Fondazione Migrantes e situazione confini italiani ed europei

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Migrantes – Per il terzo anno consecutivo la Fondazione Migrantes dedica un rapporto al mondo dei richiedenti asilo e rifugiati. Il report 2019 su Il diritto d’asilo, come nelle passate edizioni, è curato da un’équipe di persone che, oltre ad essere seri studiosi di questi temi, nel corso degli anni hanno seguito e continuano a seguire direttamente e concretamente i richiedenti asilo e i rifugiati nel nostro Paese.

Saremmo ipocriti se non evidenziassimo che il rapporto è tutto pro ospitalità anzi, sembtra quasi richiederne un incremento e sicuramente la Fondazione Migrantes vorrebbe maggiore solidarietà e più aperture verso i richiedenti.

Sono 88.200, secondo dati provvisori, gli attraversamenti irregolari di migranti e rifugiati scoperti alle frontiere esterne dell’UE fra gennaio e ottobre 2019. Sulle rotte migratorie verso l’Europa e in Europa, nel periodo si sono registrati 1.089 morti/dispersi in mare e 97 in percorsi via terra.

Sono circa 81.000 gli arrivi di migranti e rifugiati in Europa lungo le rotte via mare del Mediterraneo registrati da gennaio a ottobre 2019 (dati provvisori). Tendenza in calo dal 2016: 1.016.000 in tutto il ’15, 363.000 nel ’16, 172.000 nel ’17 e 117.000 nel ’18. In diminuzione anche i morti/dispersi in numero assoluto. Ma è aumentata l’incidenza di morti/dispersi in rapporto agli arrivi: da 1 morto/disperso ogni 269 arrivi nel ’15 fino a 1 ogni 51 nel ’18 (1 ogni 74 nei dati parziali ’19).

Il 2019 vede nuovamente in crescita gli arrivi sulla rotta del Mediterraneo orientale (circa 45.000 da gennaio a ottobre, dati provvisori, contro 32.500 in tutto il 2018). Ancora in calo la rotte del Mediterraneo occidentale (21.400 gli arrivi gennaio-ottobre) e del Mediterraneo centrale, quella verso l’Italia (12.400 gli arrivi gennaio-ottobre, contro i 23.400 di tutto il 2018). Ma quest’ultima si conferma come la rotta migratoria più letale del mondo: nel 2016 aveva registrato 1 morto/disperso ogni 40 arrivi, ma nel 2018 e 2019 è arrivata a 1 ogni 18; 694 le vittime solo fra gennaio e ottobre (dati UNHCR). Secondo l’OIM, i dati 2019 per la rotta centrale sono addirittura in peggioramento rispetto al 2018: 3,5% di morti/dispersi in rapporto a tutti i migranti e rifugiati che hanno tentato la traversata, contro il 3% del ’18).

Al 30 settembre 2019 l’UNHCR e i suoi partner in Serbia hanno ricevuto segnalazioni di 384 incidenti, in cui 2.674 persone hanno dichiarato di essere state respinte dalla Croazia nel corso dell’anno; nello stesso periodo sono 289 le segnalazioni di incidenti che hanno riguardato 2.194 persone respinte dalla Croazia in Bosnia-Erzegovina» (dati UNHCR).

Sono 307.110 i richiedenti asilo per la prima volta nell’UE nel 1° semestre 2019 (+ 7% rispetto al 1° semestre 2018), soprattutto siriani, venezuelani e afghani. Nel semestre, sempre nell’UE hanno ottenuto protezione in prima istanza solo il 35% dei richiedenti asilo esaminati.

Nel 2018 l’UE ha registrato 580.845 richiedenti asilo. Per numero assoluto l’Italia si è collocata quinta, dopo Germania, Francia, Grecia e Spagna. Ma le posizioni nazionali variano di molto se si considerano i richiedenti in rapporto agli abitanti: qui il primato è di Cipro (8.805 per milione), seguita dalla Grecia (6.051), da Malta, ecc. L’Italia, con 813 richiedenti per milione di abitanti, si colloca ben al di sotto della media europea (1.133 per milione).

