Viaggio di papa Francesco in America latina - Bolivia - 9 luglio

Viaggio di papa Francesco in America latina – Bolivia – 9 luglio

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Papa Francesco è dunque giunto in Bolivia. Il Santo Padre Papa è salito fino a 4000 metri per arrivare a La Paz.
«La Bolivia sta facendo passi importanti per includere ampi settori nella vita economica, sociale e politica del Paese», un processo che richiede «uno spirito di collaborazione civile, di dialogo e di partecipazione», non pensando solo alla «crescita materiale» ma anche all’educazione e al contributo che le religioni possono dare al bene comune. Appena sbarcato all’aeroporto di El Alto, Papa Francesco ha riconosciuto al presidente indigeno Evo Morales, leader del movimento sindacale dei «cocalero» boliviani, i risultati finora ottenuti. Chiedendo anche a lui, come già aveva fatto in Ecuador con il presidente Correa, di favorire dialogo e partecipazione.
Evo Morales, Presidente dello “Stato Plurinazionale di Bolivia”, artefice di quella “revoluciòn indigenista” che ha voluto improntare anche il sistema istituzionale e il nome stesso della nazione ai tratti plurali e multiformi del Paese andino, con il suo 53% di abitanti appartenenti ai 36 gruppi indigeni enumerati nella Costituzione. Il Presidente ex “cocalero” ha deciso di abbreviare il suo discorso di benvenuto mantenendolo entro i cinque minuti, proprio per accorciare il tempo di permanenza del Papa nell’aeroporto più alto del mondo. «Quello che il popolo boliviano vuole è ascoltare il Papa, e vederlo», aveva spiegato il ministro della comunicazione, Marianela Paco, nelle ore precedenti all’arrivo. Nel suo discorso di saluto, Morales ha chiesto al Papa di unire le forze «per liberare i popoli del mondo» e perseguire «la giustizia sociale». I rapporti del Presidente indigeno con la Chiesa locale non sono certo eccellenti. I vescovi hanno criticato Morales sui problemi del narcotraffico e sul trattamento riservato agli oppositori, rivendicando anche i diritti della Chiesa in campo educativo e sociale. Morales ha chiesto che in Bolivia ci siano solo vescovi originari del Paese.
Davanti a 850mila persone, salite a El Alto per assistere alla cerimonia di benvenuto, la festa d’accoglienza riservata al Vescovo di Roma si è sviluppata proprio come una celebrazione della multiformità boliviana, con ragazzi e ragazze coi costumi tipici e con i copricapo colorati che hanno approfittato dell’occasione per scattare speciali selfie con l’ospite venuto da lontano. Il presidente indio e il Papa argentino si sono abbracciati calorosamente ai piedi della scaletta dell’aereo, poi Morales ha messo al collo del Papa come dono di benvenuto una chuspa, tradizionale borsa indigena contenente foglie di coca. Nel tripudio di bandiere, camminando circondato da una schiera di bambini dai vestiti tradizionali, Papa Francesco, sorridente e sereno, ha camminato lentamente verso il palco predisposto per i discorsi tra abbracci e strette di mano.
Rivolgendosi al «fratello Papa Francesco», Morales lo ha definito «il Papa amico dei poveri», che si è identificato con Francesco d’Assisi» ed è «coerente con uno dei postulati fondamentali del cristianesimo, che è la lotta a favore dei poveri», perché «chi tradisce un povero, tradisce Cristo». In molti momenti storici – ha voluto aggiungere il presidente boliviano- «la Chiesa è stata utilizzata per dominare, soggiogare e opprimere. Ma adesso il popolo boliviano la riceve con gioia e speranza, dandole il benvenuto come massimo rappresentante della Chiesa cattolica, venuto in Bolivia per sostenere la liberazione del nostro popolo».
Nel suo discorso, concluso con un saluto in lingua aymara («Jallalla, Bolivia!») Papa Francesco ha ringraziato Morales per «l’accoglienza calorosa e fraterna», e poi ha reso omaggio anche lui all’identità pluriforme di una terra che ha definito «benedetta nelle sue genti, con la sua variegata realtà culturale ed etnica, che costituisce una grande ricchezza e un appello permanente al mutuo rispetto e al dialogo». Evitando ogni accenno alle controversie sul tempo ormai lontano della “Conquista” spagnola, Bergoglio ha guardato piuttosto al presente e al futuro condiviso dei boliviani di oggi, quelli che discendono dai «originari millenari» e quelli che provengono dalle genti arrivate in America all’inizio dell’epoca moderna: «quanta gioia» ha detto il Papa «ci dà sapere che il castigliano portato in queste terre oggi convive con 36 idiomi originari, amalgamandosi – come fanno nei fiori nazionali di kantuta e patujú il rosso e il giallo – per dare bellezza e unità nella differenza».

