La straordinaria vita di Santa Caterina

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Caterina – Santa Caterina da Siena che oggi la Chiesa festeggia è patrona d’Italia. Si, proprio la nostra meravigliosa Italia quella che giorno dopo giorno evidenzia di dover tornare a quella Fede che personaggi come Santa Caterina di Siena erano in grado di scuotere.
Una storia quella di Caterina che merita di essere rivisitata e divulgata, una Fede ed un cammino verso il Paradiso ricca di amore e solidarietà verso chi veramente aveva bisogno ma anche verso il Papa e la Chiesa.
Il 18 giugno del 1376 quando nella città di Avignone, famosa per le sue quaranta torri, fa il suo ingresso una singolare ambasciatrice della Repubblica di Firenze, su cui il Papa Gregorio XI ha scagliato l’interdetto.
Sono ormai passati quasi settant’anni da quando il Papa Francese Clemente V ha trasferito in questa città la sua sede, dentro un immenso palazzo circondato da mura e da fossati come una fortezza, o piuttosto come una prigione. Nessuno si decide a riportare la sede dei Pontefici nella Città Eterna. Tanti appelli sono stati rivolti al Papa, tante voci si sono levate nel mondo, ma senza frutto. Anche l’ambasciatrice di Firenze è venuta per chiedere al capo della Chiesa di tornare a Roma. I Fiorentini hanno scelto con cura la persona più adatta per questo incarico: una donna non ancora trentenne, ma già famosa in tutta Italia per la sua virtù e per la sua saggezza, Caterina di Jacopo di Benincasa.
Caterina stupisce la Corte Papale per la sua sapienza e per la sua umiltà, ma ancor più per il coraggio e la franchezza con cui rimprovera al Pontefice i troppi agi della vita avignonese e le contese politiche che dividono la Chiesa Cattolica. Lo supplica a lungo di tornare in Italia. I cittadini di Avignone, molti Cardinali e quasi tutta la Corte Papale sono contrari alla partenza, ma Caterina sa superare ogni ostacolo e, finalmente, riesce a convincere il Papa.
Così, il 13 settembre dello stesso anno, Gregorio XI lascia definitivamente Avignone e dopo aver toccato con la sua flotta le città di Genova, Portofino, Pisa e Livorno, accolto ovunque con grandi manifestazioni di esultanza, raggiunge le coste del Lazio. Il 17 gennaio dell’anno successivo, Gregorio XI è di nuovo a Roma.
Il ritorno del Pontefice nella Città Eterna è l’atto centrale, la missione più importante di Caterina da Siena. Ma questa grande donna, proclamata Santa dalla Chiesa Cattolica, già altre volte è intervenuta nell’agitata vita pubblica del suo tempo e non ha mai esitato a presentarsi dinanzi a principi, a Cardinali, a Capi di Stato e di città per ottenere la pace e la concordia dei popoli, per proteggere i poveri da ogni prepotenza.


Ma andiamo con ordine:
L’attuale Papa emerito Benedetto XVI durante l’udienza generale del 24 Novembre 2010 ebbe a dire su Santa Caterina: “Cari fratelli e sorelle, quest’oggi vorrei parlarvi di una donna che ha avuto un ruolo eminente nella storia della Chiesa. Si tratta di santa Caterina da Siena. Il secolo in cui visse – il quattordicesimo – fu un’epoca travagliata per la vita della Chiesa e dell’intero tessuto sociale in Italia e in Europa. Tuttavia, anche nei momenti di maggiore difficoltà, il Signore non cessa di benedire il suo Popolo, suscitando Santi e Sante che scuotano le menti e i cuori provocando conversione e rinnovamento. Caterina è una di queste e ancor oggi ella ci parla e ci sospinge a camminare con coraggio verso la santità per essere in modo sempre più pieno discepoli del Signore.