 

Sono circa 28.000 i trasferimenti di richiedenti asilo effettuati a norma del regolamento dell’UE “Dublino III” nel 2018 fra i vari Paesi membri (+ 5% rispetto al 2017): 9.209 sono stati effettuati dalla sola Germania e ben 6.351 sono stati effettuati nella sola Italia.

 

Sono 24.815 i rifugiati accolti in reinsediamento nell’UE da precari Paesi di primo asilo nel 2018, a fronte di una lista di 1,4 milioni di persone con questa necessità fatta arrivare da UNHCR ai Paesi con più mezzi nel Mondo

A partire dal 2015, con l’adozione dell’Agenda Europea sulle Migrazioni, il Niger è divenuto un Paese prioritario nelle politiche migratorie esterne dell’Unione Europea e di vari Stati membri, tra cui l’Italia, a motivo della sua posizione strategica lungo una delle principali rotte migratorie mediterranee, quella del Mediterraneo centrale. Nell’arco di pochi anni, la presenza internazionale in Niger e gli interventi di natura diplomatica, militare, politica ed economica sono cresciuti in maniera esponenziale. Questo insieme di azioni, a cui concorrono diversi soggetti, mira a far sì che in Niger prenda piede un quadro politico-istituzionale, giuridico e socio-economico che consenta di rafforzare il controllo del territorio e delle frontiere e di limitare il flusso di migranti e richiedenti asilo in transito verso la Libia e l’Europa.

 

Il Niger viene così a rappresentare il nuovo avamposto delle politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea, descritto come la nuova frontiera esterna dell’Europa. In questo quadro, l’Italia è fra gli Stati europei a giocare un ruolo di primo piano in questo Paese. Lo fa ricorrendo, a strumenti  come l’accordo bilaterale in materia di difesa del settembre 2017 e la missione militare avviata nel 2018, o  l’uso delle risorse stanziate nell’ambito del Fondo per l’Africa, di cui il Niger è il principale beneficiario (così come del Fondo fiduciario europeo per l’Africa).

 

Dei quasi 20,4 milioni di rifugiati a livello globale di competenza dell’UNHCR, alla fine del 2018 oltre tre su 10 erano accolti in Paesi dell’Africa subsahariana, per un totale di circa 6,3 milioni. Vivono in Africa subsahariana anche oltre quattro sfollati globali su 10: 17,7 milioni su 41,4.

Nella lista globale dei 10 principali Paesi di provenienza dei rifugiati quelli africani sono sette. Il giovanissimo Sud Sudan (è indipendente solo dal 2011), terzo Paese assoluto, ha visto fuggire all’estero ben 2,3 milioni di suoi cittadini. Sempre a livello globale sono africani tre dei principali Paesi di accoglienza, che però salgono a cinque se si considera l’incidenza dei rifugiati rispetto al numero di abitanti: qui in quarta posizione assoluta si trova il Ciad (29 rifugiati/1.000 abitanti), seguito da Uganda e Sudan; per trovare il primo Paese del Nord del mondo, la Svezia, occorre scendere alla settima posizione (25 rifugiati/1.000 abitanti).

Nella lista globale dei 10 Paesi dove nel ’18 si sono prodotti più sfollati da disastri ambientali (causati perlopiù da eventi climatici) si trovano tre Paesi africani: Nigeria (613.000 sfollati), Somalia (547.000) e Kenya (336.000).

Libia, i dati chiave: indice di pace interna “molto basso” (156a posizione su 163 Paesi); 301.000 sfollati interni; 655.000 migranti presenti nel Paese; 4.500 migranti si troverebbero nei centri di detenzione “governativi” (dato al 25 settembre 2019); 8.155 i migranti soccorsi/intercettati dalla Guardia costiera “libica” e fatti sbarcare in Libia (nel 2019 al 31 ottobre).

Niger, i dati chiave: indice di pace interna “basso” (126a posizione su 163 Paesi); 424.000 le persone di competenza dell’UNHCR (rifugiati, sfollati); 142.000 i migranti in uscita “osservati” fra gennaio e agosto 2019; 131.000 quelli in entrata (sempre fra gennaio e agosto ’19); 22.400 circa i migranti assistiti nel rimpatrio dal Niger (maggio 2017-luglio 2019); 4.400.000 circa i rifugiati, sfollati, sfollati rientrati e immigrati coinvolti nella “crisi del lago Ciad”, che oltre al Niger coinvolge Ciad, Nigeria e Camerun.