Bergoglio ha così esordito: “All’inizio di questa visita pastorale, voglio rivolgere il mio saluto a tutti gli uomini e le donne della Bolivia, con i migliori auguri di pace e prosperità. Ringrazio il Presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia per la calorosa e fraterna accoglienza che mi ha riservato e le sue cortesi parole di benvenuto. Ringrazio anche i Signori Ministri e Autorità dello Stato, delle Forze Armate e della Polizia Nazionale, che hanno avuto la bontà di venire a ricevermi. Ai miei fratelli nell’Episcopato, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli cristiani, a tutta la Chiesa pellegrina in Bolivia, voglio esprimere i miei sentimenti di fraterna comunione nel Signore. Porto nel cuore specialmente i figli di questa terra che per molteplici motivi non sono qui e hanno dovuto cercare un’ “altra terra” che li accogliesse, un altro luogo dove la nostra madre li rendesse fecondi e desse loro possibilità di vita”.
Quindi Il Pontefice ha parlato della Bolivia: “Sono lieto di trovarmi in questo Paese di singolare bellezza, benedetto da Dio nelle sue diverse zone: l’altopiano, le valli, le terre amazzoniche, i deserti, gli incomparabili laghi; il preambolo della sua Costituzione lo ha sigillato in modo poetico: In tempi immemorabili si eressero montagne, si dispiegarono fiumi, si formarono laghi. La nostra Amazzonia, il nostro Chaco, il nostro altipiano, le nostre pianure e le valli si coprirono di piante e di fiori», e questo mi ricorda che il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode» (Enc. Laudato si’, 12). Ma soprattutto è una terra benedetta nelle sue genti, con la sua variegata realtà culturale ed etnica, che costituisce una grande ricchezza e un appello permanente al mutuo rispetto e al dialogo: popoli originari millenari e popoli originari contemporanei; quanta gioia ci dà sapere che il castellano portato in queste terre oggi convive con 36 idiomi originari, amalgamandosi – come fanno nei fiori nazionali di kantuta e patujú il rosso e il giallo – per dare bellezza e unità nella differenza. In questa terra e in questo popolo si è radicato con forza l’annuncio del Vangelo, che lungo gli anni è andato illuminando la convivenza, contribuendo allo sviluppo del popolo e promuovendo la cultura.
Come ospite e pellegrino, vengo per confermare la fede dei credenti in Gesù Cristo risorto, perché quanti crediamo in Lui, mentre siamo pellegrini in questa vita, siamo testimoni del suo amore, fermento di un mondo migliore, e collaboriamo alla costruzione di una società più giusta e solidale”. Quindi Il Santo padre si è soffermato sulla crescita del paese sudamericano: “La Bolivia sta facendo passi importanti per includere ampi settori nella vita economica, sociale e politica del Paese; può contare su una Costituzione che riconosce i diritti degli individui, delle minoranze, dell’ambiente, e su istituzioni sensibili a queste realtà. Tutto ciò richiede uno spirito di collaborazione civile, di dialogo e di partecipazione negli individui e negli attori sociali sulle questioni che interessano tutti. Il progresso integrale di un popolo comprende la crescita delle persone nei valori e la convergenza su ideali comuni che riescano ad unire le volontà senza escludere e respingere nessuno. Se la crescita è solo materiale, si corre sempre il rischio di tornare a creare nuove differenze, che l’abbondanza di alcuni si costruisca sulla scarsezza di altri. Perciò, oltre alla trasparenza istituzionale, la coesione sociale richiede uno sforzo nell’educazione dei cittadini”.
Quindi un auspicio ma anche un richiamo: “In questi giorni mi piacerebbe incoraggiare la vocazione dei discepoli di Cristo a comunicare la gioia del Vangelo, ad essere sale della terra e luce del mondo. La voce dei Pastori, che deve essere profetica, parla alla società in nome della madre Chiesa – perché la Chiesa è madre – e parla a partire dalla sua opzione preferenziale ed evangelica per gli ultimi, per gli scartati, per gli esclusi: questa è l’opzione preferenziale della Chiesa. La carità fraterna, espressione viva del comandamento nuovo di Gesù, si esprime in programmi, opere e istituzioni che cercano la promozione integrale della persona, così come la cura e la protezione dei più vulnerabili. Non si può credere in Dio Padre senza vedere un fratello in ogni persona, e non si può seguire Gesù senza dare la vita per quelli per i quali Egli è morto sulla croce.
In un’epoca in cui tante volte si tende a dimenticare o confondere i valori fondamentali, la famiglia merita una speciale attenzione da parte dei responsabili del bene comune, perché è la cellula fondamentale della società, che apporta legami solidi di unione sui quali si basa la convivenza umana e, con la generazione e l’educazione dei suoi figli, assicura il rinnovamento e il futuro della società.
Per concludere il suo discorso un pensiero ai tanti giovani che si sono accalcati tra la folla: “La Chiesa sente anche una preoccupazione particolare per i giovani che, impegnati nella fede e in grandi ideali, sono promessa di futuro, «sentinelle che annunciano la luce dell’alba e la nuova primavera del Vangelo», diceva san Giovanni Paolo II (Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale della Gioventù, 6). Avere cura dei bambini, far sì che la gioventù si impegni su nobili ideali, è garanzia di futuro per una società; e la Chiesa vuole una società che trova la propria riassicurazione quando valorizza e stima anche i suoi anziani, che sono quelli che ci portano la sapienza dei popoli; custodire quelli che oggi sono scartati per tanti interessi che mettono al centro della vita economica il dio denaro; sono scartati i bambini e i giovani che sono il futuro di un paese, e gli anziani che sono la memoria del popolo; perciò bisogna prendersene cura, bisogna proteggerli, sono il nostro futuro. La Chiesa fa la scelta di dar vita ad una “cultura ricca di memoria” che garantisca agli anziani non solo la qualità della vita nei loro ultimi anni bensì il calore, come esprime bene la vostra Costituzione.
Signor Presidente, cari fratelli, grazie per essere qui. Questi giorni ci permetteranno di avere veri momenti di incontro, dialogo e celebrazione della fede. Lo faccio lieto e contento di trovarmi in questa patria che si definisce pacifista, patria di pace, che promuove la cultura della pace e il diritto alla pace.
Pongo questa visita sotto la protezione della Santissima Vergine di Copacabana, Regina della Bolivia, e a Lei chiedo che protegga tutti i suoi figli. Molte grazie e che il Signore vi benedica. Jallalla Bolivia!”.