Nata a Siena, nel 1347, in una famiglia molto numerosa, morì a Roma, nel 1380. All’età di 16 anni, spinta da una visione di san Domenico, entrò nel Terz’Ordine Domenicano, nel ramo femminile detto delle Mantellate. Rimanendo in famiglia, confermò il voto di verginità fatto privatamente quando era ancora un’adolescente, si dedicò alla preghiera, alla penitenza, alle opere di carità, soprattutto a beneficio degli ammalati.
Quando la fama della sua santità si diffuse, fu protagonista di un’intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate, ecclesiastici, compreso il Papa Gregorio XI che in quel periodo risiedeva ad Avignone e che Caterina esortò energicamente ed efficacemente a fare ritorno a Roma. Viaggiò molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati: anche per questo motivo il Venerabile Giovanni Paolo II la volle dichiarare Compatrona d’Europa: il Vecchio Continente non dimentichi mai le radici cristiane che sono alla base del suo cammino e continui ad attingere dal Vangelo i valori fondamentali che assicurano la giustizia e la concordia.
Caterina soffrì tanto, come molti Santi. Qualcuno pensò addirittura che si dovesse diffidare di lei al punto che, nel 1374, sei anni prima della morte, il capitolo generale dei Domenicani la convocò a Firenze per interrogarla. Le misero accanto un frate dotto ed umile, Raimondo da Capua, futuro Maestro Generale dell’Ordine. Divenuto suo confessore e anche suo “figlio spirituale”, scrisse una prima biografia completa della Santa. Fu canonizzata nel 1461.
La dottrina di Caterina, che apprese a leggere con fatica e imparò a scrivere quando era già adulta, è contenuta ne Il Dialogo della Divina Provvidenza ovvero Libro della Divina Dottrina, un capolavoro della letteratura spirituale, nel suo Epistolario e nella raccolta delle Preghiere. Il suo insegnamento è dotato di una ricchezza tale che il Servo di Dio Paolo VI, nel 1970, la dichiarò Dottore della Chiesa, titolo che si aggiungeva a quello di Compatrona della città di Roma, per volere del Beato Pio IX, e di Patrona d’Italia, secondo la decisione del Venerabile Pio XII.
In una visione che mai più si cancellò dal cuore e dalla mente di Caterina, la Madonna la presentò a Gesù che le donò uno splendido anello, dicendole: “Io, tuo Creatore e Salvatore, ti sposo nella fede, che conserverai sempre pura fino a quando celebrerai con me in cielo le tue nozze eterne” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 115, Siena 1998). Quell’anello rimase visibile solo a lei. In questo episodio straordinario cogliamo il centro vitale della religiosità di Caterina e di ogni autentica spiritualità: il cristocentrismo. Cristo è per lei come lo sposo, con cui vi è un rapporto di intimità, di comunione e di fedeltà; è il bene amato sopra ogni altro bene.
Questa unione profonda con il Signore è illustrata da un altro episodio della vita di questa insigne mistica: lo scambio del cuore. Secondo Raimondo da Capua, che trasmette le confidenze ricevute da Caterina, il Signore Gesù le apparve con in mano un cuore umano rosso splendente, le aprì il petto, ve lo introdusse e disse: “Carissima figliola, come l’altro giorno presi il tuo cuore che tu mi offrivi, ecco che ora ti do il mio, e d’ora innanzi starà al posto che occupava il tuo” (ibid.). Caterina ha vissuto veramente le parole di san Paolo, “… non vivo io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Come la santa senese, ogni credente sente il bisogno di uniformarsi ai sentimenti del Cuore di Cristo per amare Dio e il prossimo come Cristo stesso ama. E noi tutti possiamo lasciarci trasformare il cuore ed imparare ad amare come Cristo, in una familiarità con Lui nutrita dalla preghiera, dalla meditazione sulla Parola di Dio e dai Sacramenti, soprattutto ricevendo frequentemente e con devozione la santa Comunione. Anche Caterina appartiene a quella schiera di santi eucaristici con cui ho voluto concludere la mia Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis (cfr n. 94). Cari fratelli e sorelle, l’Eucaristia è uno straordinario dono di amore che Dio ci rinnova continuamente per nutrire il nostro cammino di fede, rinvigorire la nostra speranza, infiammare la nostra carità, per renderci sempre più simili a Lui.
