Il Titanic e la teoria dell’effetto ottico

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Titanic – Quel freddo giorno di aprile resterà per sempre una delle giornate più nere nel mondo della navigazione di cui il Titanic ed un iceberg furono, loro malgrado protagonisti.
Costato 7 milioni e mezzo di dollari del 1912, il gigantesco secondo parto della serie “olympic” raggiungeva la velocità – impressionante per quella stazza – di circa 23 nodi. Lungo quasi 270 metri, aveva un timone che da solo pesava “più della Santa Maria”, una delle tre mitiche caravelle di Cristoforo Colombo dirette verso il Nuovo Mondo. Il costo del biglietto – diviso in tre classi – andava dai 3100 dollari ai 32 dollari, e cioè dai 217 milioni di lire attuali ai due milioni e mezzo. La partenza vera e propria, in occasione del viaggio inaugurale, avvenne a mezzogiorno del 10 aprile 1912, dal porto di Southampton. La grande nave uscì dal molo grazie all’intervento di sei rimorchiatori, ma già durante questa manovra rischiò di collidere con la nave di linea “New York”. La disposizione dei passeggeri del Titanic seguiva un ordine alquanto rigoroso per tre classi. In un certo senso la nave assurse ad una sorta di microcosmo nel quale le divisioni di classe della società venivano riprodotte fedelmente.
Ai piani più alti, naturalmente, stava la prima classe. Saloni da ballo, ristoranti, sala fumatori, orchestra e veri appartamenti facevano da stridente contrasto con le piccole camere della seconda classe e le cuccette della terza. In terza classe c’erano moltissimi emigranti di tutte le nazionalità, ma soprattutto irlandesi: qualche borsa e molta speranza nelle possibilità del Nuovo Mondo: questo era tutto ciò che avevano. Nel gruppo della prima classe si trovavano i più facoltosi membri della nobiltà e della borghesia.
l giorno della tragedia, un’incredibile concatenazione di eventi impedì di avvistare in tempo l’iceberg assassino. Il 14 aprile, infatti, era una notte incredibilmente limpida, ma senza il minimo alito di vento. In più la mancanza totale della luna rivelava un magnifico cielo stellato, ma che sarebbe stato fatale. Per finire, l’aprile del 1912 fu caratterizzato da una primavera alquanto precoce. Da anni non si registrava in quella zona delle temperature così alte, cosa che portò ad una proliferazione considerevole di iceberg.


Alle 13.42 del 14 aprile, il comandante Smith ricevette un messaggio telegrafico importantissimo: il Baltic avvisava della presenza di enormi banchi di ghiaccio sulla rotta. Questo messaggio è uno dei grandi misteri del Titanic: Smith lo mostrò a Ismay, che lo tenne in tasca per ben cinque ore, senza che nessuno dei due si sentisse in obbligo di avvertire il resto dell’equipaggio. Dopo quel messaggio, il Titanic ricevette almeno altri cinque avvertimenti nel corso della fatidica giornata del 14 aprile. Un altro elemento inquietante sarebbe quello che uno dei due avvistatori, tale Fleet, aveva comunicato per ben tre volte nell’arco di mezz’ora la presenza dell’iceberg, ma senza ottenere ascolto dagli ufficiali di turno Murdoch e Moody. La testimonianza di Fleet pare non sia mai emersa durante i processi che seguirono al disastro. Fleet , uno dei pochi sopravvissuti, avrebbe – si dice – ottenuto un congruo contributo dalla White Star affinché tacesse. L’uomo condusse una vita infelice fino al 1965 quando – all’età di 77 anni – si suicidò in occasione del trentennale del proprio addio al mare (aveva lavorato, in seguito al disastro, sull’Olympic). Il primo avvertimento giunse al Titanic dalla nave Caronia, di proprietà della Cunard.
“Al capitano, Titanic – recita il verbale della trasmissione – navi dirette a ovest riferiscono presenza ghiacci; piccoli iceberg e banchi di ghiaccio a 42° nord da 49° a 51° ovest, 12 aprile. saluti – Barr”. Il messaggio, risalente a due giorni prima, fu recapitato dal Titanic solo due giorni dopo, in piena zona di mare pericolosa. Il secondo avvertimento, il più importante, arrivò ad opera del Baltic, alle 13.42 dello stesso giorno 14: “Al capitano Smith, Titanic – questo il testo – Avuti venti moderati, variabili, tempo bello e scoperto dalla partenza. Motonave greca Athinai riferisce passaggio iceberg e grandi quantità banchi di ghiaccio oggi a 41° 51’ lat. N e 49° 52’ long. O. Auguri a lei e al Titanic – il comandante”.

