Child Dignity in the Digital World – La dignità del minore nel mondo digitale

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E’ in corso di svolgimento “Child Dignity in the Digital World”, “La dignità del minore nel mondo digitale”, è un convegno organizzato dal Centre for Child Protection presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma, dal 3 al 6 ottobre 2017 per stimolare un confronto su sfide e rischi che i minori affrontano in Rete. Durante questi giorni si stanno confrontando 150 esperti, accademici, dirigenti, leader civili e politici, e rappresentanti religiosi.
Certo non è semplice difendere la dignità di un minore dai pericoli e gli abusi della Rete. Per cercare di contrastare le minacce che provengono da Internet è necessario rendere consapevoli gli adulti che la tutela del minore va esercitata anche nell’ambiente digitale con particolare attenzione alla sua immagine, la sua intimità, e la sua identità.

A livello domestico e comunitario possiamo aiutare genitori e formatori a riconoscere i potenziali rischi e i segnali di disagio, i cosiddetti “affioranti digitali”, ovvero comportamenti anomali che nascono spesso da disagi psichici e sociali. educativa nel percorso di tutela della dignità dei minori.

Dobbiamo ricordare che bambini ed adolescenti rappresentano un quarto dei 3,2 miliardi di utenti di Internet nel mondo: questa generazione di 800 milioni di giovani corre costantemente il pericolo di diventare vittima di sfruttamento, sextortion, sexting, cyberbullismo e perfino tratta di esseri umani a fini sessuali ed è quotidianamente esposta a contenuti pornografici. Va sottolineato che nella sola Unione Europea un bambino su cinque subisce abusi sessuali, e nessuno sembra veramente interessato a fermare questo scempio senza giustificazione alcuna. E’ necessaria un a tutela forte e decisa: i social continuano a ‘tutelare’ le ricche lobby obliando di sostenere con forza il rispetto dei minori. Ebbene questo convegno vuole rispondere ad interrogativi inascoltati e proporre soluzioni a chi, ad oggi, è poco interessato ad ascoltare.

Sono domande a cui il Convegno risponderà per creare una piattaforma comune e condivisa di buone pratiche ed ancora una volta è la Chiesa a farsi promotrice di tutto questo.

Questa chiamata a lavorare insieme di tutti i principali attori sulla scena (governi, polizie, aziende – a cominciare da colossi come Google, Microsoft e Facebook, tutti presenti al convegno) è una straordinaria occasione anche per la Chiesa di raccontare “l’altra storia”, come la chiama Catholic Voices: ovvero mostrare come in questi anni la Chiesa non sia un covo di pedofili, come molta della gente di sinistra la descrive (le pecorelle smarrite sono ovunque) ma luogo di guarigione, che mette a disposizione la propria esperienza e si applica per debellare,dentro se stessa e fuori, nella società questa orribile piaga.

A questo scopo la Chiesa ha intrapreso un cammino importante, a partire dall’adozione delle linee guida nel 2012 per arrivare alle iniziative degli ultimi giorni, come il gruppo di lavoro per la prevenzione della pedofilia appena istituito dalla Cei e guidato da monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna nonché psicologo.
Questo grande impegno per trovare risposte sempre più puntuali ed adeguate nei confronti di minori e di adulti vulnerabili, va supportato sia in abito giuridico che educativo e poi va comunicato adeguatamente: è davvero cruciale mostrare il vero volto della Chiesa, quello di una istituzione che non è ‘contro’ l’individuo – come anche sugli abusi viene vista dalla cultura moderna contemporanea – ma dalla sua parte, che sta da sempre con i deboli, con i piccoli, che aiuta tutti e ciascuno. Qui si tratta di mostrare, come ha detto padre Lombardi, che la gioventù le sta a cuore e le è sempre stata a cuore.

“Questo congresso offre un’opportunità straordinaria per lo scambio delle conoscenze e delle buone pratiche sui rischi e la loro prevenzione nel nuovo mondo digitale, in cui i minori ormai navigano continuamente”. Queste le parole di padre Hans Zollner SJ, Presidente del Centro per la protezione dei minori.