Attorno ad una personalità così forte e autentica si andò costituendo una vera e propria famiglia spirituale. Si trattava di persone affascinate dall’autorevolezza morale di questa giovane donna di elevatissimo livello di vita, e talvolta impressionate anche dai fenomeni mistici cui assistevano, come le frequenti estasi. Molti si misero al suo servizio e soprattutto considerarono un privilegio essere guidati spiritualmente da Caterina. La chiamavano “mamma”, poiché come figli spirituali da lei attingevano il nutrimento dello spirito.
Anche oggi la Chiesa riceve un grande beneficio dall’esercizio della maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero per Dio, rafforzano la fede della gente e orientano la vita cristiana verso vette sempre più elevate. “Figlio vi dico e vi chiamo – scrive Caterina rivolgendosi ad uno dei suoi figli spirituali, il certosino Giovanni Sabatini -, in quanto io vi partorisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, così come una madre partorisce il figlio” (Epistolario, Lettera n. 141: A don Giovanni de’ Sabbatini). Al frate domenicano Bartolomeo de Dominici era solita indirizzarsi con queste parole: “Dilettissimo e carissimo fratello e figliolo in Cristo dolce Gesù”.
Un altro tratto della spiritualità di Caterina è legato al dono delle lacrime. Esse esprimono una sensibilità squisita e profonda, capacità di commozione e di tenerezza. Non pochi Santi hanno avuto il dono delle lacrime, rinnovando l’emozione di Gesù stesso, che non ha trattenuto e nascosto il suo pianto dinanzi al sepolcro dell’amico Lazzaro e al dolore di Maria e di Marta, e alla vista di Gerusalemme, nei suoi ultimi giorni terreni. Secondo Caterina, le lacrime dei Santi si mescolano al Sangue di Cristo, di cui ella ha parlato con toni vibranti e con immagini simboliche molto efficaci: “Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (…). Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso” (Epistolario, Lettera n. 21: Ad uno il cui nome si tace).
Qui possiamo comprendere perché Caterina, pur consapevole delle manchevolezze umane dei sacerdoti, abbia sempre avuto una grandissima riverenza per essi: essi dispensano, attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del Sangue di Cristo. La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava “dolce Cristo in terra”, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa. Prima di morire disse: “Partendomi dal corpo io, in verità, ho consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa, la quale cosa mi è singolarissima grazia” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 363).
Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni costituiti dai piedi, dal costato e dalla bocca di Gesù. Elevandosi attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso le tre tappe di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della virtù e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio.
Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò le parole di santa Caterina che leggiamo nel Dialogo della Divina Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte: “Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! (…) O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80). Grazie”.
Secondo la tradizione, durante gli ultimi giorni della sua vita ci furono continue visite dei figli spirituali e a ciascuno di essi, dopo le comuni raccomandazioni, lei comunicava ciò che dovevano fare successivamente nella vita. La mattina della domenica dopo l’Ascensione, il 29 aprile 1380, prima dell’alba, fu notato in lei un grande mutamento, che fece pensare all’avvicinarsi della sua ultima ora. Il suo respiro diventò così fievole che fu deciso di darle l’Unzione degli infermi. Durante le sue ultime ore più volte chiamò “Sangue! Sangue!”. E infine disse: “Padre, nelle tue mani raccomando l’anima e lo spirito mio”. Spirò quella domenica 29 aprile del 1380, poco prima di mezzogiorno
Santa Caterina ha lasciato un epistolario di 381 lettere, una raccolta di 26 preghiere e il Dialogo della Divina Provvidenza. Molte delle opere di Caterina sono state dettate, anche se Caterina era capace di scrivere e scrisse alcune lettere di suo pugno. Alla morte di Caterina i suoi discepoli raccolsero le sue lettere. Il teologo Tommaso Caffarini, incaricato delle trattative per la canonizzazione di Caterina, fu autore della raccolta considerata ufficiale. Le Lettere riscossero fin da subito un enorme successo. L’editio princeps, curata da Bartolomeo Alzano, fu data alle stampe da Aldo Manuzio a Venezia nel 1500. La raccolta, comprendente 353 lettere, fu più volte ristampata nel corso del ‘500. Nell’edizione del 1860 Niccolò Tommaseo tentò di restituire alle Lettere l’ordine cronologico e le corredò di un apparato di note molto apprezzato dagli studiosi sia dal punto di vista storico che sotto il profilo linguistico-letterario. Le Orazioni di Santa Caterina furono raccolte dai suoi discepoli negli ultimi tempi della sua vita. Si tratta di un’antologia delle molte preghiere che Caterina pronunciò nel corso delle sue estasi, messe per iscritto dai suoi discepoli presenti. Furono pubblicate in appendice alle lettere nell’edizione aldina del 1500, e nelle edizioni del Dialogo, di Girolamo Gigli e di Innocenzo Taurisano. Gigli raccolse e emendò le Orazioni servendosi di un manoscritto di Tommaso Buonconti da Pisa, discepolo della santa.
