Vaticano – Papa – Conferenza globale su fede e sport

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Si è aperta ieri la conferenza globale su fede e sport che vedrà, in Vaticano, per tre giorni (dal 5 al 7 Ottobre) riunirsi atleti e rappresentati di fede per parlare e testimoniare i principi su cui dovrebbe basarsi lo sport e su cui, in un modo profondo, può innestarsi l’esperienza di fede di ogni singolo sportivo, qualsiasi essa sia. La conferenza è intitolata «Sport at the Service of Humanity», lo sport al servizio dell’umanità, e la cerimonia di apertura si è tenuta nell’aula Paolo VI. Per testimoniare al mondo che lo sport è luogo di incontro, di dialogo, di pace, al di là della competizione e del consueto agonismo. Viene in mente il selfie alle olimpiadi scattato da due atlete appartenenti a paesi in guerra tra loro, la Corea del Nord e quella del Sud: andando oltre i motivi propagandistici che qualcuno ha prospettato come retroscena dell’immagine, resta tuttavia il simbolo di quello che è possibile fare in termini di unione attraverso lo sport. Vero è che il rischio di un’inutile e parassita retorica è sempre dietro l’angolo, ma quando due atlete si supportano a vicenda, come è capitato durante una gara a Nikki Hamblin (Nuova Zelanda) e Abbey D’Agostino (Stati Uniti), è in quei momenti che si comprende come non si possa rinunciare a perseguire la pace anche attraverso quello che di bello può testimoniare lo sport.

Papa Francesco, che ha aperto la prima delle tre giornate, con Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, partecipa insieme al primate anglicano Justin Welby, con il quale, per l’occasione, alle ore 18 di ieri, nella Chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al Celio, ha ricordato il 50.mo anniversario dell’incontro tra il beato Paolo VI e Michael Ramsey, arcivescovo di Canterbury. Il Santo Padre ha presieduto i Vespri, con la partecipazione del nuovo primate, mostrando ancora una volta la simpatia che intercorre tra la confessione cattolica e quella anglicana. Tornando alla conferenza, che nella prima giornata ha visto alcuni momenti emozionanti, ci sono anche rappresentanti dei patriarcati ortodossi di Costantinopoli e di Mosca, ed esponenti religiosi dell’Ebraismo e dell’Islam, segno ulteriore di quel percorso che, pur se non privo di contraddizioni e cadute, le religioni mondiali stanno ormai perseguendo da tempo sulla via di una coesistenza pacifica che non può che fare il bene dell’umanità. Non mancano poi istituzioni sportive, come il Cio, Comitato olimpico internazionale, nella figura del suo presidente, Thomas Bach.

Tra gli sportivi (olimpici, ma anche paralimpici, in attività o ritirati), figurano calciatori come Alessandro Del Piero e Damiano Tommasi; Daniele Garozzo, medaglia d’oro nella scherma a Rio; Andrea Lucchetta, campione di volley, Igor Cassina, asso degli anelli; Valentina Vezzali, fioretto; Daniele Lupo, che, sempre a Rio, ha vinto l’argento nel beach volley; Yael Arad, judoka israeliana; Kirsty Coventry, nuotatrice dello Zimbabwe: Bebe Vio, medaglia d’oro a Rio nella scherma paralimpica; Giusy Versace, altra atleta delle paralimpiadi; Paolo Lokoro, che ha partecipato a Rio con la squadra dei rifugiati. Quest’ultimo, che proviene dal Sudan, ha spiegato: «Sono scappato a causa della guerra. Il mio Paese ha bisogno di pace. È la pace che ci fa stare a casa. Il mondo ha bisogno di pace». Perché – come più volte ha sostenuto il Papa – quella delle migrazioni forzate è ormai un’emergenza globale, che non può essere più trascurata. E la pace non si può costruire se non si tiene conto anche di questa drammatica e attuale realtà: pure lo sport sembra averne preso atto.

