Papa: un pontefice ex “prete di strada”.

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Cambiamenti climatici, crisi internazionali, povertà e minacce contro i cristiani: Papa Francesco, in un’intervista al settimanale francese Paris Match, ribadisce ancora una volta le linee guida del suo Pontificato, senza mai dimenticare però di essere stato “un prete di strada”.

Come fare per proteggere l’uomo dalla sua distruzione? “Rinunciando all’idolatria del denaro, rimettendo al centro l’essere umano, la sua dignità, il bene comune, il futuro delle generazioni che popoleranno la Terra dopo di noi”, che altrimenti saranno destinate a vivere su un “cumulo di macerie e di sporcizia”. Francesco risponde in modo diretto a tutte le domande, anche alle più personali, quando spiega la nostalgia per una passeggiata tra le strade di Roma e una pizza con gli amici.

Francesco, però, soprattutto ribadisce, così come indicato dalla Laudato sì’, la sua ferma convinzione del profondo legame tra l’eliminazione della povertà e la salvaguardia del creato. “I cristiani – spiega Francesco – sono inclini al realismo non al catastrofismo”, per questo “non possiamo nasconderci un’evidenza: il sistema mondiale attuale è insostenibile”. Di qui la speranza del Papa che il summit sul clima di Parigi, a dicembre, possa contribuire a “scelte concrete, condivise” e, per il bene comune, con una visione a lungo termine. “La nostra casa comune è inquinata, non cessa di deteriorarsi – è l’avvertimento – c’è bisogno dell’impegno di tutti, occorre proteggere l’uomo dall’auto-distruzione”.

Interpellato sulla tragedia che vivono le comunità cristiane d’Oriente, minacciate dalla violenza fondamentalista islamica, Francesco risponde che “non ci si può rassegnare di fronte al fatto che queste comunità, oggi minoritarie nel Medio Oriente, siano costrette ad abbandonare le loro case, le loro terre”. Di fronte a questo, “si ha il dovere umano e cristiano di agire”, non si possono dimenticare le cause che hanno provocato tutto ciò, e neanche “l’ipocrisia dei potenti della terra, che parlano di pace ma che, subdolamente vendono le armi”. Per risolvere la tragedia dei rifugiati, ciò che occorre, quindi, è “agire a favore della pace, e lavorare concretamente sulle cause strutturali della povertà”. Inoltre, aggiunge, “capitalismo e profitto non sono diabolici se non vengono trasformati in idoli. Non lo sono se restano strumenti”. La rovina delle società si rischia se “denaro e profitto a tutti i costi divengono feticci da adorare, se l’avidità è alla base del nostro sistema sociale ed economico”.

 




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