In Siria riapre l’ambasciata d’Ungheria! Il racconto di don Lazzara

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La notizia della riapertura dell’Ambasciata Ungherese in Siria, rientra nella mappa geopolitica che il presidente ungherese fin dalla sua elezione ha voluto realizzare, per riscoprire e valorizzare “le  radici cristiane” dell’Europa, che nel corso dei secoli, hanno plasmato la cultura e l’identità del nostro continente in particolare e dell’Occidente in generale. Anche se oggi l’Occidente non si identifica più nel Cristianesimo come fondamento unitario della società, Orban ha  compreso che senza questo “lievito”, l’Europa è perduta. Bisogna dirlo chiaramente: se ci troviamo in questa situazione di confusione, di vuoto, di secolarismo aggressivo, di laicismo persecutorio, di post umanesimo, di ideologie che esaltano la morte e ogni forma di disprezzo contro la vita in nome dei diritti personali, è dovuto al fatto che gradualmente questi concetti ideologici -presentati come valori che  possono sembrare più moderni, a passo con i tempi-, cercano di creare una nuova società che esclude il suo perno fondamentale: il Cristianesimo. Perché l’Ungheria da molta attenzione alla Siria? Innanzitutto, il Cristianesimo si è sviluppato in quelle zone, e poi a Damasco, capitale storica della Siria, San Paolo è stato folgorato dal Signore proprio nella strada che portava nella città siriana, dove già era presente una piccola comunità cristiana rappresentata da Anania che prese in casa sua il futuro Apostolo delle genti e lo battezzò. Conosciamo tutti l’ardore missionario di San Paolo, il quale concluse la sua giornata terrena a Roma, morendo martire per il Signore che prima di convertirsi aveva perseguitato. Per chi ha visitato quelle terre, avverte ancora il profumo, il passaggio di questi grandi testimoni della fede, che in ogni tempo e in ogni luogo sono legati dal sangue che versano per Gesù. Il Cristianesimo, è stato messo a dura prova con le persecuzioni e il martirio. Ma da quelle parti non hanno indietreggiato, anzi, la violenza, la guerra e ogni forma di male compiuta contro di loro in odio alla fede, ha rafforzato la testimonianza a Cristo. Durante l’invasione dei gruppi terroristici, i miliziani avevano scritto sui muri dei villaggi e città conquistate, un avvertimento spaventoso: “Cristiani, se non andate  via, vi ammazzeremo tutti”. Il giorno dopo accanto all’ammonimento, i terroristi hanno letto la risposta: “ci potete uccidere tutti, ma noi  come il nostro Maestro, il terzo giorno risorgeremo”. Riaprire l’ambasciata a mio avviso, non è solo una “tattica politica”, ma ha delle motivazioni più profonde: si riconosce in quella terra martoriata, l’Origine di ciò che noi siamo, e senza questa Origine, rischiamo di essere senza radici e identità e quindi manipolabili alle nuove forme di dittatura che stanno cambiando il volto dell’Europa. Su questa lunghezza d’onda, Papa Francesco, parlando ai giovani universitari di Tokyo, ha ribadito: “sono preoccupato che si perdano le radici, la memoria. Le radici culturali, le radici storiche, le radici familiari, le radici umane. La via più adatta per trovare le radici, è incoraggiare i giovani  a dialogare con gli anziani. Cosa deve fare un giovane? Ritrovare la memoria, cioè le radici, ma non tenerle nell’armadio, bensì farle dialogare con il presente, guardando al futuro. Quelle radici di fronte alla sfida del presente daranno frutti, domani fioriranno”. 