Dopo la visita a Morales nel palazzo presidenziale, con immancabile offerta di tè alle foglie di coca, Bergoglio è tornato a parlare di temi sociali incontrando le autorità civili nella cattedrale di Nuestra Señora de La Paz. «Se la politica è dominata dalla speculazione finanziaria o l’economia si regge solo sul paradigma tecnocratico e utilitaristico della massima produzione – dice Francesco – non si potranno neppure comprendere, né tantomeno risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità».
Molteplici gli appuntamenti che hanno contraddistinto la giornata in Bolivia del Vescovo di Roma.
Alle 16:00 ora locale, le 22 in Italia, si è svolto l’incontro con sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi nella scuola Don Bosco e alle 17:30 locali, le 23:30 in Italia, la partecipazione al secondo “Incontro Mondiale dei Movimenti popolari” nel centro fieristico Expo Fiera.
Da segnalare un quantomeno “curioso” avvenimento. Durante la visita di cortesia che il Papa ha reso al presidente della Bolivia nel Palazzo del governo di La Paz, Evo Morales gli ha consegnato una casula e un Crocifisso con un Cristo crocifisso sul simbolo comunista della falce e martello dove l’asse verticale della Croce è rappresentata dall’impugnatura del martello. Il presidente Morales ha anche messo al collo del Papa una onorificenza la cui placca riproduceva la stessa immagine del Crocifisso sulla falce e martello. Papa Francesco non si è certo fatto prendere in contropiede facendo un sorriso gesuitico e ripetendo per due volte: “Questo non va bene, questo non va bene”.
Il Pontefice ha comunque ringraziato il Presidente boliviano e, togliendosi quasi subito il collare, ha ricambiato i doni con una riproduzione dell’icona “Salus Populi Romani” e copie in spagnolo dell’Enciclica “Laudato sì” e dell’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium”.

Raffaele Dicembrino




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