IL MESSAGGIO
Questo messaggio rimase incredibilmente in mano di Ismay fino alle 19.15, poche ore prima del disastro. Alle 19.30 un altro messaggio arrivò al Titanic: la Californian comunicava all’Antillian la presenza di tre grossi iceberg a cinque miglia a sud della nave (posizionata a 42° 3’ lat N, e 49° 9’ long. O). Alle 21.40, ora in cui il comandante Smith si ritirò nel suo alloggio, la Mesaba comunicava al Titanic un avvertimento specifico: “Da Mesaba a Titanic e a tutte le navi dirette a est. Presenza di ghiacci alla latitudine di 42° N a 41° 25’ N, long. 49° a 50° 30’ O. Avvistati grossi pack di ghiaccio e vari iceberg. Anche banchi di ghiaccio. tempo buono, scoperto.” L’area era precisamente quella dove il Titanic navigava. “Da Mesaba a Titanic e a tutte le navi dirette a est. Presenza di ghiacci alla latitudine di 42° N a 41° 25’ N, long. 49° a 50° 30’ O.”
Non si sa se questo importantissimo messaggio arrivò al comandante Smith, quello che è certo è che la nave non diminuì di un nodo la propria velocità sostenuta.
Il sesto avvertimento avvenne alle 22.30 dalla Rappahannock, una nave da carico britannica che passava poche miglia più a nord e si dirigeva ad est. danneggiata dal ghiaccio nel timone avvertiva il Titanic del pericolo. il Titanic rispondeva così: “Messaggio ricevuto. Grazie. Buona notte.” Venticinque minuti più tardi il Californian comunicava direttamente al Titanic: “Bloccati e circondati dal ghiaccio…”, ma venne interrotto prima di poter chiarire la propria posizione.
Secondo le due vedette – il già citato Frederick Fleet e Reg Lee – verso le 23.30, e cioè solo dieci minuti prima dell’impatto con l’iceberg, una leggera nebbia si alzò davanti alla nave. Da quella foschia sarebbe apparsa improvvisamente la morte, nella forma di “una massa nera, leggermente più alta della sommità del castello di prua.” All’avvertimento di Fleet, il timoniere Robert Hitchens, 30 anni, al timone dalle ore 22.00 girò la ruota al massimo, tentando una virata a sud di 40°. Il tentativo era quello di passare improvvisamente a sinistra dell’iceberg, sfiorandolo con il fianco destro della nave.


Per ordine del comandante i motori che viaggiavano a pieno ritmo furono prima interrotti, per poi fare – con eguale potenza, tutta “macchina indietro”. Il risultato fu una sorta di frenata in curva. Dall’avvertimento all’impatto ci furono solo 450 metri, una misura irrisoria soprattutto in campo marittimo. Durante le prove il Titanic dimostrò di saper arrestarsi in 780 metri, quando procedeva alla velocità di 20 nodi. Quello che avvertirono i passeggeri al momento dell’impatto dipese dal luogo dove si trovarono. Molti dissero che sembrava “una catena fatta scorrere sul verricello”, altri ebbero l’impressione che si fosse realizzato uno “scontro con un’altra nave”, altri ancora parlarono di uno “stridente suono metallico”, altri di “un rumore sordo” o “un boato simile a un tuono”.
Molti pensarono che si fosse staccata una parte di elica, eventualità che accadeva abbastanza spesso durante i viaggi del tempo. Quel che appariva certo era che il Titanic (alle fatidiche coordinate 41° 46’ lat. N e 50° 14’ long. O) si era schiantato irrimediabilmente contro una montagna di ghiaccio. Per cinque minuti dopo l’impatto la nave arretrò . Venti minuti dopo, il comandante E.J. Smith aveva la piena convinzione che il Titanic era perduto. Cinque compartimenti stagni della nave si erano allagati in pochissimo tempo. Se se ne fossero allagati quattro la nave avrebbe potuto tentare di proseguire verso la salvezza. Alle ore 00.05 di lunedì 15 aprile il pavimento del campo di squash sul ponte F era allagato fino a 10 metri al di sopra della chiglia. L’acqua gelida del Nord Atlantico che entrava nella sala caldaie (dove logicamente la temperatura era altissima) provocava esplosioni a catena. L’appello del Titanic venne captato da sedici navi, ma la più vicina – la Carpathia — era a non meno di quattro ore di distanza, anche ricorrendo alla massima velocità. Il Titanic sarebbe affondato in meno di due ore. Sul Titanic, per quanto possa sembrare incredibile, non esistevano altoparlanti; la notizia del disastro fu comunicata ai passeggeri quindi dai camerieri e dall’equipaggio. Per calmare la gente, l’orchestra del Titanic – composta di otto membri e diretta da Wallace Hartley, di Colne, Lancashire – cominciò a suonare un ragtime nel salone della prima classe, poco dopo la mezzanotte. Tutti gli orchestrali non avrebbe smesso di suonare fino al completo affondamento della nave, pienamente consci di essere sul punto di morte. Alle 00.25 il comandante Smith diede l’ordine di preparare le scialuppe e di far salire per primi le donne e i bambini. Alle scialuppe è legato uno dei fatti più incredibili e tragici della leggenda del Titanic: al tempo non era obbligatorio che le navi avesse un numero di scialuppe tale da poter accogliere tutti i passeggeri. Il lussuoso Titanic in origine le aveva, ma per una ragione estetica e di spazio sui ponti si preferì portarne di meno.

