Cinema – Interviste- A tu per tu con il regista Elio Sofia

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Si terrà venerdì 7 aprile alle ore 20:30 – a ingresso gratuito fino a esaurimento posti – presso il Cinema Trevi (vicolo del Puttarello, 25) a Roma, l’anteprima romana del documentario “L’Ultimo Metro di Pellicola”.
Il film, scritto, diretto e interamente auto-prodotto dal regista Elio Sofia, sbarca a Roma dopo un grande successo iniziato con il Premio Cariddi alla 61a edizione del Taormina Film Fest, quindi il Premio del Pubblico come Miglior Documentario alla VIII° edizione dello Sciacca Film Fest. Finalista ai Nastri D’Argento Doc 2016 nella categoria ‘Documentari che raccontano il cinema e lo spettacolo’, il doc è stato quindi proiettato – tra gli altri – all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, al CineFesta Italia di Santa Fè, all’Università di Las Vegas, alla ‘Casa degli Italiani’ di Barcellona, centro di cultura italiana più antico al mondo ed è stato inserito nel catalogo Agis Scuola tra i documentari di diffusione tra i giovani ‘per l’alto contenuto storico e valore culturale oltre che educativo’.
Il documentario racconta dell’epocale passaggio avvenuto tra la pellicola e le vecchie sale cinematografiche e la totale digitalizzazione della filiera. Immagini e testimonianze di vecchie sale, proiezionisti, storici gestori di cinema e il racconto unico di grandi nomi come l’attore Leo Gullotta e il regista e autore della fotografia Daniele Ciprì accompagnano lo spettatore in un viaggio fatto di ricordi, sale fumose e rumori di proiettori. Partendo da via Giuseppe De Felice, rinomata via catanese del cinema e un tempo sede di tutte le case di distribuzione, magazzini di pellicola e diversi cinema, viene affrontato un viaggio emozionante tra ricordi e aneddoti, con Tea Falco come musa di un mondo immaginifico tra passato e presente.
Noi abbiamo intervistato in esclusiva il regista Elio Sofia che ci ha parlato del suo lavoro ma anche di se, della sua vita e dell’importanza della sua famiglia anche nella crescita professionale….

1. Come nasce il nome del documentario?
Il nome del documentario nasce da una frase che spesso i produttori dicevano ai registi per sollecitarli nel concludere le riprese “Non ti do manco un metro di pellicola” e la stessa veniva detta anche dai distributori ai gestori di sale cinematografiche che magari erano indietro con il pagamento delle copie pellicole; quindi una frase idiomatica che dà l’idea di come il supporto pellicola sia un bene sfruttabile nella sua lunghezza: più lunga era la durata del film, maggiore era la lunghezza della pellicola ed è stato quindi per me facile ed immediato pensare a “L’Ultimo Metro di Pellicola” come titolo per questo mio omaggio al mondo del ‘cinema che fu’.

2. Quanto è importante il cinema nella sua vita?
Il cinema è emozione ed evasione, da sempre mi ha dato la possibilità di vivere il diverso da me, come non sentirsi un piccolo Indiana Jones quando si è piccoli, o fantasticare viaggi in epoche diverse come in Ritorno al Futuro. Mi dava da piccolo la possibilità di fantasticare su luoghi e persone lontane da me, di immaginare e aprire la fantasia al fantastico.

3. Ci racconta l’inizio della sua carriera?
Ho sempre associato i miei studi in Giurisprudenza alla passione per il teatro e per la radio fino all’incontro con il grande amore: il Cinema; avvenuto quasi per caso dopo aver preso parte come attore con un piccolo ruolo in un film “Una notte blu cobalto” di Daniele Gangemi; ricordo che finita la mia piccola parte che mi portò via solo un paio d’ore di riprese, rimasi talmente affascinato dal mondo del set che rimasi tutto il giorno a cercare di capire come funzionava questa bellissima macchina chiamata Cinema. Nei giorni a seguire ritornai sul set per stare il più possibile dietro la macchina da presa per capire come si muoveva, come il regista dava le indicazioni agli attori e come il direttore della fotografia allestiva l’illuminazione del set. Ero già perdutamente innamorato della settima arte. Ricordo che una mattina pur di seguire una lezione di cinema tenuta al Taormina Film Fest dal regista Premio Oscar, Giuseppe Tornatore, raggiunsi la cittadina messinese partendo in vespa da Catania, due ore in sella al mio motorino per assistere a quella magnifica lezione e alla visione del film Nuovo Cinema Paradiso. Appena ho avuto il coraggio e forse anche l’incoscienza di cimentarmi in prima persona in un progetto mio, iniziai a scrivere e a girare L’Ultimo Metro di Pellicola, partendo proprio da un omaggio al Cinema come un ringraziamento per le tante emozioni che il cinema mi ha regalato.

