Indonesia processo religioso

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Indonesia processo religioso

Prosegue senza sosta la battaglia contro i cristiani nel mondo. Oggi torniamo a parlarvi dell’Indoinesia dove si è tenuta la prima udienza del processo per blasfemia che vede coinvolto il governatore di Jakarta Basuki Tjahaja Purnama detto “Ahok”.
Seduto alla Corte di Jakarta nord il politico, cristiano di etnia cinese, ha dovuto rispondere all’accusa di aver insultato il Corano e la fede islamica. Durante un comizio tenuto a settembre scorso egli avrebbe citato la 51ma sura di Al Maidah (quinto capitolo del Corano), che suggerisce ai musulmani di non votare un leader di altro credo, chiedendo ai fedeli islamici di non “usarla” in maniera sbagliata.
Tra le lacrime, Ahok ha spiegato di non aver mai avuto intenzione si offendere l’islam e che le sue parole erano rivolte ai politici che manipolano il Corano per impedire a lui di essere rieletto come governatore alle elezioni di febbraio 2017.
L’imputato ha chiesto che fosse proiettato un video che ritrae Abdurrahman “Gus Dur” Wahid (presidente dell’Indonesia dal 1999 al 2001) mentre commenta una distribuzione di volantini che invitano a non votare un politico non musulmano. La richiesta è stata respinta dai giudici e dall’accusa con una risposta che lascia allibiti: “questo verrà fatto durante le prossime udienze, quando nuove prove forensi verranno alla luce”.
La storia ha avuto inizio da fine settembre: le parole del governatore hanno generato le proteste di movimenti islamici, moderati e radicali. Il 4 novembre quasi 100mila persone sono scese in piazza per chiedere la condanna di Ahok e il ritiro della sua ricandidatura a governatore. La manifestazione, sfociata in episodi di violenza, ha subito le infiltrazioni di agitatori politici con l’obiettivo di screditare il presidente Joko Widodo, alleato del governatore.
La manifestazione ha generato la risposta dei movimenti moderati, che hanno marciato a Jakarta il 30 novembre difendendo i valori dell’Indonesia, la tolleranza e l’unità nella diversità.
In seguito si è scoperto che Buni Yani, ex giornalista e professore di comunicazione alla London School di Central Jakarta, ha manipolato le parole pronunciate da Ahok nel comizio, rendendole offensive per l’islam e scatenando le proteste. Yani è stato arrestato e andrà a processo.
Ahok è uno dei pochi leader politici indonesiani che lotta in prima fila per la libertà di coscienza. Lo scorso giugno si è opposto all’obbligo imposto alle studentesse di Jakarta di indossare il velo islamico. Nel luglio 2015 il governatore di Jakarta ha promosso una battaglia per i diritti civili della minoranza ahmadi, ritenuta eretica dalla maggioranza musulmana sunnita.
a giudicare il caso sarà un collegio di guidato dal giudice supremo Dwiarso Budi Santiarto, affiancato da altri quattro magistrati. Le udienze si terranno presso il tribunale distrettuale centrale di Giacarta. Data la grande attenzione del pubblico, la Procura ha formato un team di 13 alti funzionari che agiranno da pubblici ministeri, e saranno impegnati nelle indagini.
Il processo dovrebbe porre fine a una vicenda che sta agitando la nazione: dopo l’imponente manifestazione del 4 novembre, in cui i gruppi estremisti islamici hanno portato in piazza migliaia di persone, per chiedere l’incriminazione e l’arresto del governatore, un secondo corteo pacifico per ribadire i principi di tolleranza, amore, unità nella diversità, accoglienza dell’altro, legalità, pace ha visto sfilare il 30 novembre milioni di cittadini indonesiani, appartenenti a tutte le comunità religiose, che hanno condiviso una grande “preghiera per l’unità”, lanciando un messaggio di pace.
Venerdì 2 dicembre si è tenuta una nuova grande assemblea nel parco del monumento nazionale di Giacarta, in un cui i fedeli musulmani hanno pregato e hanno chiesto nuovamente alla magistratura di arrestare il governatore.
I cristiani indonesiani, accanto a molti fedeli musulmani, si sono uniti alla preghiera per la pace, concordando sull’urgenza di promuovere il bene del paese, il rispetto della democrazia e della “Pancasila”, la carta di cinque principi che sta alla base della Costituzione indonesiana e della convivenza civile nell’arcipelago.
Secondo gli osservatori politici, in Indonesia è in atto un confronto tra il fronte dei riformatori, guidati dal presidente Joko Widodo e dal governatore Ahok, e le opposizioni dell’ex presidente Susilo Bambang Yudhoyono, che stanno utilizzando l’islam militante come mezzo per contrastare i riformisti.