Le critiche per la riapertura dell’ambasciata Ungherese, che addirittura hanno allarmato Bruxelles, sono la conferma a tutto ciò. Nel senso che i burocrati europei che cercano di modellare diversamente l’identità dell’Europa, intravedono nel gesto di Orban “una linea divergente, rispetto ai principali paesi UE”, che sono invece piegati ad altri tipi di interessi, giustificando il loro disappunto nelle affermazioni che mettono in crisi l’opinione pubblica: Orban riapre l’ambasciata in un paese guidato da un “regime autoritario”. Quindi come da copione si ripete la frase magica che per “aprire”, alla Siria è necessario il chance politico”, che deve portare alla “transizione democratica”, secondo delle regole scritte in un freddo ufficio dei palazzi del potere a miglia di chilometri di distanza dalla Siria. Dunque   chi costruisce muri? Quando si cerca il cosiddetto “dialogo”, già hanno gli schemi pronti, e se non corrisponde ai desiderata, allora si chiude la discussione, incolpando gli altri di non voler accettare le proposte. O peggio, per colpire il politico o altre figure di primo piano, si approvano sanzioni che alla fine danneggiano il popolo, causando danni enormi. Quando dichiarano “lo  facciamo per il bene della gente”, esattamente di quale bene si tratta, se non vengono aperte le porte della carità e dell’aiuto fraterno?
Diciamolo chiaramente: l’esportazione della democrazia occidentale, in quelle nazioni, non funziona. Come per l’Occidente anche quei popoli hanno diritto di autodeterminarsi, di scegliere in base alla loro cultura e religione, la forma migliore in cui esprimersi.

Perché arrivano questi ditkart? L’Unione Europea è una Comunità di Popoli  (così come è stata concepita dai padri fondatori), dove la cultura delle singole nazioni è un arricchimento piuttosto che un problema; oppure una dittatura dove bisogna eseguire gli ordini dei piani alti, annullando le decisioni degli stati? Detto questo, credo che non si tratti di “conservatorismo”, oppure di “tradizionalismo”, di “oscurantismo  medievale”, di “spettro di fascimi e nazismi” o peggio di “nazionalismi sovranisti”, ma di una presa di coscienza netta e decisa di quanto i Pontefici San Giovanni Palo II, Benedetto XVI ed infine Francesco hanno ripetuto: “fino a quando l’Europa non  riconoscerà le sue radici, e non si  vergognerà della sua identità, correrà inesorabilmente  verso il precipizio nero della distruzione. Chi confonde la questione religiosa con la fede che permea la vita culturale della società, e la contrappone alla laicità (o peggio al laicismo), commette una grave manipolazione delle coscienze e non serve la Verità e la Libertà. Qui non si tratta di nostalgia per le crociate, e nemmeno di immaginare un altro impero cristiano, ma semplicemente rafforzare, e dare vigore alla luce della fede cristiana alla nostra società stanca, smarrita, bisognosa di valori e punti di riferimento certi e non ambigui. La dimostrazione plastica di ciò è l’adesione di tanti giovani europei ai gruppi terroristici che hanno combattuto combattono in Medio Oriente. Il fascino mortifero della proposta integralista, la disciplina, il morire per un ideale, la ricompensa, suscitano nel  deserto della coscienza vuota di valori relativizzati, un’adesione pressoché impressionante. E’ l’abbaglio pericoloso a cui si è sottoposti, quando non ci sono certezze e non si rimane saldi nei principi fondamentali. I giovani come gli adulti, non hanno bisogno di aderire a valori negoziabili e relativi, che soddisfano l’ego, le emozioni, le esperienze effimere che prima o poi finiscono lasciando incolmabili radure da riempire. Anche se ci confrontiamo in un contesto di auto esaltazione, di falsa libertà di scelta in base ai desideri soggettivi, il richiamo naturale a realizzarsi in pienezza come uomini, è l’aspirazione a cui tende ogni persona. In tale cornice è possibile intravedere la lotta biblica tra il bene e il male, tra il peccato e la grazia, tra Dio e il demonio. L’identità cristiana forte, chiara, indirizza all’accoglienza,  all’integrazione, all’armonia tra i popoli e le religioni. Al contrario quando si ideologizza tutto ciò, si crea la società in cui viviamo, in cui i vuoti costruiti, vengono riempiti dai surrogati culturali e religiosi che scatenano i conflitti. La prova più lampante di tutto ciò è il totale silenzio mediatico sul Forum “for Christian communicators” tenuto nei gironi scorsi a Budapest. All’incontro di altissimo livello, hanno partecipato tantissime personalità, che hanno illustrato lo stato pietoso verso cui si incammina l’Europa. Quali altri paesi avranno un sussulto per guardare serenamente in faccia la realtà e prendere le giuste decisioni?

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