LA PRESUNTA INAFFONDABILITA’


Solo metà dei passeggeri, in caso di pericolo, avrebbe potuto salvarsi, una considerazione, questa, che non preoccupò gli uomini della White Star Line, convinti dell’inaffondabilità del Titanic. Questo aspetto, legato al fatto che – in conseguenza del panico – molte scialuppe vennero calate con pochissime persone a bordo, causò un numero di vittime maggiore di quello preventivato. Dal disastro del Titanic si sarebbero salvate solo 700 persone su 1500. Di coloro che finirono nel gelido mare (la temperatura intorno alla nave era di -2° C, letale per qualsiasi essere umano che vi rimanesse anche per pochi minuti), solo sei persone vennero ripescate. Delle scialuppe che si allontanarono velocemente dalla nave che affondava, per paura di essere risucchiate, solo una tornò sul luogo per accertarsi che ci fossero sopravvissuti.
Su una di quelle scialuppe, nascosto come un ladro, c’era nientemeno che J. Bruce Ismay, che era riuscito a farsi strada a spintoni tra i pochi uomini che poterono salvarsi per ultimi. L’orgoglioso realizzatore del Titanic, colui che spingeva Smith affinché la nave andasse a pieno ritmo per dimostrare la propria potenza, giaceva infreddolito in mezzo al mare osservando all’orizzonte il suo gioiello affondare nel silenzio. La dinamica dell’affondamento del Titanic fu impressionante. Avendo scontrato l’iceberg nella parte anteriore destra e poi lungo buona parte del fianco, il Titanic cominciò ad imbarcare acqua a prua. La nave si inclinò quindi in avanti, sollevando in modo impressionante la poppa. Le cronache narrano di una scena apocalittica: centinaia di persone cercavano di evitare la fine “scalando” la coperta della nave diretti verso la poppa che si alzava sempre più. Arrivata ad una certa inclinazione il Titanic – come se fosse un grissino – si spezzò nell’esatta metà. e la parte posteriore ricadde orizzontalmente sullo specchio d’acqua. In pochi secondi la parte di poppa tornò ad alzarsi verticalmente, per poi affondare come se fosse un palo a velocità impressionante. Alle ore 2.30 del 15 aprile 1912 il Titanic, martoriato, giaceva in silenzio sul fondo dell’Oceano Atlantico. Dei 711 superstiti, 203 erano di prima classe, 118 di seconda e 178 di terza; a ciò si aggiungano 212 membri dell’equipaggio. Sopravvissero il 33% degli uomini e il 97% delle donne di prima classe, l’8% degli uomini e l’86% delle donne di seconda classe, il 16% degli uomini e il 46% delle donne di terza classe. Il Carpathia arrivò sul luogo del disastro quattro ore dopo l’impatto tra l’iceberg e il Titanic. Comandante della nave della rivale della White Star Line, la Cunard, era Arthur Henry Rostron, che sarebbe passato alla storia come uno degli incontrastati eroi della vicenda. Il suo atteggiamento fu indubbiamente deciso e la sua capacità di comando fu improntata alla massima efficienza. Il Carpathia comparve all’alba del 15 aprile 1912, fortunatamente semivuota poiché stava compiendo il viaggio di ritorno dal Nuovo Mondo. Diretta verso lo stretto di Gibilterra fece marcia indietro e si diresse a tutta velocità verso il luogo del naufragio.