“L’idea di questo congresso è nata da un’iniziativa della Pontificia Università Gregoriana e del suo Centro per la protezione dei minori, il “Centre for Child Protection”, perché ci siamo posti la domanda di come possiamo affrontare il tema dell’abuso dei giovani in questo mondo digitale, tramite internet, e dell’abuso da parte dei giovani di questo strumento, che può essere molto prezioso però porta anche tanti rischi: ad esempio, tutto ciò che è connesso con la diffusione della pedopornografia, delle immagini e dei video che mostrano atti sessuali o immagini di giovani che si espongono o vengono anche costretti ad esporsi e ad essere violentati”.

Come si può fare per affrontare e combattere questo lato oscuro del mondo di internet?
“Attualmente siamo veramente in una situazione di discussione e di ricerca per trovare un punto di convergenza delle iniziative. Questo congresso è una cosa in qualche modo nuova: ci sono tanti altri congressi che trattano di questo tema, ma il nostro è il tentativo di far parlare insieme, discutere insieme e anche pianificare insieme cosa si possa fare tra diversi settori della società che si interessano di questo campo. Tra l’altro le forze dell’ordine, la polizia dei vari paesi, le imprese, cioè le compagnie che offrono i servizi online e i social media, tramite i quali molto spesso vengono diffuse cose molto brutte. Poi il mondo governativo, il mondo politico, le organizzazioni non governative, cioè quelli che da tanto tempo si impegnano nella lotta per la giustizia e per i diritti dei bambini. Poi il mondo della scienza, cioè persone che da tempo lavorano sia sui profili degli abusatori sia sulle possibilità di proteggere in modo migliore i bambini e gli adolescenti. E poi, infine, la Chiesa, che vuole impegnarsi, che vuole dare un segno di essere veramente impegnata seriamente per la protezione dei minori.”

Lavorando tutti insieme, persone di questi diversi campi, come si può fare per fermare queste dinamiche negative? Avete già pensato a delle soluzioni?

“Il punto è che nessuno di questi settori ha una risposta a questo grave problema che incombe sempre di più. Ad esempio in un solo Paese, come l’India, nei prossimi due anni 500 milioni e più persone saranno online, di cui la metà saranno sotto i 18 anni. Quindi il problema della protezione, dell’educazione all’uso appropriato di questi strumenti cresce sempre di più. Nessuno di questi settori ha una risposta e perciò nella seconda parte delle giornate del congresso, dopo le relazioni degli esperti, vogliamo fare dei gruppi di lavoro in cui ci si possa parlare e si possano sviluppare delle idee. Perché in questo momento nessuno ha una risposta, ad esempio nessuno ha un’idea precisa di come i governi possano lavorare insieme, e oltre i governi si devono trovare strutture sovrannazionali perché attualmente è molto facile sfuggire alle leggi nazionali. Se uno vuole nascondersi nell’uso di immagini o video pornografici, lo può fare facilmente, o attraverso server che stanno in una parte del mondo dove le leggi non sono così strette, oppure in quello che si chiama il dark net, che è quel livello “al di sotto” dell’internet “normale” che noi usiamo tutti, dove ci sono altre regole, dove non c’è nessun influsso – o molto poco – del controllo da parte della polizia o anche dei governi”.

Ma la situazione è davvero così grave e difficile da affrontare?

“Nei miei colloqui con rappresentanti dei governi, dei ministeri, anche della polizia – ad esempio in Italia, in Australia e in altre parti del mondo dove ho avuto modo di parlare con gli agenti della cyber-polizia, cioè quelli che cercano di individuare le persone che disseminano le immagini dannose – ho visto che sono travolti dalla stessa quantità del materiale e da fenomeni sempre più raccapriccianti. Ad esempio, sappiamo che il sexting, cioè l’inviare immagini di se stessi o di altre persone da parte di giovani – nudi o in atti sessuali – è in continua crescita; sempre più, milioni e milioni di giovani inviano immagini tramite i social media, e poi quelli che inviano questo tipo di immagini sono di età sempre più giovane. Un altro fatto pericolosissimo è quello che si chiama sextortion, cioè quando un ex fidanzato o una ex fidanzata inviano post, immagini dell’altra persona per vendetta, ad esempio, o per colpire, per ferire. Fenomeni ancora più gravi sono quelli della violenza sessuale comprata da un’altra parte del mondo e attuata in un altro paese, come ad esempio nelle Filippine o in Africa, dove vengono comprate bambine e si vede online uno stupro di una di queste bambine, mentre chi ha pagato sta in tutt’altra parte del mondo. Qui è evidente che è necessaria una collaborazione dei governi e delle forze dell’ordine, perché una sola nazione non può sorvegliare tutto questo”.