Caterina dettò il Dialogo della Divina Provvidenza (noto anche come Libro della Divina Dottrina) in volgare ai suoi discepoli Neri Pagliaresi, Stefano Maconi e Barduccio Canigiani nell’autunno del 1378. L’opera fu terminata il 13 ottobre di quell’anno. Caterina considerava il Dialogo il suo testamento spirituale: il Dialogo viene oggi considerato uno dei capolavori della letteratura mistica medievale e della prosa italiana del XIV secolo. Cristofano di Gano Guidini, Stefano Maconi e Raimondo da Capua lo tradussero dal volgare in latino. L’editio princeps in italiano del Dialogo fu pubblicata a Bologna nel 1472 dal tipografo Baldassare Azzoguidi. Il Dialogo fu uno dei primi libri a stampa pubblicati in Italia, accanto ai grandi classici dell’antichità e fu ristampato molte volte negli anni successivi. Ne furono realizzate anche traduzioni in francese (la prima pubblicata a Parigi nel 1580), inglese (Londra, 1519), tedesco (Bamberga, 1761) e spagnolo (Ávila, 1925).
Caterina da Siena fu canonizzata dal papa senese Pio II nel 1461. Nel 1866 il papa Pio IX la volle annoverare fra i compatroni di Roma.
Paolo VI ha proclamato santa Caterina dottore della Chiesa il 4 ottobre 1970. Prima donna a ricevere tale titolo nella Storia della Chiesa, nell’l’omelia affermò: «Tutti voi, del resto, ricordate quanto […] sia stata affamata di giustizia e colma di viscere di misericordia nel cercare di riportare la pace in seno alle famiglie e alle città, dilaniate da rivalità e da odi atroci; quanto si sia prodigata per riconciliare la repubblica di Firenze con il Sommo Pontefice Gregorio XI, fino a esporre alla vendetta dei ribelli la propria vita. […] Noi certamente non troveremo negli scritti della Santa, cioè nelle sue Lettere, conservate in numero assai cospicuo, nel Dialogo della Divina Provvidenza ovvero Libro della Divina Dottrina e nelle «orationes», il vigore apologetico e gli ardimenti teologici che distinguono le opere dei grandi luminari della Chiesa antica, sia in Oriente che in Occidente; né possiamo pretendere dalla non colta vergine di Fontebranda le alte speculazioni, proprie della teologia sistematica, che hanno reso immortali i Dottori del medioevo scolastico. E se è vero che nei suoi scritti si riflette, e in misura sorprendente, la teologia dell’Angelico Dottore, essa vi compare però spoglia di ogni rivestimento scientifico. Ciò invece che più colpisce nella Santa è la sapienza infusa, cioè la lucida, profonda e inebriante assimilazione delle verità divine e dei misteri della fede, contenuti nei Libri Sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento: una assimilazione, favorita, sì, da doti naturali singolarissime, ma evidentemente prodigiosa, dovuta a un carisma di sapienza dello Spirito Santo, un carisma mistico.».n




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