che in questo campo è stato quasi detto tutto. I precedenti cinematografici rendono praticamente impossibile cimentarsi in questo genere”. Anche lui ha optato per un approccio ‘americano’ alla storia dei Kray. “Per me sono due ragazzi di un quartiere disagiato che hanno preso l’unica strada possibile verso il successo, e cioè la criminalità, e questa è senza dubbio una visione molto americana della loro vita. Ho sempre cercato di pormi sul loro stesso piano, né più in alto, né più in basso. Un regista deve sempre essere dalla parte dei suoi protagonisti”.
Helgeland ha svolto ricerche sui Kray, visitando i luoghi in cui vivevano, parlando con i sopravvissuti della loro gang e con i loro nemici, fra cui il gangster “in pensione” Freddie Foreman, e leggendo tutto ciò che li riguarda. Tuttavia, c’era un aspetto della loro vita su cui non riusciva a fare luce: la figura di Frances Shea, la sfortunata moglie di Reggie. Ovunque cercasse, si trovava di fronte a un vicolo cieco. Tutti preferivano glissare sull’argomento. “Ho chiesto a Freddie Foreman”, racconta Helgeland, “e lui mi ha risposto solo che Frances era una ragazza carina. Anche Barbara Windsor (ex frequentatrice di uno dei nightclub dei Kray), mi ha ribadito che era graziosa e tranquilla, ma che non ricordava altro”.
Ma un giorno, Helgeland ha parlato con l’ex socio dei Kray, Chris Lambrianou, che lo ha accompagnato a fare un giro del quartiere dove vivevano i due fratelli, nell’East End. Anche quella volta Helgeland ha indagato su Frances. Stavolta però la sua curiosità è stata soddisfatta. “Frances è stata il motivo per cui siamo finiti tutti in prigione”, ha affermato Lambrianou. “Quando è morta, l’intero mondo che i Kray avevano costruito, è crollato”, spiega Helgeland. “Chris mi ha raccontato che Reggie smise di occuparsi delle sue cose”. Reggie, che era sempre stato il fratello più equilibrato dei due (Ronnie, a cui in seguito fu diagnosticata la schizofrenia paranoica, era molto più instabile e spesso costretto ad assumere medicinali), iniziò a trascurare gli affari. “Lambrianou mi ha indicato una strada buia all’esterno del pub Carpenters Arms, dicendomi: ‘Una notte ho visto Reggie scomparire lungo questa strada. Due settimane dopo ci arrestarono. Era l’uomo più solo che avessi mai conosciuto in vita mia’. In quel preciso istante mi sono reso conto che avrei utilizzato proprio il personaggio di Frances, per raccontare questa storia”.
Infatti nel film Frances diventa la voce narrante della storia, la triste e saggia commentatrice, dall’oltretomba, dei tragici eventi che si verificarono. “Questo particolare rende la storia molto toccante”, afferma Chris Clark. “Il suo punto di vista suscita interesse, arricchisce il genere. In un certo senso il film è un triangolo fra lei, Ron e Reg. E’ molto originale e moderno”.

