Roberto Gervaso lo scrittore dall’educata ironia

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Roberto Gervaso si è spento tra l’affetto dei suoi cari proprio nel giorno della festa della Repubblica, di quell’Italia che ha sempre dimostrato di amare ed i cui governanti ha saputo spesso, al di là delle bandiere, criticare con garbata ironia e con il fine di costruire, di interagire per un Paese migliore che amava affettuosamente definire “lo Stivale zoppo”.

Con autoironia amava definirsi “il grillo parlante” e come tale era noto al pubblico televisivo che ne apprezzava vezzi e professionalità.

Tanti i suoi libri e chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di leggerne parecchi, ne ha tratto spunti interessanti, motivi su cui riflettere. Con nessuno si può essere pienamente d’accordo, ma discernere con garbata meticolosità e dono e capacità per pochi.

Ironico, colto e sempre elegante con il suo immancabile papillon. Autore di numerose biografie, Gervaso ha collaborato a lungo con Indro Montanelli, soprattutto per i primi volumi della Storia d’Italia, quelli che vanno dal Medioevo al Settecento. Tra i suoi più grandi successi, anche la biografia su ‘Cagliostro’ (Rizzoli), mago ciarlatano e massone, con cui si aggiudicò il premio Bancarella nel 1973. Molti i personaggi incrociati nel suo lungo percorso di divulgatore storico, da Nerone a Claretta, dalla monaca di Monza a Casanova. Ma la sua vena ironica spiccava soprattutto nei titoli di altri celebri libri dedicati al rapporto di coppia: ‘La vita è troppo bella per viverla in due (breve corso di educazione cinica)’ e ‘L’amore è eterno finché dura’.

Sin da giovane mostrò doti rare di divulgatore e una capacità innata di coniare aforismi, sulla scia dell’indiscusso maestro italiano del genere, Ennio Flaiano. Una capacità di sintesi, un icastico talento di rendere in due parole un personaggio o una situazione che applicò alle interviste, fatte di domande fulminanti e risposte brevi. Arrivavi in fondo al pezzo senza alcuna fatica. Montanelli aveva visto giusto e Gervaso, che aveva cominciato a collaborare a radio e televisione, divenne un personaggio riconoscibilissimo anche grazie al vezzo di un’eleganza che prevedeva l’immancabile papillon (ne aveva oltre trecento) e se stava all’aperto uno dei cento cappelli Borsalino. Un bell’investimento sulla propria immagine alla quale aveva lavorato da sempre.

Assieme a volumi di divulgazione storica e di attualità, una quarantina, alcuni tradotti in diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti, Roberto Gervaso, che collaborò lungamente con il Giornale nuovo» e con «Retequattro (dove ha condotto per anni “Peste e corna” e “Pillole di storia”, ha scritto una confessione in cui rivela di aver combattuto in alcuni momenti della vita con la depressione. Il libro, uscito nel 2014, si intitolava Ho ucciso il cane nero (Mondadori). Attivo sino ad anni recenti, Roberto Gervaso pubblicò nel 2013 Lo stivale zoppo (Mondadori) dedicato all’Italia dei nostri giornali, che «rischia di diventare una ciabatta».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto pervenire alla moglie e alla figlia di Roberto Gervaso le sue condoglianze per la scomparsa di “un uomo di finissima cultura, protagonista, per lunghi anni, del giornalismo e della vita culturale del nostro Paese”. A ricordare Gervaso anche Silvio Berlusconi. “Quella di Roberto Gervaso è una grave perdita per me, per il giornalismo, per l’Italia. Roberto era un amico sincero e generoso, un grande scrittore ma soprattutto un uomo libero. Un uomo con il coraggio delle sue opinioni controcorrente, sempre garbato e signorile, colto e documentato. Mi mancherà, mancherà a tutti gli italiani liberi”. Così il Presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

Roberto Gervaso scriveva sulla vita: “La vita è un’avventura con inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi, e tanti intermezzi scelti dal caso a caso” E sull’amore:”La cotta è un capriccio del cuore; l’amore, un progetto”. Sulla società ed il mondo del lavoro: “Anche le raccomandazioni non finiscono mai”.

Sulle persone che non si arrendono mai: “Chi ha carattere rende la vita difficile agli altri non meno che a se stesso” ma aveva anche parole molto attuali in tempi di coronavirus: “Chi sa star solo non si sente mai solo”.

Un grazie e un buon viaggio a Roberto Gervaso il “gentiluomo dalla penna sottilissima”.

 




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