13 MARZO 2013: ECCO PAPA FRANCESCO

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Papa – Il 13 Marzo 2013 il conclave viene eletto Papa, al quinto scrutinio, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio con il nome di Francesco. La fumata bianca è alle 19.06, seguita dal rintocco delle campane.
Il cardinale Bergoglio era considerato uno dei candidati più in vista già per l’elezione a pontefice nel conclave del 2005 secondo la ricostruzione del conclave operata dal vaticanista Lucio Brunelli sulla base del supposto diario di un cardinale elettore, Bergoglio sarebbe stato il cardinale più votato dopo Ratzinger.[ Pur se tradizionalmente il presule aveva sempre rifiutato incarichi di un certo peso nella curia romana, anche i cardinali che votarono per Carlo Maria Martini puntavano sul porporato argentino, che poteva contare sui voti di quasi tutti i cardinali provenienti dall’America Latina.
Al secondo scrutinio i voti per Ratzinger aumentarono rispetto al primo, ma anche Bergoglio ottenne un numero di preferenze non trascurabile: i sostenitori di Bergoglio miravano a fargli ottenere 40 voti.
]Al terzo scrutinio a Ratzinger mancavano pochissimi voti per essere eletto diversi cardinali del blocco di Bergoglio, allo scrutinio successivo, diedero a Ratzinger i voti che gli mancavano per l’elezione,
Il pontificato di Benedetto XVI fu bruscamente interrotto quando, l’11 febbraio 2013, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto, lo stesso papa annunciò le proprie dimissioni, rese poi effettive il 28 febbraio seguente.


Il Conclave iniziò il pomeriggio del 12 marzo. L’elezione avviene la sera del giorno dopo, al quinto scrutinio. Bergoglio assume il nome di Francesco in onore di san Francesco d’Assisi. È il primo gesuita a diventare papa e il primo pontefice proveniente dal continente americano(nonché il primo extraeuropeo dai tempi di Gregorio III).
«Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca. […] E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. […] E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me. […]» è il primo messaggio pubblico di papa Francesco.
Nel suo primo discorso pubblico come papa, dopo aver salutato affettuosamente la folla con un cordiale e semplice “buonasera”, ha chiesto di pregare per Benedetto XVI, recitando insieme a tutti i fedeli la preghiera del Padre nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre. In seguito ha ricordato lo stretto legame tra il papa e la Chiesa di Roma, «che presiede nella carità tutte le Chiese», con un riferimento implicito alle parole introduttive della Lettera ai Romani di Ignazio di Antiochia. Ha poi chiesto ai fedeli di pregare anche per lui, sottolineando questo momento chinando il capo e rimanendo in silenzio per qualche istante. Anche in questo caso, si può cogliere un riferimento implicito al rito di ordinazione episcopale descritto dalla Tradizione apostolica di Ippolito di Roma, risalente all’inizio del III secolo, in cui spicca il richiamo al silenzio e la preghiera del popolo convenuto affinché le Spirito Santo discenda sul vescovo neoeletto.
Papa Francesco ha impartito poi la benedizione Urbi et Orbisenza l’abito corale e senza le tradizionali scarpe rosse preparate nella sagrestia della Cappella Sistina dal maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie Guido Marini e previsti per l’occasione, ma indossando solo l’abito piano bianco, con la croce pettorale in argento che utilizzava prima di essere eletto papa.Solo al momento della benedizione il nuovo pontefice ha indossato la stola, che poi ha subito tolto. Dopodiché, prima di congedarsi, ha nuovamente salutato i fedeli in piazza San Pietro, ringraziandoli per la loro accoglienza.
Il giorno seguente, padre Federico Lombardi, incontrando la stampa accreditata, ha raccontato che il neo-pontefice, subito dopo l’elezione, nel ricevere l’omaggio di tutti i cardinali nella Cappella Sistina, ha preferito stare in piedi piuttosto che utilizzare la poltrona a disposizione, è tornato nella Domus Sanctae Marthae sul pulmino con gli altri cardinali invece di utilizzare l’automobile papale. In seguito si è recato alla Casa del Clero dove aveva soggiornato nei giorni precedenti al Conclave, ha preso i suoi bagagli e ha pagato il conto.
Il pomeriggio del 14 marzo Francesco ha concelebrato insieme ai cardinali elettori la missa pro Ecclesia nella Cappella Sistina. Ha scelto di proclamare l’omelia, improvvisata al momento, dall’ambone invece che ex cathedra.
Il Papa ha deciso di risiedere nella Domus Sanctae Marthae anziché nell’appartamento papale del Palazzo Apostolico.
Bergoglio è stato il primo pontefice ad assumere il nome di Francesco, scegliendo per la prima volta dopo undici secoli, dai tempi di papa Lando, di adottare un nome mai utilizzato da un predecessore (se si esclude Giovanni Paolo I, il quale unì i nomi dei suoi due immediati predecessori, papa Giovanni XXIII e papa Paolo VI).
Il 16 marzo ha spiegato, in occasione del suo incontro con i giornalisti nell’Aula Paolo VI, le ragioni della scelta del suo nome pontificale: «Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Cláudio Hummes. Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: «Non dimenticarti dei poveri!». E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!»
Il 17 marzo, dopo la preghiera di rito nel suo primo Angelus, ha inoltre precisato che, scegliendo il nome del patrono d’Italia, «rafforza» il suo «legame spirituale» con l’Italia.
Si è poi congedato dai pellegrini con la formula «Buona domenica e buon pranzo», che diventerà una costante in occasione dell’Angelus e del Regina Coeli.