IL CASTING DEI FRATELLI KRAY

LEGEND presenta un cast d’eccezione, che comprende David Thewlis, Christopher Eccleston, Sam Spruell, Taron Egerton, Tara Fitzgerald e Colin Morgan, oltre all’attrice australiana Emily Browning nei panni di Frances. “La nostra Frances viene da lontano”, dichiara Helgeland. “ma ha lavorato molto sul suo accento e sul personaggio”. Comunque Helgeland sapeva che il film apparteneva all’attore che avrebbe incarnato Ronnie e Reggie. Se avesse trovato l’uomo giusto, voleva che interpretasse entrambi i ruoli, come Jeremy Irons in Inseparabili, di David Cronenberg. “Non volevo che il casting fosse limitato ad attori con una somiglianza fisica”, dice. “Pensavo che solo la presenza di un unico attore, potesse essere in grado di esprimere il rapporto che esisteva tra i due fratelli. Ma non c’era una grande scelta”.
Fra i pochi candidati, spiccava un nome: Tom Hardy.
“Durante il provino, ha interpretato Reggie come una star del cinema, alla Steve McQueen”, spiega Bevan. “Anche Ronnie è una parte fantastica, è il fratello mentalmente instabile, schiavo delle pillole. Hardy ha trovato il look e la personalità più adatti per ognuno di loro”.
Il budget e il programma di lavoro del film erano molto limitati: l’idea di Helgeland, di far spostare la troupe in oltre 100 location londinesi (quasi nessun set è stato usato nel film), nel corso di 50 giorni, con Hardy che prima avrebbe recitato la parte di uno dei gemelli e poi l’altra, non era fattibile. A quel punto il piano di lavoro ha previsto una lavorazione di 35 giorni in cui Hardy recitava entrambe le parti, iniziando la giornata con il gemello che aveva più scene. Generalmente si trattava di Reggie, il fratello che Helgeland considera il protagonista del film. Poi, dopo aver girato queste scene, Hardy cambiava trucco e abbigliamento, tornando in scena nei panni di Ron, per filmare il resto della sequenza.
Sono state utilizzate varie tecniche per effettuare queste riprese. “Il modo in cui vengono girate le scene con i gemelli, non è cambiato molto dai tempi di Hayley Mills”, dice Helgeland ridendo, riferendosi al film Disney Il cowboy con il velo da sposa, del 1961, in cui l’attrice interpretava il ruolo di due gemelle identiche. Lo schermo diviso ha costituito la base delle riprese. Ogni tanto è stato usato il metodo del motion control che però è molto più laborioso. Hardy spesso registrava il dialogo di uno dei personaggi che gli veniva restituito in playback attraverso un auricolare, per la sessione pomeridiana in cui cambiava personaggio. La sostituzione del volto è stata utilizzata raramente, mentre più spesso la controfigura di Hardy, Jacob Tomuri, forniva il sosia di uno dei fratelli. Questa tecnica è stata introdotta durante la scena clou del film e cioè la battaglia fra i Kray all’ Esmeralda’s Barn, il casinò di loro proprietà. “Altre volte abbiamo semplicemente utilizzato il tradizionale metodo del ‘blocking’”, rivela Helgeland. Per la sequenza in cui Ron e Reggie affrontano gli scagnozzi di Richardson, Helgeland ha collocato i fratelli agli antipodi, in modo da poter staccare prima sull’uno e poi sull’altro, durante la sconcertante mischia che viene messa in scena. “La cosa più difficile è stata il dialogo”, spiega il regista. “Abbiamo scoperto che più riuscivano a sovrapporsi, più risultava credibile, mentre uno scambio di battute tipo ping-pong fra Reggie e Ron, sarebbe stato poco credibile. E Tom è bravissimo nel sovrapporsi a se stesso!”
Helgeland ha lavorato con la troupe e con Tom per creare il look di Reggie e Ronnie, e l’atmosfera del loro mondo.
La costumista Caroline Harris è stata fondamentale nella creazione dell’impianto visivo di LEGEND. Prima di tutto si è documentata sul mondo degli anni ’60 in cui vivevano i Kray, osservando anche le loro fotografie. Questo mondo era più classico che alternativo, e il classicismo ha costituito la base dei personaggi che lo popolano. Reg e Ron si vestivano in modo elegante; aspiravano a una vita notturna scintillante in cui tutti fossero vestiti al meglio. “Ron Kray una volta portò al suo sarto una fotografia di Al Capone che indossava un doppiopetto, così abbiamo trovato il look di Ron”, spiega Harris che, al contrario, ha scelto per Reggie lo stile italiano preferito dall’altro fratello, così come è documentato dalle sue fotografie. Il look era elegante e appariscente, comune anche fra le star del cinema europeo dell’epoca, fra cui Jean-Paul Belmondo. Il risultato è quello di due silhouette completamente diverse, che contraddistinguono i personaggi in modo semplice, lasciando a Tom la libertà di adeguarsi alle incredibili trasformazioni fisiche.
Lo scenografo Tom Conroy ha supervisionato oltre 100 set e location, la cui varietà, secondo lui, riflette l’irrequietezza dei due gemelli. “Un dettaglio affascinante e autentico”, dice Conroy, “è il fatto che i fratelli finirono per vivere in appartamenti moderni, uno sopra l’altro, a Cedra Court, nel nordovest di Londra. Abbiamo costruito vari set, reso l’appartamento di Reggie e Frances più ‘cool’. Quello di Ronnie invece è più buio, pieno di oggetti d’oro, d’acciaio, spade e telecamere nascoste con cui ricattava le personalità dell’establishment che partecipavano alle sue orge”. Conroy si è ispirato anche a una nota fotografia scattata da David Bailey. La carta da parati dell’appartamento di Ronnie nel film, è l’esatta riproduzione di quella presente sullo sfondo della famosa foto di Bailey, in cui i due fratelli posano tenendo in mano i loro serpenti.
L’artista del make-up Christine Blundell ha collaborato al look dei Kray, in particolare a quello di Ronnie. Hardy ha conferito a Reggie l’atteggiamento di una consumata star del cinema, mentre Ronnie, con il suo viso più paffuto e il piglio più torvo, impiegava parecchio per andare in scena. “Abbiamo testato vari look”, spiega Blundell, “ma non c’era tempo per costruire protesi troppo complicate. Abbiamo dovuto fare quasi tutto all’interno dei nostri dipartimenti”. Ha anche provato varie pettinature su Hardy, utilizzando una parrucca per Ronnie, che “gli alza il viso”, e cospargendogli le guance di cipria, per renderle più rotonde. Alla fine, un odontotecnico ha creato un calco della bocca di Hardy , costruendo per lui delle “imbottiture” per modificare la forma della mandibola, conferendole un aspetto più squadrato. Abbiamo cambiato anche la linea superiore dei denti e allargato il suo naso. Abbiamo usato diverse ombreggiature sul suo volto. Ma non appena indossa la parrucca, diventa Ron”.
Il resto, invece, è tutto Hardy, compreso lo sguardo di ghiaccio negli occhi scuri di Ron. “Sembrava che Tom avesse un interruttore in testa”, afferma Helgeland, che è rimasto colpito dalla disinvoltura con cui la sua star riusciva a passare da un fratello all’altro, ed è divertito dal modo in cui ognuno dei due personaggi si è confrontato con lui diversamente, durante la lavorazione del film. “E’ stato più facile dirigere Ron rispetto a Reggie”, esclama ridendo. “Ad esempio, quando Ron è arrivato sul set, mi è venuto vicino e mi ha messo un braccio intorno alle spalle, chiedendomi, con la sua voce caratteristica, cosa stessimo facendo e dove fosse la macchina da presa. Gli abbiamo risposto, e lui non ha fatto altre domande. Quando è arrivato Reggie, invece, era circospetto e silenzioso, ha chiesto cosa stessimo facendo e glielo abbiamo spiegato dettagliatamente. Non credo che Tom se ne sia reso conto!”

LA MUSICA

Quando Reggie e Ron dominavano Londra, un’ondata di musica senza precedenti ha accompagnato le loro imprese. Non è facile trovare un decennio con la varietà musicale degli anni ’60. Ovviamente questo vale per entrambi i lati dell’oceano. Mentre gli inglesi invadevano gli Stati Uniti, Detroit replicava con la Motown. Londra esportava allegramente la sua musica ma la importava con altrettanto gusto. Timi Yuro era una cantante americana che trovò casa e una schiera di fan anche in Europa. Non solo occupò un posto di rilievo fra i cantanti del Northern Soul, ma anche nel cuore di Reggie Kray, che aveva una passione per la sua voce e la fece esibire nei suoi locali. Nel film è la cantante Duffy a incarnare il suo personaggio. Duffy ha scritto anche la traccia dei titoli di coda del film, “Whole Lotta Love”. Reggie amava la musica e l’ambiente musicale; gli piaceva varcare il confine fra i luoghi della gang e i locali notturni. Le celebrità affollavano i club dei Kray, dove si beveva, si giocava d’azzardo e si ballava tutta la notte. Frank Sinatra era fra gli ospiti, così come Sonny Liston, Shirley Bassey, l’artista Francis Bacon e le attrici Barbara Windsor e Joan Collins. Sia a Londra che a Las Vegas, i gangster frequentavano i locali notturni, che diventavano i loro loschi rendez-vous dove tutto era possibile.
Per quanto riguarda la colonna sonora del film, all’epoca le classifiche erano piene di singoli solo strumentali: i ritmo di “Cissy Strut” dei Meters, l’esuberante pianoforte di “The In Crowd” del Ramsey Lewis Trio, le suggestive chitarre di “Sleep Walk” di Santo & Johnny. Nel film, questi brani coadiuvano l’energica musica composta da Carter Burwell.

IL VALORE DI UNA LEGGENDA

Cosa c’è in un nome? Tutto, secondo Helgeland, che ha scelto il titolo del film. “Fra le prime immagini relative ai Kray che mi sia capitato di vedere, c’era una fotografia del carro funebre di Reggie Kray; una composizione di garofani bianchi formava la parola LEGEND. Dopo tutto quello che avevo letto e sentito su di loro, il nome mi sembrava appropriato e così ho trovato il titolo del film. La storia è scritta dai vincitori e i Kray non saranno mai considerati tali. Sono un mito, confinati ai tabloid, demonizzati e fonte di imbarazzo nazionale. I Kray sono diventati leggenda. Sono entrati a far parte del pantheon delle celebrità britanniche, al fianco di Robin Hood e di Re Artù”. Sono al centro di mille storie fiabesche ed esagerate, che non fanno altro che accrescere la loro notorietà. Helgeland racconta che ogni volta che diceva a un tassista londinese che stava facendo un film sui Kray, questi subito affermava che qualcuno nella sua famiglia aveva collaborato con i due fratelli. “Volevo capire quali sono stati gli eventi che, a distanza di dieci anni, si sono trasformati nella quantità di storie che li riguardano e che ancora vengono raccontate. Volevo trovare una mia versione, che comprendesse tutti i racconti su di loro”. Helgeland ha dovuto passare queste storie al setaccio, scegliere cosa includere e cercare di riempire i vuoti. E’ stato inoltre attento a non seguire l’esempio di William Randolph Hearst che consigliava di raccontare la leggenda: nel film, infatti, non c’è la scena, spesso raccontata, in cui i Kray inchiodano un rivale al pavimento né quella in cui tagliano il dito di un amico dei Led Zeppelin.
“Questa è la mia storia dei Kray”, dice il regista. “E’ l’affresco di un luogo e di un’epoca incredibili, ormai scomparsi, che, così come i Kray, fanno ormai parte dell’alchimia della leggenda. Ma, essendo il loro biografo cinematografico, mi interessa di più l’altra faccia di questa leggenda…”




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