IL TRAGICO FINALE
Erano le 00.25. L’ultimo messaggio inviato dal Titanic al Carpathia avvenne alle ore 1.55 del mattino e fu “Sala macchine piena fino alle caldaie”. Rostron ordinò di limitare le luci e riscaldamento all’interno della nave, poiché tutta l’energia sarebbe servita ad aumentare la velocità. nel frattempo fece sgomberare il ponte della nave, liberando anche il minimo spazio ingombrato da oggetti superflui. Venne preparata una sala per i medici a bordo, nonché coperte e cibo caldo. La scena che si presentò al Carpathia quella maledetta alba del 15 aprile fu indimenticabile: le minuscole scialuppe sopravvissute galleggiavano silenziose in un’area estesissima, dove dominavano almeno due dozzine di enormi iceberg alti più di 60 metri. Come scrisse Rostron, “non galleggiava in superficie nemmeno un frammento del relitto, forse un paio di sedie a sdraio, qualche cintura di salvataggio, molto sughero ma niente di più di quei resti che spesso vengono trascinati sulla spiaggia dalla marea. La nave era affondata trascinando tutto con sé. Ho visto un solo cadavere in acqua, nessuno era riuscito a sopravvivere in quel mare gelido.”
L’ultimo resto del Titanic, il canotto A, venne avvistato e raccolto da una nave della White Star il 13 maggio: vi erano a bordo tre cadaveri che vennero sepolti in mare dopo un’orazione funebre. Per anni, fino al 1985 quando una spedizione franco-americana avvistò i resti del Titanic, si favoleggiò delle immense ricchezze che sarebbero rimaste nelle casseforti della grande nave. Le ricerche stabilirono che nulla era rimasto, e che forse non aveva poi molto senso continuare a violare un luogo legato alla tragedia di tanti innocenti. Da decenni ormai il Titanic giace, finalmente in pace, sul fondo dell’Oceano Atlantico. Libero dalla cupidigia degli uomini, può oggi riposare nel suo scheletro spezzato il lontano ricordo di quella possanza che lo fece apparire invincibile quella mattina di aprile del 1912, nel porto di Belfast. In fondo al mare, nell’assordante silenzio che regna tra i lussuosi saloni da ballo della prima classe, risuona solo il canto funebre di una delle più grandi sconfitte tecnologiche dell’uomo.


In questi anni però sono state fatte nuove teorie sull’affondamento del Titani ed una è di questi giorni.
Al largo delle coste del Regno Unito sono state avvistate delle curiose navi galleggianti che potrebbero aiutare a svelare il mistero dell’affondamento del Titanic secondo alcuni esperti. Lo storico Tim Maltin, infatti, crede che sia stato questo fenomeno ottico, denominato di “Fata Morgana”, a far vedere troppo tardi alle vedette del Titanic l’enorme iceberg che ha affondato la leggendaria nave. Infatti oltre a far scorgere delle “navi galleggianti” questo effetto può distorcere e oscurare oggetti all’orizzonte. Questo miraggio si presenta quando l’aria fredda vicina alla superficie del mare si trova sotto una coltre di aria più calda creando una rifrazione anomala dove la luce si piega verso il basso.
Tim Maltin, intervistato dal Sun, ha spiegato come questo fenomeno possa aver provocato l’affondamento del Titanic: “La leggendaria nave è affondata nelle gelide acque della corrente del Labrador nel nord Atlantico, circondato da dozzine di grandi iceberg. Ma al di sopra della cima degli iceberg, l’aria molto più calda si è diffusa dalle vicine acque più calde della corrente del Golfo, intrappolando l’aria fredda al di sotto di essa. Questo ha creato le stesse condizioni di inversione termica sul luogo dello schianto del Titanic. Diverse navi che sono passate attraverso l’area in cui il Titanic è affondato hanno registrato rifrazioni anomale e miraggi all’orizzonte. Anche la notte della tragedia l’acqua era calma e limpida ma le vedette notarono la striscia di miraggio che appariva come una fascia di foschia che si estendeva tutt’intorno all’orizzonte. Il Titanic non ha rallentato perchè il tempo era così sereno che il suo capitano si aspettava di vedere il ghiaccio in tempo per evitarlo”.
Sono tante le leggende, le voci e le ipotesi che gravitano intorno alla tragedia dell’affondamento del Titanic. Dopo il fatale 15 aprile 1912 fu un fiorire di aneddoti che miravano a sostenere la teoria che il Titanic fosse in qualche modo predestinato.
1) Il numero dello scafo del Titanic era 390904. Scrivendo a mano un quattro aperto e i nove senza la curva della stanghetta e mettendo il foglio di fronte ad uno specchio il numero si trasformerebbe nella frase “No Pope”, e cioè “niente Papa”. Un segno di malaugurio, sicuramente, per gli operai del cantiere di Belfast, in grande maggioranza cattolici, che non mancarono di lamentarsene con i dirigenti, e che continuarono i lavori solo dopo aver ricevuto assicurazione che si trattava di una coincidenza;
2) Una poetessa americana , il cui nome era celia Thaxter, nel 1874 scrisse un inno funebre su una nave che collideva con un iceberg;
3) Il giornalista e spiritualista britannico W.T. Stead ( e che morì a bordo del Titanic)scrisse ben due racconti a proposito di disastri sul mare – aggravati dall’assenza di scialuppe (uno dei motivi della tragedia del Titanic!) – uno dei quali accennava anche alla presenza di un iceberg;
4) Il racconto intitolato “Futility” a firma del mistico Morgan Robertson e pubblicato nel 1898 nel quale l’autore avanzava il problema della minaccia degli iceberg per le imbarcazioni che transitavano nel Nord Atlantico.n




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