Rapporto Fao 2015: protezione sociale per obiettivo “fame zero”

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Alla vigilia della Giornata mondiale sull’alimentazione del 16 ottobre, la Fao ha presentato il suo piano per raggiungere l’obiettivo, “fame zero”, fissato dall’Onu nella nuova Agenda per lo sviluppo al 2030. Una sfida enorme per tutti i Paesi – ha detto il direttore generale da Silva – che richiede dalla politica altri fondi da destinare a programmi di protezione sociale nelle zone rurali, dove vive l’80% dei poveri. Programmi che oggi beneficiano circa 2 miliardi di persone, permettendo l’uscita dalla povertà estrema a 150 milioni di persone. Bisogna alzare questi numeri . La Fao stima che 67 miliardi di dollari – appena lo 0,1% del Pil mondiale – per integrare il reddito dei più poveri, possono eradicare la fame nei prossimi 15 anni, come spiega Marco Knowles, economista della Fao:

R. – Bisogna affrontare il problema della povertà e della fame nel mondo con un pacchetto di interventi che includano sia interventi di protezione sociale, sia interventi di agricoltura. Interventi di assistenza sociale possono essere dei trasferimenti di soldi o di cibo, che aiutino le famiglie ad affrontare alcuni problemi gravi, come alleviare la fame e la povertà nel tempo immediato. La ricerca dimostra però anche che questi interventi aiutano le famiglie ad investire nello sviluppo agricolo. D’altro canto le politiche di sviluppo agricolo aiutano a risolvere dei problemi strutturali, come l’accesso ai servizi, l’accesso ai mercati.

D. – Queste misure devono arrivare dall’aiuto allo sviluppo dei Paesi esteri o anche dagli stessi Paesi interessati?

R. – I Paesi interessati stanno investendo sempre di più: ci sono esempi come il Kenya, il Lesotho, la Zambia, che stanno aumentando i loro contributi a questi programmi di protezione sociale. Ma stiamo comunque parlando di Paesi molto poveri e quindi c’è bisogno anche di aiuto dai Paesi più sviluppati, anche per dimostrare l’efficacia di questi interventi.

D. – La protezione sociale, in quali ambiti deve essere applicata?

R. – Inizialmente la protezione sociale veniva applicata nei contesti più di emergenza – tipo una siccità, un’inondazione o un innalzamento dei prezzi – adesso, però, si sta pensando alla protezione sociale in maniera diversa, perché la ricerche dimostrano che non è efficace solamente in un momento di emergenza, ma la protezione sociale può contribuire allo sviluppo, alleviare dei problemi più strutturali, assieme ad altre politiche: chi riceve, per esempio, l’assistenza sociale investe una parte del capitale  per mandare i bambini a scuola, per migliorare la nutrizione, per la sanità e anche facendo degli investimenti produttivi nelle proprie attività agricole.

 




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