La vita difficile dei bambini nel mondo

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La vita dei bambini e minacciata dall’egoismo degli adulti in molte parti del mondo, particolarmente in Africa ed Asia, ma anche gli Stati Uniti non brillano certo per attenzione nei confronti dei più piccoli. Ma andiamo con ordine: il Niger è il posto che ha la non invidiabile posizione di essere il posto peggiore al mondo dove essere bimba o ragazza, mentre il primato del posto più accogliente spetta ad un paese europeo, la Svezia. L’Italia? Una ‘appena sufficiente’ decima posizione, davanti a Spagna e Germania.
E’ quanto emerge dal rapporto “Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm”, lanciato da Save the Children in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze. Ogni 7 secondi, inoltre, oltre un milione di ragazze diventano madri prima di compiere i 15 anni, mentre 70.000 giovani tra i 15 e i 19 anni perdono la vita ogni anno per cause legate alla gravidanza e al partoed inoltre ogni sette secondi una bambina di meno di 15 anni è stata costretta a sposarsi.
Già, quello delle spose banbine è un fenomeno che fa rabbrividire: ragazzine che vanno in spose, molto spesso con uomini molto più grandi, a causa della povertà e di norme e pratiche sociali discriminatorie. Oggi più di 700 milioni di donne si sono sposate prima dei 18 anni e ogni anno 15 milioni di ragazzine vanno a nozze ancora minorenni, con conseguenze drammatiche sulla loro salute, educazione, sicurezza per non parlare poi di quella dei loro incolpevoli figli.
I dati del rapporto di Save the Children contiene la graduatoria dei Paesi al mondo dove le bambine e le ragazze hanno maggiori opportunità di crescita e di sviluppo, basata su cinque parametri: matrimoni precoci, numero di bambini per madri adolescenti, mortalità materna, completamento della scuola secondaria di primo grado e numero di donne in Parlamento. Secondo il rapporto, il Niger è il posto peggiore al mondo dove essere una bambina, la Svezia il migliore, seguita da altri due Paesi scandinavi, Finlandia e Norvegia. L’Italia si piazza in decima posizione, davanti a Spagna e Germania. Gli Stati Uniti ( i democratici USA!) non vanno invece oltre la 32esima posizione, in virtù di tassi di mortalità materna e numero di bambini nati da madri adolescenti più alti di quelli di altri Paesi ad alto reddito.
L’India, invece, è il Paese con il più alto numero di spose bambine, con il 47% delle ragazze, più di 24,5 milioni, sposate prima di aver compiuto i 18 anni.
Da sottolineare anche che nel mondo 30 milioni di bambine rischiano di subire mutilazioni genitali femminili nel prossimo decennio e oltre un terzo delle giovani donne nei Paesi in via di sviluppo è fuori sia dal circuito scolastico che da quello del lavoro formale.
Anche le stime Unicef lo confermano: globalmente (Cina esclusa) 70 milioni di donne tra i 20 e i 24 anni – circa una su tre – si sono sposate prima dei 18 anni: di queste, 23 milioni si sono sposate addirittura prima di aver compiuto 15 anni. A livello globale, quasi 400 milioni di donne di età compresa tra 20 e 49 anni (oltre il 40%, del totale) si sono sposate in minore età.
“La Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze è stata creata per evidenziare la necessità di mettere al centro dell’agenda dello sviluppo i diritti delle ragazze”, ha dichiarato Anju Malhotra, responsabile della sezione Genere e Diritti all’UNICEF. “Le Nazioni Unite e i suoi partner stanno lavorando congiuntamente per mostrare gli incredibili progressi fatti e per evidenziare le sfide in corso.”
L’Unicef in collaborazione con i governi, la società civile e le altre Agenzie dell’ONU – sta gettando le basi per porre fine ai matrimoni precoci a livello globale. Nel 2011, 34 uffici UNICEF sul campo hanno attivato progetti per affrontare il matrimonio precoce attraverso riforme legislative e cambiamenti sociali ed economici.
L’Unicef ha infatti favorito l’approvazione del Child Marriage Prohibition Act del 2006, e da allora ha sostenuto lo sviluppo e l’attuazione di una strategia nazionale sui matrimoni precoci che mira a coordinare i programmi e le politiche per affrontare sia le cause che le conseguenze di questo fenomeno. Lavorando con i singoli Stati della federazione indiana sono stati allestiti Piani di azione nazionali e ha favorito la creazione di “club” di ragazze che sono stati formati sul tema dei diritti dell’infanzia e su come stimolare le comunità locali ad avviare un dialogo sulla fine dei matrimoni precoci.
