Vaticano – Papa – La Chiesa ha quattro nuovi Venerabili Servi di Dio

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Vaticano – La Chiesa ha quattro nuovi Venerabili Servi di Dio. Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti il riconoscimento delle virtù eroiche dei Servi di Dio Pietro Di Vitale, Giorgio La Pira, Alessia González-Barros y González e Carlo Acutis, che così diventano Venerabili. Tutti e quattro laici. Gli ultimi due sono morti giovanissimi: a soli 14 e 15 anni. Pietro Di Vitale a 23 anni.
Cerchiamo di ricostruirne una breve storia.

Giorgio La Pira noto come “il sindaco santo” nasce a Pozzallo, in Sicilia, il 9 gennaio del 1904 ma la sua attività si svolge prevalentemente a Firenze dove fu sindaco dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965. Fondamentale per lui era portare “il pane e la grazia” alla gente, cioè rispondere alla domanda sulla fede e anche ai bisogni materiali, come la casa e il lavoro, fronte sul quale si impegnò moltissimo. La Pira fu anche professore universitario, studioso, deputato per la Democrazia Cristiana, uomo politico e di fede e preghiera, un vero costruttore di pace. Nel 1951 intervenne presso Stalin per la pace in Corea e ancora nel 1964 andò negli Stati Uniti per la legge sui diritti civili delle minoranze etniche, nel 1965 è ad Hanoi per incontrare Ho Ci Min, per la pace nel Vietnam. A colpire tutti il suo amore per i poveri e la sua umiltà: La Pira, in contatto con i principali leader mondiali del suo tempo, dormiva su un lettino di ferro, in una semplice cella, nel monastero dei domenicani a San Marco. La Pira muore a Firenze il 5 novembre 1977.
Giorgio la Pira si forma spiritualmente nell’Azione Cattolica Italiana; di ferrea formazione domenicana è importante anche il legame con la spiritualità francescana, come testimoniano le sue molteplici visite a La Verna, Assisi, ove ebbe frequentazione e rapporti epistolari con il presidente degli studi francescani Arnaldo Fortini e di conseguenza la devozione a santi francescani, quali Camilla da Varano, ossia la beata Battista. La spiritualità lapiriana è incentrata sulla visione profetica della storia (Mutuata dal profeta Isaia) e del tempo presente in cui continua l’azione di Dio. Partendo dalla attualità della Resurrezione, descritta come “Lievito trasformatore […] della realtà cosmica e storica”, La Pira pone la figura di Cristo, vivente, come riconciliatore dell’uomo con Dio: attraverso l’incarnazione, ogni problema umano è visitato, nobilitato, riscattato, non solo una volta per tutte, ma continuamente nel corso della storia. A Cristo, sostiene La Pira, deve assimilarsi attraverso la grazia, come dice san Paolo, ogni fedele, nella sua vita attiva e interiore.[12]. La Pira considera imperante la dimensione contemplativa nella vita interiore, di cui, considerato il suo impegno prevalentemente pubblico, sente la mancanza. Non ne dimentica invece l’importanza, come attestano le lettere al Carmelo (vedi nelle opere) in cui continuamente chiede che l’impegno politico sia accompagnato dall’impegno spirituale. La profonda azione sociale è, infatti, fondata sul comandamento dell’amore, inteso come la realizzazione del Corpo mistico della Chiesa nella storia dell’umanità.

Carlo Acutis si spense a soli 15 anni. Quella di questo ragazzo è una di quelle storie che colpiscono profondamente per la morte prematura e per la limpidezza della sua anima. Carlo nasce il 3 maggio 1991 a Londra, dove la famiglia si trovava per lavoro. Poi, a Milano, inizia ad avere un rapporto sempre più forte con la fede fin dalle elementari. Patito del “web”, ne fa un mezzo di evangelizzazione. A testimoniarlo la mostra virtuale da lui realizzata a soli 14 anni sui miracoli eucaristici. Centrale per lui l’Eucaristia, sua “autostrada per il cielo”, il rosario, l’amore per gli altri. Un ragazzo che vive come tutti ma da innamorato di Cristo finché non arriva una leucemia fulminante che mette fine alla sua vita il 12 ottobre 2006 a Monza.
Per citare le stesse parole di Carlo: “La nostra meta deve essere l’infinito, non il finito. L’Infinito è la nostra Patria. Da sempre siamo attesi in Cielo”. Sua è la frase: “Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie”. Per orientarsi verso questa Meta e non “morire come fotocopie” Carlo diceva che la nostra Bussola deve essere la Parola di Dio, con cui dobbiamo confrontarci costantemente. Ma per una Meta così alta servono Mezzi specialissimi: i Sacramenti e la preghiera. In particolare Carlo metteva al centro della propria vita il Sacramento dell’Eucaristia che chiamava “la mia autostrada per il Cielo”.

Anche Alessia González-Barros y González, spagnola, muore giovanissima, a soli 14 anni, stroncata da un tumore maligno, dopo molte operazioni. Nata a Madrid il 7 marzo 1971, Alexia offre la sua sofferenza per la Chiesa, per il Papa e per gli altri. Muore a Pamplona il 5 dicembre 1985.