 

L’Africa continente di migrazioni (interne): su 25 milioni circa di emigrati subsahariani regolari totali nel 2017 (ultimo anno disponibile), solo sette milioni hanno superato i confini dell’Africa per emigrare in Europa o negli altri continenti: 18 milioni, ben il 71% del totale, vi sono rimasti.

 

E l’Italia? Con il decreto sicurezza le cose sono ‘parzialmente’ cambiate:  9.203 i respingimenti alla frontiera fra agosto 2018 e luglio 2019; 5.044 i rimpatri forzati dal 1° gennaio al 22 settembre 2019; 13.777 i migranti passati nel ’18 nei cinque hotspot (oggi quattro) attivi in Sicilia e Puglia; 4.092 i migranti trattenuti nei CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio) nel ’18, di cui solo il 43% effettivamente rimpatriati; 5.044 i rimpatri forzati e appena 200 i rimpatri volontari assistiti fra 1° gennaio e 22  settembre 2019 (i volontari assistiti erano stati 1.161 nel ’18); 94 gli “scafisti” arrestati fra agosto 2018 e luglio 2019 (ma 209 nello stesso periodo 2017-2018); fra gennaio e ottobre 2019, i migranti e rifugiati intercettati dalla Guardia costiera libica sono stati 8.155, una cifra non molto inferiore al totale di persone che nel periodo sono riuscite a sbarcare in Italia, 9.648; sono state 24 le “crisi navi” causate dal “blocco” dei porti italiani fra giugno ’18 e agosto ’19; ma da gennaio all’8 luglio ‘19, su 3.073 arrivi nel nostro Paese quelli realizzati da ONG sono stati 248, l’8%.

Sono almeno 14 i Paesi dell’UE che, oltre all’Italia (dall’ottobre 2019), hanno stilato una lista di “Paesi sicuri” i cui richiedenti asilo vengono sottoposti a un esame. Sempre nell’UE si è verificato che i richiedenti asilo sottoposti alle “misure speciali” d’esame ottengono una risposta positiva appena nello 0-12% dei casi.

Fra i 71.000 nuovi immigrati caduti in situazione di irregolarità in Italia stimabili fra giugno 2018 e giugno 2019, quelli che si possono attribuire al decreto “sicurezza” n. 113 del 4 ottobre 2018 sono 18.000. Al giugno 2019 gli “irregolari” presenti in Italia sono così stimabili in 620.000 persone.

Nell’ambito dell’attuazione del regolamento “Dublino III”, nel 2018 sono stati trasferiti in Italia 6.351 richiedenti asilo, mentre ne sono stati trasferiti dall’Italia verso gli altri Paesi membri appena 189.

Fra il 2016 e la metà del 2019 l’iniziativa dei “Corridoi umanitari” italiana ha permesso di far arrivare in Italia, soprattutto dal Libano e dall’Etiopia, 2.148 rifugiati siriani, eritrei, somali e sud-sudanesi. In aggiunta, tramite evacuazioni umanitarie, fra la fine del ’17 e il settembre ’19 sono stati trasferite nel nostro Paese 859 persone dalla Libia (808) e dal Niger (51).

Alla fine di settembre 2019 i richiedenti asilo, rifugiati e migranti in accoglienza sono scesi sotto la soglia delle 100 mila unità per la prima volta dal 2015. Del totale di 99.599 persone accolte, quelle ospitate nei CAS e nei centri di prima accoglienza eano ben il 75% del totale. Solo 24.674 le persone ospitate nei centri del  SIPROIMI ex SPRAR.

Sono 7.272 i minori stranieri non accompagnati censiti e presenti nei servizi di accoglienza alla metà del 2019 (- 45% rispetto a un anno prima); 4.736, invece, quelli “irreperibili”, che cioè si sono allontanati da sei servizi. Sono 5.501 gli italiani che si sono formalmente resi disponibili a seguire un MSNA come “tutori” in attuazione alla legge 47/2017 “Zampa”.




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