Critica ed instabile la situazione religiosa in Indonesia. La storia del’Islam in Indonesia è complessa e riflette le diversità delle culture dell’arcipelago. Ci sono prove di commercianti musulmani arabi che ivi giunsero già a partire dall’VIII secolo. Dal XV secolo in poi la diffusione della religione musulmana fu accelerata attraverso l’opera missionaria di Maulana Malik Ibrahim (conosciuto anche anche Susan Gresik, originario di Samarcanda) a Sumatra e Giava, così come fece l’ammiraglio navigatore Zheng He (noto inoltre come Cheng Ho) nel nord di Giava.
L’Islam indonesiano è in molti casi meno meticolosamente praticante rispetto a quello del Medio Oriente la maggior parte dei musulmani sono sunniti della scuola giuridico-religiosa detta sciafeismo
Dopo le dimissioni del presidente Suharto, i politici sono stati nuovamente autorizzati a dichiarare una ideologia differente da quella Pancasila. Diversi partiti d’ispirazione musulmana hanno formato la loro ideologia seguendo i dettami della Sharia; nel 1999 il “Crescent Star Party” ha ottenuto la sesta posizione nelle elezioni legislative, mentre un decennio dopo lo stesso partito si è classificato solo al decimo posto, laddove le formazioni più moderate e caratterizzate da interpretazioni islamiche maggiormente tolleranti hanno ottenuto un significativo successo come ad esempio il “Prosperous Justice Party” il quale con quasi l’8% dei voti complessivi si è piazzato al quarto posto.
E il cristianesimo?
Il governo indonesiano riconosce ufficialmente le due principali suddivisioni cristiane, il protestantesimo e il cattolicesimo romano, come fossero due religioni separate.
I protestanti formano una minoranza significativa in alcune parti del paese. Ad esempio, sull’isola di Sulawesi bel il 17% dei cittadini sono protestanti; in particolare a Tana Toraja – sede della popolazione Toraja – nella provincia di Sulawesi Meridionale, ed in Sulawesi Centrale. Inoltre fino al 65% del gruppo etnico dei Toraja è di fede riformata. Anche quello dei Batak (popolo) abitanti nella Sumatra Settentrionale rappresentano un altro dei principali gruppi protestanti del paese; qui il cristianesimo vi è stato portato originariamente dal missionario tedesco Ludwig Ingwer Nommensen, noto come apostolo delle persone Batak: egli ha dato il via alla “Huria Kristen Batak Protestan (HKBP)”.
Gli indonesiani cinesi sono anch’essi una parte significativa della popolazione protestante, sparsi per tutta la nazione ma per la maggior parte concentrati nelle grandi aree urbane. Nel 2000 circa il 35% dell’etnia cinese professava il cristianesimo, tuttavia non vi è un aumento continuativo tra le giovani generazioni. In alcune parti del paese interi villaggi appartengono a denominazioni differenti, come la chiesa Avventista, l'”International Church of the Foursquare Gospel” dei pentecostali, ai luterani, ai presbiteriani o infine all’Esercito della salvezza (Bala Keselamatan) a seconda del successo dell’azione missionaria.
L’Indonesia ha attualmente due intere province a maggioranza protestante, che sono Papua (provincia indonesiana) e Sulawesi Settentrionale con, rispettivamente il 60 e il 64% dell’intera popolazione; a Papua essa è la fede più largamente praticata tra la popolazione nativa. Nel Nord dell’isola Sulawesi, invece, la popolazione Minahasan concentrata a Manado, si convertì al cristianesimo nel corso del XIX secolo. Attualmente la maggior parte dei nativi di Sulawesi Settentrionale praticano una qualche forma di protestantesimo, mentre coloro che sono trasmigrati da Giava e Madura professano l’Islam.
Il cattolicesimo è sbarcato in Indonesia con l’arrivo dei portoghesi, attraverso il commercio delle spezie. Molti di essi avevano l’aperto obiettivo di diffondere il cattolicesimo romano nell’arcipelago, a partire dalle Molucche, come avvenne nel 1534. Tra il 1546-1547 uno dei pionieri tra i cristiani missionari, san Francesco Saverio, ha visitato le isole e sottoposto al battesimo diverse migliaia di persone del luogo.
Durante l’epoca delle Indie orientali olandesi il numero dei praticanti cattolici è sceso in maniera significativa, questo a causa della politica attuata di divieto della religione cattolica. L’ostilità degli olandesi nei confronti del cattolicesimo è dovuta alla loro storia, ove guadagnarono la propria indipendenza dopo la guerra degli ottant’anni contro il governo dell’impero spagnolo cattolico.

Il risultato più significativo d’una tale politica si concentrò e venne ottenuto nell’isola di Flores e a Timor Est; molti preti cattolici furono trascinati in prigione, sottoposti a dure punizioni e fatti sostituire dal clero protestante olandese. Un sacerdote cattolico venne giustiziato per aver celebrato la messa in prigione durante il mandato di Jan Pieterszoon Coen, il governatore generale dell’epoca.
Dopo la caduta della Compagnia olandese delle Indie orientali e con la legalizzazione del cattolicesimo nei Paesi Bassi a partire dai primi anni del XIX secolo, il clero cattolico olandese prevalse fino a dopo l’indipendenza dell’Indonesia.




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