La cerimonia di apertura della conferenza è stata trasmessa su Rai1 e su Sky ed è stata condotta da Lorena Bianchetti. Nel corso del pomeriggio si sono esibiti anche il pianista Lang Lang e la soprano Carmen Giannattasio, mentre gli atleti hanno condotto davanti al Papa le lampade di Assisi, ricordo e segno dell’incontro interreligioso che si è svolto da poco, insieme ad alcuni “strumenti di lavoro”, come li ha chiamati la Bianchetti, cioè gli elementi che caratterizzano le diverse discipline sportive, dalla cuffia per la piscina al pallone. Fede e sport uniti dunque anche simbolicamente nel cammino di ricerca della pace. L’iniziativa – che è stata evidentemente apprezzata globalmente – è stata organizzata dal cardinale Gianfranco Ravasi, per il Pontificio Consiglio della Cultura, con il supporto del Cio e dell’Onu e il sostegno di Allianz, il cui CEO, parlando davanti al Papa, ha ricordato che per lui il 5 Ottobre è anche un giorno speciale perché ha incontrato sua moglie per la prima volta proprio in questo stesso giorno e durante un evento sportivo, spiegando inoltre che Allianz «lavora in 70 paesi ed è sempre stata a sostegno dello sport».

Sono stati sei i principi su cui dovrà basarsi tutta la conferenza e sono stati letti e commentati in inglese da sei sportivi, tra cui Alessandro del Piero e Bebee Vio (scelta azzeccata la sua per simboleggiare il principio enunciato: la gioia). Questi principi sono compassione, rispetto, amore, ispirazione, equilibrio e gioia, che trovano nello sport un terreno ideale se ripulito da quelle incrostazioni e miserie umane che rendono lo sport un luogo in cui è facile esprimere anche il peggio di se stessi. Come notiamo qualche domenica sui campi di calcio o come abbiamo visto in talune occasioni durante le stesse Olimpiadi, è anche possibile, infatti, che gli eventi sportivi siano cupe esibizioni di disvalori, come il mancato rispetto dell’altro, una rabbia eccessiva, un favoritismo inopportuno. Questo tuttavia non inficia l’idea stessa di sport come incontro tra esseri umani. Nel suo intervento, il primate anglicano Welby ha infatti parlato dello sport come luogo in cui si celebra l’umanità senza differenze di razza, religione, cultura. Aggiungendo poi che molti sono privati dello sport per motivi vari, rinunciando purtroppo ai benefici che ne derivano. «Lo sport ha la capacità di unire; abbiamo tutti la responsabilità di condividere i valori positivi» del mondo sportivo, ha ricordato il primate. A lui ha fatto eco il presidente del Cio dicendo che «Lo sport è un arricchimento per la società e per l’intera umanità». Ovviamente a patto di preservare almeno quei sei principi su cui si è basata la cerimonia di apertura e su cui si baseranno gli altri incontri.

Il tema della conferenza, tuttavia, non deve essere visto come limitato unicamente a questa. Durante la conferenza stampa di presentazione, monsignor Melchor Sanchez de Toca y Alameda, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura, ha spiegato che non si tratterà di un evento isolato, auspicando anche che si dia vita ad esperienze simili presso i luoghi di culto di altre religioni. Sempre durante la presentazione, il cardinale Ravasi ha poi detto che lo sport è «manifestazione di creatività, fantasia e potenzialità. Questa nobile attività può degenerare attraverso ben noti elementi devastanti. Ma lo sport, dalle sue origini fino al giorno d’oggi, è parte della paideia, quel processo di crescita ed evoluzione». Secondo il cardinale, l’intento degli organizzatori della conferenza è di «intervenire anche sullo sport professionale, che raggiunge alti livelli ma ha anche limiti e difetti» perché i professionisti «siano consapevoli che» nei riguardi di dilettanti e giovani «sono simboli, a volte idoli, ed hanno dunque una funzione pedagogica importante». Lo sport, dunque, come locus nel quale trasmettere e fare esperienza di principi significativi per la crescita non solo fisica, ma anche umana: per questo motivo è necessario pensare ad un evento che continui nel tempo e che produca frutti duraturi. Siamo portati spesso a pensare che la pace passi soltanto attraverso incontri religiosi o tra credenti e non credenti, attività caritative, promozione umana. Dimenticando che anche ambiti come lo sport possono essere ottime palestre di convivenza pacifica. Può servire, dunque, una “tre giorni” che rinfreschi la nostra labile memoria.

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