4. Obiettivi presenti e futuri?
Purtroppo non è sempre facile trovare produttori illuminati che sappiano scommettere sulle storie di giovani autori, quindi la ricerca di essi assorbe a mio avviso la maggior parte delle energie di un autore. Ho scritto tanti progetti diversi, sia per documentari che per film di finzione, spero “nei felici incontri” come quelli che fanno nascere grandi collaborazioni e belle storie da portare poi sullo schermo. Guardo con un certo interesse al mercato indipendente americano cercando di strutturare un mio trasferimento oltre oceano, magari per trovare un produttore e convincerlo a produrre storie che uniscano le due sponde e le due culture.

5. Il suo successo più bello.
Il mio successo più bello è stato vedere le lacrime agli occhi e la voce strozzata in gola di tanti spettatori a conclusione del mio documentario. Per chi ama il cinema questo documentario tocca veramente le corde dell’emozione. L’applauso finale è sempre una gioia difficile da spiegare perché porta con se un bagaglio di pensieri, attese, speranze che trovano in quel momento la spinta ad andare avanti convinti che si è sul sentiero giusto. Poi come non pensare alla vittoria del Premio Cariddi alla 61° edizione del Taormina Film Fest e soprattutto alla prima proiezione americana che si è tenuta presso l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, tanti complimenti e tante persone emozionate e io con loro a mia volta.

6. Film preferito e perché?
Sono tanti ma mi piace ricordarne uno che da piccolo mi emozionava oltremodo e che ha unito ben tre generazioni di spettatori, parlo di Ben Hur il capolavoro cinematografico di William Wyler con Charlton Heston. Un film che appassionò il mio bisnonno fino ad arrivare a mio padre e a me che vedevo in quella magnifica storia di perdita, sconfitta e poi rinascita, un’incredibile esempio di virtù e di coraggio a non arrendersi quando si è nel giusto; ero solo un bambino ma quella corsa con le bighe, le frustate ai rematori e la scena finale sono rimaste indelebili nella mia memoria.

7. Quanto conta il denaro per fare un buon film? ( o documentario)
Purtroppo il denaro per fare dei buoni film è importante me non per forza determinante e tantomeno indispensabile. Io non avendo alcun produttore a sostegno e nemmeno sponsorizzazioni pubbliche o private ho dovuto mettere ancor più testa e ancor più cuore in questo progetto perché solo con il cuore e l’uso sapiente della testa si può sopperire alla mancanza di un budget adeguato.

8. Cosa pensa della società in cui viviamo? I cinema la narra nella sua realtà?
Viviamo in una realtà troppo accelerata, dove il consumo delle emozioni e delle relazioni oltre che delle cose materiali è a mio avviso eccessivo. Tutto passa troppo in fretta e non si gode più del singolo istante che potrebbe durare anche una eternità. La gente è in pieno conflitto sia interiore che nelle relazioni con gli altri, su facebook spopolano gli “haters” oppure con estrema facilità si passa dalla condivisione di un video musicale o di teneri animali alla condivisione di decapitazioni o futili risse allo stadio. Il cinema un tempo aveva la magia di anticipare i decenni nel raccontare le proprie storie, oggi assisto ad un cinema che arranca a stare al passo con la velocità della realtà quotidiana quindi è meno universale e sempre più copia del reale.

9. Libri preferiti?
Su tutti l’Iliade, la scena dell’addio tra Ettore e Andromaca con il piccolo Astianatte è una delle pagine della letteratura da me preferite. Adoro poi i testi teatrali e su tutti quelli del bardo inglese William Shakespeare.

10. Un aneddoto
Da bambino tenevo scritto nel mio diario che avevo una fidanzatina americana con capelli biondi e occhi azzurri, ovviamente era tutto frutto della mia fantasia; oggi sono felicemente sposato con una biondissima ragazza dagli occhi azzurri e 100% americana.

11. Quanto ha significato la tua famiglia nell’inizio della tua carriera ed in generale nella tua vita?
Ha significato molto, è stata sempre una parte importante sia di confronto che di scontro. I miei genitori hanno cercato di offrire a me e a mio fratello una visione del mondo obiettiva, mostrandoci le insidie e le difficoltà che ci circondano; anche il normale scontro generazionale che sempre esiste e sempre esisterà ha avuto alla sua base il profondo amore e la volontà di proteggere e accompagnarci nel cammino della crescita. Alla fine del mio percorso di crescita mi sono reso conto che tutti gli scontri che possiamo avere avuto sono in realtà uno dei doni più importanti, sono quella parte di me che mi ha strutturato come uomo, facendomi capire bene valori importanti come l’onestà e il sacrificio. I miei genitori hanno fatto tanti sacrifici senza mai piangersi addosso ma anche facendoci capire bene sempre il valore che occorre dare alle cose.

Raffaele Dicembrino

Foto di Dino Stornello




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