La celebrazione d’inaugurazione del ministero petrino di vescovo di Roma si è tenuta il 19 marzo nel sagrato della basilica di San Pietro, in presenza di oltre 130 delegazioni estere ufficiali. All’inizio della celebrazione il Papa ha ricevuto l’anello piscatorio dalle mani del cardinale decano Angelo Sodano, mentre il cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran gli ha imposto il sacro pallio, già indossato da papa Benedetto XVI.
Papa Francesco ha aperto l’omelia della messa d’inizio del suo pontificato rendendo onore al suo predecessore, Benedetto XVI. Ha poi parlato dell’importanza della custodia e della tenerezza. Alla fine dell’omelia il Papa ha pregato affinché lo Spirito Santo accompagni il suo cammino e ha chiesto ai fedeli di pregare per lui.
Prima della cerimonia Francesco ha attraversato con la “papamobile” piazza San Pietro, gremita di oltre 200 000 persone. Mentre girava tra i vari settori della piazza, ha fatto fermare la vettura ed è sceso per baciare sulla fronte un disabile e accarezzare alcuni bambini.
«Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!»
Il 7 aprile, nella basilica di San Giovanni in Laterano si è tenuta la messa di insediamento sulla cathedra romana quale vescovo di Roma. Durante l’omelia il Papa ha ripreso il tema della tenerezza e della misericordia («Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio, confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo; […] Sentiremo la sua tenerezza, tanto bella, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore.») e ha citato uno dei maestri di Joseph Ratzinger, il teologo tedesco Romano Guardini, «…che diceva che Dio risponde alla nostra debolezza con la sua pazienza».
In segno di continuità con il magistero di papa Giovanni Paolo II, nella giornata dedicata alla divina misericordia da lui istituita, papa Francesco ha voluto utilizzare la ferula argentea, introdotta per la prima volta da Paolo VI e realizzata da Lello Scorzelli, adoperata durante il pontificato del papa polacco e nei primi anni del pontificato di Joseph Ratzinger, invece della ferula propria di Benedetto XVI, usata nelle precedenti celebrazioni (e, in seguito, alternativamente a quella di Paolo VI). Il pontefice ha, inoltre, presieduto alla cerimonia d’intitolazione di una porzione di piazza San Giovanni in Laterano a san Giovanni Paolo II.
Il 23 marzo, dopo appena 10 giorni dall’elezione al soglio di Pietro, papa Francesco si è recato a Castel Gandolfo presso il Palazzo Pontificio per incontrare il papa emerito Benedetto XVI; dopo un abbraccio hanno pregato insieme, inginocchiati uno accanto all’altro. Storicamente si è trattato del primo incontro fra due pontefici
Riguardo al rapporto con il suo predecessore, papa Francesco, in un’intervista fattagli durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro, ha dichiarato di volergli molto bene e di provare molta stima nei suoi confronti e, inoltre, ha aggiunto: «È come avere un nonno a casa, il nonno saggio, venerato, amato, è un esempio di prudenza… È come il mio papà, se avessi una difficoltà, una cosa che non ho capito, posso andare a parlare con lui».
Bergoglio nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli.
Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe.
l 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio.
Il 31 luglio 1973 viene nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore.
È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica.
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.
Come arcivescovo di Buenos Aires — tre milioni di abitanti — pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lancia a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutre forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina».




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