Caster Semenya perde ricorso: per tornare in pista dovrà ridurre testosterone

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Semenya – Caster Semenya, ha perso il ricorso al Tribunale svizzero dopo la sentenza di World Athletics che non consente di far gareggiare atlete con testosterone naturale superiore al consentito in gare che vanno dai 400 metri al miglio. La due volte campionessa olimpica e tre volte mondiale negli 800 metri dovrà quindi ricorrere a farmaci per la riduzione del testosterone se vorrà tornare a gareggiare.

Una vicenda, quella legata all’iperandroginia di Semenya, ormai annosa a risalente ai Mondiali di Berlino 2009. Il Tribunale ha respinto il ricorso di Semenya in nome dell’equità sportiva ed ha quindi confermato la sentenza arrivata precedentemente dal Tas di Losanna.

Ma ricostruiamone la storia: Caster Semenya è un’atleta sudafricana di 28 anni che nel 2009 ha fatto molto parlare di sé, fino a diventare un caso internazionale, dopo aver vinto la medaglia d’oro negli 800 metri femminili ai Mondiali di atletica leggera di Berlino. Quella vittoria è stato messa in discussione da molti a causa dei suoi tratti mascolini, uniti all’impressionante prova grazie a cui demolì le sue rivali. In sostanza, Caster Semenya fu accusata di essere un uomo. E, quindi, di aver truccato la gara. A causa di queste accuse, l’atleta fu anche sospesa.

Dopo aver effettuato dei test di DNA (mai rivelati al pubblico per rispetto della sua privacy) Caster Semenya è stata successivamente riammessa alla competizioni e, nel 2012, è riuscita a vincere anche un oro alle Olimpiadi di Londra nella sua specialità: gli 800 metri femminili. A quanto pare, Caster Semenya non era (e non è) un uomo, ma una donna con iperandrogenismo: condizione fisiologica in cui il corpo di una donna produce naturalmente una eccessiva quantità di ormoni androgeni, come il testosterone, rispetto alla media.

La IAAF – l’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera – per tutelare ogni atleta e rendere le competizioni sportive il più possibile “ad armi pari”, nel 2011 ha imposto una regola che obbliga le donne con iperandrogenismo a sottoporsi a una terapia ormonale per abbassare la produzione di ormoni androgeni, che possano falsificare le competizioni sportive. Poco dopo, in accordo con la sua Federazione, quella sudafricana, Caster Semenya ha fatto ricorso al TAS – il tribunale arbitrale internazionale dello sport di Losanna – contestando questa misura, considerandola discriminatoria e lesiva nei suoi confronti.

l TAS ha respinto il ricorso dell’atleta sudafricana, dando ragione al regolamento della IAAF. Così, se Caster Semenya avrà intenzione di continuare a gareggiare tra le atlete professioniste, dovrà sottoporsi  obbligatoriamente a una terapia per ridurre i livelli di ormoni androgeni. Il TAS ha respinto il ricorso perché ha ritenuto questa misura come “necessaria, ragionevole e proporzionata” per assicurare la validità e la competitività delle gare nel rispetto delle atlete avversarie.

Il TAS aveva riconosciuto che le regole della IAAF sui casi di iperandrogenismo fossero discriminatorie, ma le aveva comunque ritenute “necessarie” per assicurare la validità e la competitività delle gare, rigettando il ricorso di Semenya. Ora il Tribunale federale svizzero, che a giugno aveva sospeso la decisione del TAS in attesa del proprio giudizio, ha confermato la decisione

Il Comitato Olimpico Internazionale attualmente stabilisce che gli atleti trans (uomo—>donna, ovviamente) per competere negli eventi femminili devono  prima di tutto dichiarare la loro identità di genere, che non può essere modificata per scopi sportivi per quattro anni. Devono in seguito dimostrare che il livello totale di testosterone nel siero sanguigno è stato inferiore a 10 nanogrammi per litro almeno nei 12 mesi precedenti alla competizione sportiva. Per regolare il livello di testosterone entro certi parametri, gli atleti devono sottoporsi a una terapia per sopprimere il testosterone naturale (detto endogeno) nei loro corpi al fine di soddisfare le linee guida dei regolamenti vigenti. Gli atleti trans (donna—>uomo, invece) possono gareggiare fra i maschi senza alcun tipo di restrizione.

Fino al 2004, il regolamento del CIO stabiliva che le atlete transessuali per gareggiare in una competizione femminile dovevano obbligatoriamente sottoporsi a un intervento chirurgico. Queste regole sono state abolite nel 2015, quando appunto è stato introdotto l’obbligo della soglia di testosterone endogeno.

 

 




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