Le esperienze maturate in Paesi diversi come Bangladesh, Burkina Faso, Gibuti, Etiopia, India, Niger, Senegal e Somalia dimostrano come la combinazione di misure legali e il sostegno alle comunità, la possibilità di fornire valide alternative – in particolare la scolarizzazione – e di discutere apertamente del problema nelle comunità, produce risultati positivi.
L’istruzione è una delle strategie più efficaci per proteggere le bambine dai matrimoni precoci. Quando le ragazze possono continuare a studiare, può verificarsi facilmente anche un cambiamento nei comportamenti che migliora le loro opportunità all’interno della comunità.
L’incidenza del fenomeno delle “spose bambine” è diminuita nel corso degli ultimi 30 anni, ma i matrimoni precoci restano diffusi in diverse regioni del mondo, in particolare nelle zone rurali e tra i ceti più poveri.
Alcune spose bambine sono i soggetti più emarginati e vulnerabili della società. Le giovani spose sono spesso costrette a una vita di totale isolamento: allontanate troppo presto dalla famiglia di origine, escluse dall’istruzione, deprivate anche della possibilità di poter andare a scuola e di avere relazioni con i coetanei e con il resto della comunità.
Inoltre i matrimoni precoci mettono le ragazze a rischio di gravidanze precoci e indesiderate, con conseguenze che possono portare anche alla morte.
Tra le ragazze di età compresa tra 15 e 19 anni, i decessi legati alla gravidanza e al parto rappresentano una quota importante della mortalità complessiva: nel mondo, sono circa 50.000 le morti per queste cause ogni anno.
Inoltre, le ragazze tra i 10 e i 14 anni di età hanno probabilità 5 volte maggiori – rispetto alle ragazze tra 20 e 24 anni – di morire durante la gravidanza e il parto.
“Attraverso gli impegni globali, i movimenti della società civile, la legislazione e le iniziative individuali, le ragazze fioriranno in un ambiente sicuro e produttivo” ha concluso Malhotra. “Dobbiamo accelerare i progressi e dedicare risorse affinché le ragazze possano rivendicare i propri diritti e realizzare il loro pieno potenziale”.
Ma vi è anche un altro allarme che riguarda i bambini che non va assolutamente sottovalutato.
Secondo il rapporto di Save the Children la metà dei bambini non legge nemmeno un libro e non pratica sport. Si chiama povertà educativa, secondo la quale risulta che il 48% dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni, non ha letto mai un libro al di fuori di quelli scolastici, ben il 69% non ha mai visitato un sito archeologico e il 55% non è mai entrato in un museo. Non va meglio neppure per quanto riguarda l’attività sportiva: secondo il rapporto, la metà dei ragazzi non la pratica.
Per alcuni versi, la povertà educativa è più “subdola” di quella economica, perché agisce in modo meno evidente, ma priva i giovanissimi dell’opportunità di costruirsi un futuro e anche solo di sognarlo. Le due povertà si alimentano reciprocamente.
Il triste primato in Italia in termini di povertà educativa lo detengono le Regioni del sud con la Sicilia e la Campania, a seguire Puglia e Calabria. Le migliori invece sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia ed Emilia Romagna. In queste ultime Regioni, le attività scolastiche ed extra sono più ricche ed avanzate; il top si registra a Bolzano.
La mancanza di possibilità economiche rende difficile per esempio, l’accesso alla scuola a tempo pieno: in Italia solo il 30% degli alunni della scuola primaria può permettersi la frequenza a tempo prolungato. Per il resto del tempo, questi bambini vivono in condizioni abitative non adeguate, spesso si ritrovano tutto il giorno in aree urbane degradate e in mancanza di un ambiente pulito dove poter giocare.
Chi vive al di sotto della soglia della povertà non ha in casa un computer ed è privato di tutte quelle attività ricreative come andare al cinema, frequentare corsi alternativi e attività sportive. La mancanza di tutte queste possibilità è responsabile di un altro dato allarmante: il 20% dei quindicenni non raggiunge la soglia minima di competenza in lettura e il 25% quella in matematica.
Tanti gli ostacoli che vengono frapposti dagli adulti tra i bambini e la loro crescita sana ed equilibrata. Matrimoni anticipati, educazione scolastica carente, poco interesse da parte dei genitori spesso troppo impegnati. A proposito di genitori che non seguono i figli, domani vi narreremo dell’ultima interpretazione di Diego Abatantuono in “I baby sitter” nel quale è sottolineata proprio la necessità di riscoprire la famiglia, l’essere genitore, l’importanza di dedicare il tempo ai figli e di capire che le cose hanno ben poco valore rispetto alle persone.
Ricordiamo le parole di Papa Francesco nell’udienza generale del 14 Ottobre 2015: “Oggi rifletteremo su un argomento molto importante: le promesse che facciamo ai bambini. Non parlo tanto delle promesse che facciamo qua e là, durante la giornata, per farli contenti o per farli stare buoni (magari con qualche innocente trucchetto: ti do una caramella e promesse simili…), per invogliarli ad impegnarsi nella scuola o per dissuaderli da qualche capriccio. Parlo di altre promesse, delle promesse più importanti, decisive per le loro attese nei confronti della vita, per la loro fiducia nei confronti degli esseri umani, per la loro capacità di concepire il nome di Dio come una benedizione. Sono promesse che noi facciamo loro. Noi adulti siamo pronti a parlare dei bambini come di una promessa della vita. Tutti diciamo: i bambini sono una promessa della vita. E siamo anche facili a commuoverci, dicendo ai giovani che sono il nostro futuro, è vero. Ma mi domando, a volte, se siamo altrettanto seri con il loro futuro, con il futuro dei bambini e con il futuro dei giovani! Una domanda che dovremmo farci più spesso è questa: quanto siamo leali con le promesse che facciamo ai bambini, facendoli venire nel nostro mondo? Noi li facciamo venire al mondo e questa è una promessa, cosa promettiamo loro? Accoglienza e cura, vicinanza e attenzione, fiducia e speranza, sono altrettante promesse di base, che si possono riassumere in una sola: amore. Noi promettiamo amore, cioè amore che si esprime nell’accoglienza, nella cura, nella vicinanza, nell’attenzione, nella fiducia e nella speranza, ma la grande promessa è l’amore. Questo è il modo più giusto di accogliere un essere umano che viene al mondo, e tutti noi lo impariamo, ancora prima di esserne coscienti. A me piace tanto quando vedo i papà e le mamme, quando passo fra voi, portarmi un bambino, una bambina piccoli e chiedo: “Quanto tempo ha?” –“Tre settimane, quattro settimane… chiedo la benedizione del Signore”. Anche questo si chiama amore. L’amore è la promessa che l’uomo e la donna fanno ad ogni figlio: fin da quando è concepito nel pensiero. I bambini vengono al mondo e si aspettano di avere conferma di questa promessa: lo aspettano in modo totale, fiducioso, indifeso. Basta guardarli: in tutte le etnie, in tutte le culture, in tutte le condizioni di vita! Quando accade il contrario, i bambini vengono feriti da uno “scandalo”, da uno scandalo insopportabile, tanto più grave, in quanto non hanno i mezzi per decifrarlo. Non possono capire cosa succede. Dio veglia su questa promessa, fin dal primo istante. Ricordate cosa dice Gesù? Gli Angeli dei bambini rispecchiano lo sguardo di Dio, e Dio non perde mai di vista i bambini (cfr Mt 18,10). Guai a coloro che tradiscono la loro fiducia, guai! Il loro fiducioso abbandono alla nostra promessa, che ci impegna fin dal primo istante, ci giudica. E vorrei aggiungere un’altra cosa, con molto rispetto per tutti, ma anche con molta franchezza. La loro spontanea fiducia in Dio non dovrebbe mai essere ferita, soprattutto quando ciò avviene a motivo di una certa presunzione (più o meno inconscia) di sostituirci a Lui. Il tenero e misterioso rapporto di Dio con l’anima dei bambini non dovrebbe essere mai violato. E’ un rapporto reale, che Dio lo vuole e Dio lo custodisce. Il bambino è pronto fin dalla nascita per sentirsi amato da Dio, è pronto a questo. Non appena è in grado di sentire che viene amato per sé stesso, un figlio sente anche che c’è un Dio che ama i bambini. I bambini, appena nati, incominciano a ricevere in dono, insieme col nutrimento e le cure, la conferma delle qualità spirituali dell’amore. Gli atti dell’amore passano attraverso il dono del nome personale, la condivisione del linguaggio, le intenzioni degli sguardi, le illuminazioni dei sorrisi. Imparano così che la bellezza del legame fra gli esseri umani punta alla nostra anima, cerca la nostra libertà, accetta la diversità dell’altro, lo riconosce e lo rispetta come interlocutore. Un secondo miracolo, una seconda promessa: noi – papà e mamma – ci doniamo a te, per donare te a te stesso! E questo è amore, che porta una scintilla di quello di Dio! Ma voi, papà e mamme, avete questa scintilla di Dio che date ai bambini, voi siete strumento dell’amore di Dio e questo è bello, bello, bello!

Raffaele Dicembrino




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