Ma quale esperienza e competenza ha maturato l’Università Gregoriana per ospitare un congresso di questo genere?

“La nostra Università – la Gregoriana -, con il suo “Centre for Child Protection” si impegna ormai da oltre cinque anni per cercare di fare quello che dobbiamo fare in quanto Chiesa in questo campo. Infatti nella Chiesa abbiamo vissuto e viviamo in tante parti del mondo quella che Papa Benedetto ha chiamato “una piaga nel corpo della Chiesa”, e cioè gli abusi sessuali sui minori da parte dei sacerdoti.

“Perciò ci siamo impegnati per sviluppare sistematicamente programmi di formazione e di studio contro gli abusi collaborando tra l’altro anche con alcuni governi e tanti interlocutori nel mondo scientifico e nel mondo ecclesiastico. Oggi operiamo in una trentina di Paesi, con una cinquantina di partner che sono università, cattoliche o non cattoliche, seminari, facoltà di diverso tipo, centri di formazione continua a cui offriamo un programma di apprendimento su cosa sia l’abuso, come si possa riconoscere quando un bambino è abusato, come si deve poi dialogare con questa vittima, cosa si deve fare con un abusatore, quali sono le leggi della Papa Benedetto e dello Stato in cui uno vive …”

“E proprio questo ci ha dato lo spunto per avviare un’iniziativa mondiale che ormai deve affrontare anche questo nuovo campo, cioè quello dell’abuso che avviene tramite internet. Vogliamo dare un segno che la Chiesa si impegna per quanto riguarda il suo ambito ma anche oltre, e vuole offrire una possibilità di discutere, di dialogare, di creare una piattaforma con questo congresso, ma anche con tutto ciò che ne seguirà. Infatti vogliamo anche coinvolgere maggiormente il mondo scientifico con un “call for papers”, cioè un invito che rivolgeremo agli scienziati – i più qualificati e competenti possibile – perché contribuiscano con le loro ricerche, con i loro strumenti per fare ciò che è possibile per prevenire l’abuso”.

Come è stata trasmessa l’idea del convegno a Papa Francesco?

“Siamo andati dal Papa, poco prima di Natale, con una rappresentanza del Comitato organizzatore per presentare il piano e abbiamo chiesto questa udienza per il congresso. Lui ha ascoltato bene la motivazione e ha detto subito che era disponibile, perché ciò si inserisce coerentemente nella sua lotta contro l’abuso dei più vulnerabili, dei minori, delle persone che sono più a rischio. E’ una lotta che abbraccia tutto quello che è stato fatto negli ultimi quattro anni con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, con tutte le misure che ha voluto implementare in questo tempo del suo Pontificato e anche con quello che abbiamo potuto fare noi del Centro per la protezione dei minori della Gregoriana con il suo appoggio personale”.

Pensa che questo congresso potrà dare delle risposte rapide?

“Certamente ci saranno, e ci sono già adesso delle risposte, nel senso che il solo parlare di questo tema, il solo riflettere porta già ad azioni concrete. Ad esempio, con alcuni dei nostri partner, anche tecnologici – cioè gli internet provider, o quelli che offrono le piattaforme di social media conosciute, come Facebook, Twitter e altri -, già adesso facciamo presenti le nostre questioni rispetto a questa tematica, perché siano corresponsabili a monitorare il materiale che viene trasmesso, perché riflettano come provvedere affinché i giovani siano più sicuri e come possano – e anche debbano – contribuire all’educazione di questi giovani con gli strumenti offerti online, e in una maniera più interattiva con gli agenti principali di quest’educazione, cioè le famiglie, le scuole, le attività dei giovani e, infine, anche i governi. Poi ci sarà però certamente anche un lavoro a lungo termine, perché questi non sono problemi che si risolveranno in poco tempo, semplicemente con un congresso. Piuttosto, come si è osservato prima, è impressionante e urgentissima la necessità di offrire anche al settore pubblico, anche ai governi qualche tipo di orientamento. La dichiarazione finale del congresso, che sarà presentata a Papa Francesco, significherà proprio l’impegno comune in questa direzione”.




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