La vita terrena di Pietro Di Vitale ha fine a 23 anni, per una dolorosa malattia allo stomaco, che lo consuma lentamente fin dagli anni del liceo. Nasce il 14 dicembre 1916 a Castronovo di Sicilia, dove muore il 29 gennaio del 1940. Trascorre la sua vita tra il suo paese d’origine e il Seminario arcivescovile di Palermo. E’ iscritto all’Azione Cattolica e membro del Terz’Ordine francescano. Forte la sua devozione verso il Santissimo Sacramento e la Madonna. Molto dedito agli studi, non dimenticava le opere di carità e l’amore per il prossimo.
Entrò nella scuola elementare, sostenuto da una particolare intelligenza, nell’anno scolastico 1922-23.
Di profonda buona indole sin dall’infanzia in quegli anni fece il chierichetto alla Chiesa Madre della Santissima Trinità con uno zelo che era presago della sua vocazione sacerdotale (uno zio ed una zia materni erano entrati in convento).
A causa della disagiata situazione economica della sua famiglia nel 1926 dovette interrompere la frequenza della scuola, ma in campagna dove badava alle mucche portava con sé i libri su cui studiava.
L’ambiente castronovese, oltre al clima familiare, con la presenza dei cappuccini fu di ulteriore stimolo alla maturazione spirituale del servo di Dio: nella sua breve esistenza ebbe contatti tra gli altri con fra Vitale Lino (1868-1960) morto in fama di santità.
Nel 1930 Pietro Di Vitale manifestò alla zia suora il proprio desiderio di aderire alla vita religiosa, e con il di lei sostegno e l’aiuto economico di amici per pagare la retta del seminario vi entrò l’anno successivo, dopo che l’arciprete di Castronovo Antonino Pace lo aiutò a completare gli studi elementari e lo avviò per quelli seminarili.
In quel periodo si iscrisse all’Azione cattolica castronovese (che frequentò nei suoi ritorni in paese suscitando apprezzamento) e divenne pure terziario francescano.
Entrato in seminario (l’8 dicembre 1931 aveva vestito nella rituale cerimonia la veste talare) ottenne per concorso una borsa di studio: costante obiettivo fu l’adeguamento della sua persona al progetto di santificazione che Dio ha in serbo per ogni uomo, perseguito con semplicità e vigore.
Sempre zelante nella sua condotta ed ottimo conoscitore del latino ottenne, con altri seminaristi, in premio la possibilità di recarsi a Roma nell’Anno santo straordinario del 1933.
Fu dedito allo studio, nel suo diario personale scriveva: «Il Signore mi ha dato una intelligenza aperta e una volontà energica, un giorno di questi doni dovrò rendergli strettissimo conto; perciò bisogna che ne faccia buon uso col farmi santo e dotto per la sua gloria».
Ben presto divenne oggetto dell’ammirazione dei superiori e del rispetto degli altri compagni.
Verso la fine del 1933 passò dal seminario minore a quello maggiore.
Di ritorno per le non molto lunghe vacanze si prestava a Castronovo ad opere di carità per i più bisognosi e di sensibilizzazione del prossimo ai valori della fede con particolare predilezione per i fanciulli in uno spirito di letizia francescana durato anche quando la malattia non gli permise più di allontanarsi da casa.
Ebbe una intensa devozione verso il Santissimo Sacramento e la Madonna: si tramanda che durante le sue estasi di preghiera nella sacrestia della Matrice di Castronovo si sollevasse da terra.
Nel 1934 si presentarono sintomi di malattia allo stomaco, che lo condurrà alla morte, e che lo costrinse nel tempo a ritornare diverse volte a casa per soggiorni di riposo più protratti.
Nel ’37 il servo di Dio Pietro Di Vitale ebbe temporaneamente, tramite Padre Giuseppe Germanà, un guanto di san Pio da Pietrelcina, a cui era stata rivolta richiesta di intercessione in favore del suo recupero.
In questi anni al seminario venne preposto in infermeria come aiutante al fine di esentarlo da tutti gli obblighi cui, a causa della malattia, era impedito di attendere.
Molto debilitato finì per fare definitivo ritorno a Castronovo, recandosi a Palermo qualche volta per delle visite mediche.
Morì nella propria abitazione il 29 gennaio 1940, le sue ultime parole, rivolto alla madre, furono: «Mamma, viva Gesù e Maria!».
Il giorno seguente il suo corpo non manifestava i segni del rigor mortis, ed i medici verificarono, ma invano, di un possibile caso di apparente decesso.
L’omaggio alla salma della gente castronovese fu così grande che questa fu trasportata nella chiesa di san Sebastiano.
Le esequie furono celebrate il 30 nella chiesa di san Francesco d’Assisi, per l’indisponibilità della matrice, alla presenza di molte delegazioni (tra cui quella del seminario).
Si racconta che quel giorno ed in quella circostanza fossero caduti petali dal cielo.
Le spoglie vennero deposte in un loculo offerto dall’Opera castronovese dopolavoro tra quelli del gruppo riservato ai propri iscritti.
Il resti mortali del servo di Dio furono riesumati il 9 maggio 1986 e traslati il 14 dicembre nella Chiesa Madre della Santissima Trinità (dopo un passaggio nella sepoltura gentilizia dei Tramontana).
La causa di beatificazione di Pietro Di Vitale è stata aperta il 6 marzo 1987: nel 1997 si è chiuso il processo diocesano col passaggio alla seconda fase in Vaticano alla Congregazione per le cause dei santi.




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