Papa: veglia di preghiera per il sinodo

289

imageUn sabato sera che ha accolto una folla festante in piazza San Pietro per rispondere all’invito del Papa di pregare insieme per il sinodo sulla Famiglia. “Ogni famiglia è sempre una luce, per quanto fioca nel buio del mondo”. Francesco lo sottolinea fortemente durante la Veglia, perché è la risposta a quando, “in certe stagioni della vita”, ci si chiede se si possono vincere tenebre e oscurità, ci si chiude e ci si tira indietro per fuggire la “responsabilità di fare fino in fondo la propria parte”. E’ Dio che esorta a tornare nel mondo, ad essere testimoni dell’amore di Dio per l’uomo, e “la grazia di Dio non alza la voce”

Come quella dell’anno scorso, anche la preghiera di questa Veglia è per invocare lo Spirito Santo che accompagni i padri sinodali perché sappiano ascoltare e confrontarsi, con lo sguardo dritto su Gesù “Parola ultima del Padre e criterio di interpretazione di tutto”. E il Papa chiede di pregare:
“…perché il Sinodo che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo; abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a queste famiglie, come a tutte le famiglie, che il Vangelo rimane “buona notizia” da cui sempre ripartire”.
Nel buio del mondo, ogni famiglia “è sempre una luce”, continua Francesco, che ricorda che fu Charles de Foucauld ad intuire “la portata della spiritualità che emana da Nazaret”, “dal mistero della Santa Famiglia”: “Guardando alla Famiglia di Nazaret, fratel Charles avvertì la sterilità della brama di ricchezza e di potere; con l’apostolato della bontà si fece tutto a tutti; lui, attratto dalla vita eremitica, capì che non si cresce nell’amore di Dio evitando la servitù delle relazioni umane”.
Amando gli altri si impara ad amare Dio, curvandosi sul prossimo ci si eleva a Dio, de Foucauld, “attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati”, capì che sono loro gli evangelizzatori e che è da loro che si impara a crescere in umanità. E quindi ecco che come de Foucauld entrò nella famiglia di Nazaret, per capire oggi la famiglia occorre entrare “nella sua vita nascosta, feriale e comune”, con le pene, le gioie, con la “vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio; vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo. E’ luogo — la famiglia — di santità evangelica, realizzata nelle condizioni più ordinarie. Vi si respira la memoria delle generazioni e si affondano radici che permettono di andare lontano. È luogo del discernimento, dove ci si educa a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita e ad abbracciarlo con fiducia. È luogo di gratuità, di presenza discreta, fraterna e solidale, che insegna a uscire da se stessi per accogliere l’altro, per perdonare ed essere perdonati”
Il Sinodo più che parlare di famiglia dovrà “mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla”. “Ritroveremo lo spessore di una Chiesa che è madre, capace di generare alla vita e attenta a dare continuamente la vita, ad accompagnare con dedizione, tenerezza e forza morale”.
“Perché se non si saprà unire compassione alla giustizia, il rischio è di finire con l’essere inutilmente severi e profondamente ingiusti”.
La Chiesa che “è famiglia” si pone con l’amore di un padre, responsabile custode “ che protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza. A volte, semplicemente con il silenzio di un’attesa orante e aperta. Soprattutto, una Chiesa di figli che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse”.
La Chiesa, spiega il Papa, “è casa aperta”, “lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo, accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti — provati dalla vita — hanno il cuore ferito e sofferente” . E’ quindi questa la Chiesa, conclude Francesco, che “può rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi, proprio perché lei per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre”.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *