Storie – PIO VII il Papa di Napoleone

427

Pio VII -Il 21 Marzo del 1800 Il conclave che seguì alla morte di Pio VI elesse «come candidato di compromesso» Luigi Barnaba Chiaramonti. Riunito nel 1799 sotto la protezione della corona asburgica, fu possibile grazie agli sforzi di monsignor Ettore Consalvi, segratario del conclave, che riuscì a riunire a Venezia 35 cardinali. Pontefice a cavallo tra XVIII e XIX secolo, Luigi Chiaramonti fu incarcerato da Bonaparte. Ma alla caduta dell’imperatore fu l’unico ad esprimergli vicinanza. Ricostituì l’ordine dei Gesuiti opponendosi ai sovrani europei.

I principali interessi di Pio erano di carattere spirituale e religioso piuttosto che amministrativo e politico. In particolare, nonostante l’opposizione delle varie potenze, ricostituì la Compagnia di Gesù in tutto il mondo, con la bolla Sollicitudo omnium ecclesiarum del 30 luglio 1814. Egli si considerava il protettore della purezza della dottrina e come tale condannò le società bibliche protestanti, l’indifferentismo incoraggiato dall’illuminismo e la massoneria.

Papa Pio VII si sforzò realmente di adattare il papato al mondo moderno e quando morì (20 luglio 1823) esso godeva di un rispetto impensabile al momento della sua assunzione al pontificato.

Chiaramonti è stato il 251º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dall’anno 1800 alla morte; apparteneva all’ordine benedettino.

Ma ripartiamo dalla sua elezione al soglio pontificio.

 

Alla morte di Pio VI, il Sacro Collegio, convocato dal decano cardinal Giuseppe Albani, si riunì in conclave a Venezia sotto ospitalità austriaca, poiché in quel periodo Roma era occupata dalle truppe francesi. Prima ancora che iniziasse il conclave, la situazione politica a Roma era mutata. Il 19 settembre 1799 i francesi avevano abbandonato l’Urbe; il 30 settembre la città era stata occupata dai napoletani, che avevano posto fine alla Repubblica Romana.

 

I cardinali, appena 35, quasi tutti italiani, si riunirono il 30 novembre 1799 nel monastero di San Giorgio. Ben presto i voti si concentrarono su due candidati: il card. Alessandro Mattei, arcivescovo di Ferrara, antifrancese, e il card. Carlo Bellisomi, vescovo di Cesena, la cui posizione era più conciliante. Passarono tre mesi interi senza che si delineasse una soluzione. Per uscire dall’impasse, monsignor Ercole Consalvi, il segretario del conclave, propose un terzo candidato: il vescovo di Imola, Barnaba Chiaramonti. In poco tempo i voti si convogliarono su di lui. Anche il cardinale e arcivescovo francese Jean-Siffrein Maury ebbe un ruolo decisivo nella sua elezione.

 

Il 14 marzo 1800 Chiaramonti fu eletto papa all’unanimità. Risultò scontata quindi la scelta del nome pontificale Pio VII in onore del predecessore Pio VI suo concittadino e grande amico a cui doveva la nomina a vescovo di Imola e la porpora cardinalizia. L’imperatore d’Austria chiese al nuovo pontefice la cessione delle Legazioni di Bologna, Ferrara, Imola e Ravenna. Pio VII rispose negativamente alle pretese imperiali; decise peraltro di conservare il titolo di vescovo di Imola. Francesco II, contrariato, vietò l’incoronazione del papa nella basilica di San Marco. Pio VII fu incoronato nella basilica di San Giorgio Maggiore.

 

Il nuovo pontefice si trattenne nel Veneto per alcuni mesi, durante i quali visitò quasi tutte le chiese e ricevette l’omaggio di tutte le congregazioni religiose; durante tale periodo effettuò una visita a Padova, dove era stato da giovane a Santa Giustina. Nonostante la contrarietà dell’imperatore d’Austria, si impose a questi nel suo desiderio di indipendenza e di andare a Roma.

 

Fatta rotta da Venezia a Pesaro sulla fregata austriaca “Bellona”, raggiunse la Città eterna seguendo il percorso della via Flaminia. A Fano rese omaggio alle spoglie di sua madre nel Carmelo. In luglio il pontefice fece finalmente il suo ingresso a Roma, accolto dalla nobiltà romana e dal popolo in tripudio. Trovò le casse dello Stato vuote: il poco che i francesi avevano lasciato venne sperperato dai napoletani. In agosto nominò Consalvi, cui in gran parte doveva la tiara, cardinale diacono e Segretario di Stato, per poi iniziare a occuparsi alacremente delle riforme amministrative, divenute ormai improrogabili. Nella scelta del nuovo segretario, Pio VII non si fece influenzare dalle potenze straniere, specialmente dall’Impero austriaco, che voleva fosse nominato un prelato di suo gradimento.

 

La sua attenzione si concentrò subito sullo stato di anarchia in cui versava la Chiesa francese la quale, oltre a essere travagliata dal vasto scisma causato dalla costituzione civile del clero, aveva a tal punto trascurato la disciplina che gran parte delle chiese era stata chiusa, alcune diocesi erano prive di vescovo mentre altre ne avevano addirittura più di uno, e intanto il giansenismo e la pratica del matrimonio degli ecclesiastici si stavano diffondendo e fra i fedeli serpeggiava l’indifferenza se non, addirittura, l’ostilità. Incoraggiato dal desiderio del Bonaparte di ristabilire il prestigio della Chiesa cattolica in Francia, Pio VII negoziò il famoso Concordato del 1801, sottoscritto a Parigi il 15 luglio e successivamente ratificato il 14 agosto dello stesso anno. L’importanza di questo accordo fu tuttavia notevolmente stemperata dai cosiddetti “articoli organici”, aggiunti dal governo francese l’8 aprile 1803.

 

Nel 1804 Napoleone iniziò a trattare col Papa la propria formale e diretta investitura come imperatore. Dopo alcune esitazioni Pio VII si lasciò convincere a celebrare la cerimonia nella cattedrale di Notre-Dame e a prolungare la sua visita a Parigi per altri quattro mesi ma, contrariamente alle sue aspettative, ne ricevette in cambio solo pochissime concessioni, e di secondaria importanza. Ciò nonostante, le acclamazioni entusiastiche del popolo francese verso il Chiaramonti, ovunque egli passasse, erano tante e tali che non solo Napoleone se ne infastidì moltissimo (e divenne più scontroso col pontefice), ma Pio VII capì che la fede, in Francia, stava rinascendo davvero. Rientrato a Roma il 16 maggio 1805, fornì al collegio cardinalizio, convocato allo scopo, una versione ottimistica della sua visita.

 

Nonostante ciò, lo scetticismo prese presto il sopravvento quando Napoleone cominciò a non rispettare il concordato del 1801, arrivando al punto di pronunciare d’autorità lui stesso l’annullamento del matrimonio del fratello Girolamo con la moglie, Elizabeth Patterson un’americana di Baltimora. L’attrito fra la Francia e il Papa montò così rapidamente che il 2 febbraio 1808 Roma fu occupata dal generale Miollis e, un mese più tardi, le province di Ancona, Macerata, Pesaro e Urbino furono annesse al Regno d’Italia. Rotte le relazioni diplomatiche fra Napoleone e Roma, con un decreto emesso a Schönbrunn l’11 maggio 1809 l’imperatore annetteva definitivamente tutti i territori dello Stato Pontificio all’Impero francese.

 

Per ritorsione, Pio VII, pur senza nominare l’imperatore, emise una bolla di scomunica contro gli invasori; nel timore di un’insurrezione popolare il generale Miollis, di propria iniziativa (come sostenne Napoleone in seguito) o, più probabilmente, per ordine del generale Radet, prese in custodia il Papa stesso. Nella notte del 5 luglio il Palazzo del Quirinale fu aperto con la forza e, in seguito all’ostinato rifiuto di annullare la bolla di scomunica e di rinunciare al potere temporale, il pontefice fu arrestato e tradotto prima a Grenoble e successivamente, passando per il colle di Tenda, Cuneo e Mondovì, a Savona. Qui egli si rifiutò con fermezza di convalidare l’investitura dei vescovi nominati da Napoleone e, quando i francesi scoprirono che il papa intratteneva segreti scambi epistolari, gli fu addirittura proibito di leggere e scrivere. Insieme con il papa, furono espulsi da Roma molti alti prelati, come ad esempio il Maestro generale dei Domenicani Pio Giuseppe Gaddi.

 

Dopo oltre due anni ininterrotti di prigionia, fu estorta al pontefice la promessa verbale di riconoscere l’investitura dei vescovi francesi. Nel maggio del 1812, con il pretesto che i britannici avrebbero potuto liberare il papa se questi fosse rimasto a Savona, Napoleone obbligò il vecchio e infermo (per la febbre che non lo lasciava) pontefice a trasferirsi a Fontainebleau, vicino a Parigi; il viaggio lo provò al punto tale che, al passo del Moncenisio, gli fu impartita l’estrema unzione. Superato il pericolo e giunto in salvo a Fontainebleau, fu alloggiato con tutti i riguardi nel castello per aspettarvi il ritorno dell’imperatore da Mosca. Appena rientrato, Napoleone intavolò immediatamente una serrata trattativa con il papa che, il 25 gennaio 1813, accettò un concordato a condizioni tanto umilianti che non riuscì a darsi pace. Ma, essendogli stato concesso di consultarsi coi cardinali, tra cui Bartolomeo Pacca ed Ercole Consalvi, lo rigettò tre giorni dopo. Comunicò la sua decisione prima per iscritto all’imperatore (che la tenne segreta), poi, pubblicamente, il 24 marzo dello stesso anno. Nel mese di maggio, infine, osò sfidare apertamente il potere dell’imperatore dichiarando nulli tutti gli atti ufficiali compiuti dai vescovi francesi.

 

Il 19 ottobre 1813 Napoleone fu sconfitto a Lipsia. Di fronte alla penetrazione degli eserciti della Sesta coalizione in territorio francese, Napoleone decise di far ricondurre il suo prigioniero a Savona. Pio VII partì da Fontainebleu domenica 23 gennaio 1814 in forma privata, vestito da vescovo. Fu condotto a Nizza attraverso un percorso tortuoso per aggirare la valle del Rodano, dove il fermento antibonapartista era al culmine. Il lungo percorso del prigioniero si tramutò in un trionfo: folle esultanti si accalcarono al passaggio dell’anziano pontefice attraverso il sud della Francia. Il 16 febbraio Pio VII giunse a Savona. Fu qui, forse, che gli fu data la notizia che Roma era stata liberata dal dominio francese.

 

Il precipitare degli eventi e l’abdicazione del 17 marzo indussero Napoleone a liberarlo definitivamente. Il generale ordinò che il papa fosse condotto a Bologna, ove fece il suo ingresso il 31 marzo, dopo cinque anni di prigionia. Dopo aver celebrato la Pasqua ad Imola, sua antica città episcopale, si diresse a Forlì: gli abitanti gli tributarono un’accoglienza trionfale, tanto che autorità e popolo, impazienti di vederlo, gli andarono incontro fuori delle mura. Entrato in città, il Papa accettò l’ospitalità del vescovo Andrea Bratti, con ciò perdonandogli il fatto che, nonostante l’opposizione del suo stesso Capitolo, si fosse schierato con le autorità politiche francesi Poi, dopo un passaggio a Ravenna, si fermò a Cesena, sua città natale, dal 20 aprile al 7 maggio. Il 15 maggio si recò al santuario di Loreto a rendere grazie per l’avvenuta liberazione.. Il 24 fece il suo ingresso a Roma accolto dalla folla esultante: erano passati esattamente 4 anni, 10 mesi e 9 giorni dalla sua partenza forzata dalla capitale.

 

Il 7 agosto 1814 con la bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum il Papa ricostituì la Compagnia di Gesù, mentre il Segretario di Stato Consalvi, al Congresso di Vienna, si assicurava la restituzione di quasi tutti i territori sottratti allo Stato della Chiesa. Successivamente veniva soppressa nello Stato Pontificio la legislazione introdotta dalla Francia e venivano reintrodotte le istituzioni dell’Indice e dell’Inquisizione; inoltre, durante il Congresso di Vienna, il pontefice combatté e vinse l’importante battaglia dell’abolizione della schiavitù.

 

Nel 1815 il re di Napoli Gioacchino Murat, durante i Cento giorni di Napoleone, attaccò lo Stato Pontificio. Tra il 22 marzo e l’inizio di giugno Pio VII si rifugiò fuori dell’Urbe. Prima si trasferì a Genova, poi sostò a Torino (19 maggio), ospite di Vittorio Emanuele I, e quindi raggiunse Piacenza e, di qui, seguì la via Emilia fino ad entrare nei suoi territori. Il 7 giugno rientrò a Roma. Uno dei suoi primi atti fu la riconferma del card. Consalvi come segretario di stato (5 luglio). Nei mesi successivi accolse come rifugiati politici alcuni parenti di Napoleone.

 

Pio VII incaricò il Consalvi di realizzare le riforme contenute nel Motu Proprio Quando per ammirabile disposizione, emanato il 6 luglio 1816. Il provvedimento avviava la riforma dell’amministrazione dello Stato Pontificio. Le novità più rilevanti riguardavano il sistema catastale e la nuova ripartizione territoriale dello Stato, suddiviso in tredici delegazioni e quattro legazioni (Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna), oltre al Distretto di Roma ribattezzato Comarca. Nonostante ciò, le casse dello stato erano in condizioni disastrose, mentre il malcontento si aggregava principalmente intorno alla “Società Segreta”, di ispirazione liberale, dei Carbonari, proibita dal Papa nel 1821.

 

Il capolavoro diplomatico del Consalvi fu una serie di concordati stipulati a condizioni particolarmente vantaggiose con tutti gli Stati di religione cattolica, ad eccezione dell’Impero austriaco. Negli ultimi anni del pontificato di Pio VII la città di Roma fu molto ospitale verso tutte le famiglie regnanti, i cui rappresentanti vi si recarono spesso; il pontefice fu particolarmente benigno verso i sovrani in esilio, dimostrando una notevole e singolare magnanimità anche nei confronti della famiglia di Napoleone.

 

Fin dagli anni dall’insediamento nell’anno 1800, Pio VII tentò di compiere un processo di modernizzazione dello Stato, spesso su ispirazione del modello francese, cercando un compromesso tra il potere papale e le impellenti richieste progressiste ormai diffuse in tutta Europa. Se già prima della salita al soglio dichiarò la chiesa non incompatibile con la democrazia, nel primo anno di pontificato, il 1801, ordinò con motu proprio Le più colte la liberalizzazione del settore agrario e di alcune antiche corporazioni, sia per venire incontro alle esigenze materiali della popolazione immiserita dagli anni dell’invasione francese, sia per venire espressamente incontro all’ideologia che divenne sempre più dominante.

 

Nel secondo periodo del suo regno, dopo il ritorno dalla prigionia francese nel 1815, Pio VII accolse l’appello del professore di matematica Giuseppe Settele alla pubblicazione di un suo volume di astronomia che trattava la teoria eliocentrica di Niccolò Copernico non come una semplice ipotesi, ma come verità assodata (cosa effettivamente era già fin dal secolo precedente e di cui infatti erano già state autorizzate pubblicazioni nel secolo passato), smentendo in via ufficiale la posizione tradizionalmente restrittiva assunta dal Sant’Ufficio fin dall’epoca di Galileo su questa materia. A Roma, si insediò la sede dell’università per ingegneri con motu proprio del 1816 Quando per ammirabile disposizione (titolo V), sul modello di quella francese, con il fine della supervisione delle strade e delle opere civili.

 

Con lo stessa lettera ordinò la riforma del catasto, che iniziò la sua redazione e divenne noto successivamente come Catasto Piano-Gregoriano (dal nome del successore che lo vide ultimato), al fine di rendere più efficace la tassazione soprattutto dei possedimenti agricoli. Infine, com’è noto lo stesso documento divise lo stato in Legazioni, in modo da migliorarne il governo. Anche la chirurgia conobbe un avanzamento, insediando nel 1815 la prima cattedra universitaria di chirurgia presso l’università La Sapienza nell’antico nosocomio di San Giacomo in Augusta: il primo direttore ne fu il chirurgo Giuseppe Sisco.

 

Più tardi, nel 1822, lo stesso Pio VII emanò, con il supporto del cardinal Consalvi, un editto a favore della vaccinazione”.[8] Questi tentativi riformatori ebbero molto spesso l’importante collaborazione del cardinal Consalvi, fedele collaboratore del papa. Infine, al Campo Vaccino, sede dell’antico foro romano, vide la soppressione del mercato agricolo e l’inizio dell’interesse antiquario del passato classico, con i primi scavi archeologici sistematici con Carlo Fea, che intraprese scavi anche sul colle capitolino, nonché il riconoscimento papale della Pontificia accademia romana di archeologia.

 

Notevole fu anche l’accoglienza riservata ai maggiori artisti dell’epoca, fra cui molti scultori. Un anno prima della morte, eresse sul Pincio l’obelisco, rinvenuto nel XVI secolo e mai innalzato, che l’imperatore romano Adriano aveva fatto scolpire per l’amato e idolatrato Antinoo, annegato a vent’anni ed in seguito divinizzato.

 

Lo scultore protestante Thorvaldsen gli costruì lo splendido mausoleo in cui furono deposte le spoglie del pontefice: tale mausoleo rimane a tutt’oggi la sola opera d’arte della basilica di San Pietro eseguita da un artista di fede dichiaratamente non cattolica.

 

Il pontefice spirò il 20 agosto 1823, pochi giorni dopo aver compiuto ottantun’anni, a seguito di una caduta in cui gli si era rotto il femore avvenuta il 6 luglio

 

Concludiamo con una curiosità: a Vernante, in provincia di Cuneo, esiste ancor oggi una fontana conosciuta come la “Fontana di Fontainebleau”. Pio VII, passando appunto per questo paese e sofferente per il gran caldo, chiese alle donne del luogo se avessero dell’acqua da offrirgli. Una donna gli porse un bicchier d’acqua, dicendogli che l’aveva attinta suo figlio poco prima alla fontana. Il Papa la bevve e disse che era molto buona, aggiungendo che gli sembrava l’acqua di Fontainebleau.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *