In un mondo nel quale le cose continuano spesso (troppo spesso) a funzionare alla rovescia anche l’8 Marzo diviene un giorno di protesta. Proprio così la Festa della Donna odierna è infatti sinonimo di sciopero e caos. Già perché alcune donne invece che andare d’amore e d’accordo con gli uomini continuano a far loro la guerra in nome di una parità ormai acquisita da tempo e senza rendersi conto che se Dio ci ha creato uomini e donne qualche differenza deve pure esserci!
Così oggi, giovedì 8 marzo, Giornata internazionale della donna, in più di settanta paesi del mondo ecco uno sciopero delle donne organizzato dai diversi movimenti femministi e, in Italia, da Non Una Di Meno. Uno sciopero definito sociale e politico, e non solo uno sciopero dal lavoro classicamente inteso: un’astensione da ogni attività anche di cura, formale o informale, gratuita o retribuita e sarà uno sciopero dal consumo e dai ruoli che vengono definiti dai promotori “imposti dagli stereotipi di genere”.
La storia di tale protesta ha avuto inizio in USA e precisamente a New York dal Women’s Liberation Movement nel 1970, per poi essere stato ‘commercializzato’ e ‘sfruttato’ da altri movimenti di donne nel resto del mondo, fino ad arrivare allo sciopero delle donne degli ultimi anni in Polonia e in Argentina che oltre a porre la questione delle discriminazioni sessuali sul lavoro hanno rivendicato duramente la piena libertà al diritto di poter abortire a proprio piacimento.
Facendo una ricerca sul sito di Non Una di Meno si viene a scoprire che l’obiettivo principale della mobilitazione appare essere il contrasto alla violenza maschile e a tutte le forme di violenza di genere, per «unire le tante voci del #MeToo nella forza collettiva del #Wetoogether». Il riferimento è al movimento sociale iniziato grazie ai singoli atti di molte donne che hanno raccontato i casi di molestie subite nel corso delle proprie vite, dopo le accuse al produttore cinematografico Harvey Weinstein e che in Italia è stato trasformato in #quellavoltache. Il #Wetoogether fa riferimento alla trasformazione delle singole denunce e lotte personali in un’azione collettiva e politica.
Il movimento Non Una di Meno si ispira a “Ni Una Menos”, nato nel 2015 in Argentina contro i femminicidi e la violenza maschile sulle donne. Dall’Argentina il movimento si è diffuso in molti altri paesi compresi gli Stati Uniti d’America in cui dopo l’elezione di Trump sono state organizzate le marce delle donne. In Italia il movimento è nato nel 2016 dopo il femminicidio di Sara di Pietrantonio, una studentessa di 22 anni bruciata viva in via della Magliana a Roma dal compagno. Il primo obiettivo del collettivo era quello di superare il Piano straordinario antiviolenza del 2015 per scriverne uno nuovo da presentare al governo nel quale venissero recepite le linee della Convenzione di Istanbul contro la violenza maschile.
Dopo il corteo del 2016 è sorto un piano alla ricerca di moltissimi diritti.. percorsi di fuoriuscita dalla violenza; piano legislativo e giuridico; lavoro e welfare; diritto alla salute sessuale e riproduttiva; educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità; sessismo nei mezzi d’informazione; femminismo migrante; sessismo nei movimenti.
Ma mettendo da parte lo sciopero andiamo a ripassare i motivi per i quali il giorno 8 Marzo è considerato la festa della donna.
L’idea di una giornata internazionale della donna nasce nel febbraio del 1909 negli Stati Uniti, su iniziativa del Partito socialista americano. L’anno seguente, nel 1910, la proposta venne raccolta da Clara Zetkin a Copenaghen, durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste.
Dai documenti del congresso non sono chiare le motivazioni che spinsero alla scelta di quella data, l’8 marzo, e in realtà e fino al 1921 i singoli Paesi scelsero giorni diversi per la celebrazione. È solo in occasione della Seconda conferenza delle donne comuniste (Mosca, 1921), che viene proposta e approvata un’unica data per le celebrazioni, in ricordo della manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo (1917).
In Italia e altri Paesi si è fatto spesso riferimento a un presunto episodio analogo avvenuto a New York l’8 marzo del 1911, quando nel rogo di una fabbrica di camicie persero la vita 134 donne. Sembra però che la fabbrica fosse inesitente e che un drammatico rogo avvenne effettivamente, ma in febbraio. In realtà, a seconda dei Paesi dove si è affermata questa tradizione cambiano la date, il luogo e il numero delle vittime (dunque si tratterebbe di un falso storico).
Nella realtà in Italia tutto fiorì nel settembre del 1944, quando a Roma nacque l’ Unione Donne in Italia, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d’Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro e fu l’UDI a prendere l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all’ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro.
Nei primi anni cinquanta, anni di guerra fredda e del ministero Scelba, distribuire in quel giorno la mimosa o diffondere Noi donne, il mensile dell’Unione Donne Italiane (UDI), divenne un gesto «atto a turbare l’ordine pubblico», mentre tenere un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico». Nel 1959 le senatrici Luisa Balboni, comunista, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni, socialiste, presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l’iniziativa cadde nel vuoto.
Ma il boom per questa ricorrenza si ebbe con gli anni settanta, quando in Italia apparve un fenomeno nuovo: il movimento femminista.
L’8 marzo 1972 la giornata della donna a Roma si tenne in piazza Campo de’ Fiori: vi partecipò anche l’attrice statunitense Jane Fonda, che pronunciò un breve discorso di adesione, mentre un folto reparto di polizia era schierato intorno alla piazza nella quale poche decine di donne manifestavano con cartelli chiedendo la legalizzazione dell’aborto e la liberazione omosessuale. Il matrimonio venne definito prostituzione legalizzata e circolò un volantino che chiedeva che non fossero lo Stato e la Chiesa ma la donna ad avere il diritto di amministrare l’intero processo della maternità. Quelle scritte furono giudicate intollerabili e la polizia caricò, manganellò e disperse le manifestanti
Per concludere qualche curiosità: la scelta dei fiori gialli della mimosa risale invece al 1946: le organizzatrici delle celebrazioni a Roma cercavano infatti un fiore che fosse di stagione e costasse poco: la scelta quindi cadde sulla mimosa il cui prezzo però è ormai salito alle stelle (il consumismo è imperante anche l’8 Marzo).
E la Chiesa cosa pensa di tutto questo?
La Salvezza dell’Umanità passa attraverso il sì di una Donna; scelta, anzi prescelta, dal Signore per portare a termine il Suo piano d’amore. A Lei, a Maria, affida Suo figlio. In questa scelta, e nel ruolo fondamentale della Madonna nella Storia, è riconoscibile l’idea della donna nel cristianesimo, quello storico ed ancora attuale. Purtroppo oggi male interpretato dalla volontà di consacrare l’uguaglianza dei sessi.
Voci esplicitano un apprezzamento limitato del ruolo femminile all’interno della Chiesa e della sfera religiosa in generale, portando poi avanti la questione sull’impossibilità della donna di accedere al sacerdozio e dunque al vescovato e al papato. Per l’opinione pubblica, sostanzialmente laica, la strada diversa percorribile dalla donna raffigurerebbe un segno di inferiorità della condizione femminile. Valutazione antipodica alle manifestazioni espresse nel Vangelo. Basti pensare al passo in cui Gesù protegge la donna adultera contro i suoi accusatori, condannando la legge giudaica che pretende di punire il peccato della donna più di quello dell’uomo. Ancora, Gesù si circonda della collaborazione delle donne come dei discepoli, promuovendola rispetto alla condizione cui era relegata. Promuovendola nella sua dignità.
Purtroppo ai nostri giorni è presente faziosità e confusione tra emancipazione femminile e liberazione della donna dal suo destino biologico di maternità. La Chiesa riconosce le Sante, le fondatrici di congregazioni di vita attiva, le teologhe e ne esalta i carismi, le peculiarità. Ma una donna per essere riconosciuta come preziosa non deve necessariamente gestire il potere. Anzi, forse questo è l’unico antidoto alla Salvezza. Guardare Maria ed imitarla, dunque non esporre la donna ma preservarla. “La via di Cristo non è né quella del dominio, né quella del potere come viene inteso dal mondo” – ha dichiarato il Papa emerito Benedetto XVI, calcando la fecondità anche intellettiva del ruolo della donna nella Chiesa; insistendo sulla necessità per i cardinali di farsi portatori anche delle istanze femminili, delle esigenze rosa in Conclave. Che non sia diretta conseguenza di una trasformazione dei loro ruoli, delle loro funzioni, delle loro “missioni”.
«Maschio e femmina Dio li creò» dunque diversi. Unici nelle loro caratteristiche; insostituibili. La donna è vita. Senza di essa non si genererebbe e questo è lo straordinario dono di cui è portatrice, unica e sola (dono del quale le femministe sembrano non andare fiere e sarebbe bello ce ne spiegassero il perché). Gli uomini mai potranno sostituirsi alle donne in questa funzione. Allo stesso tempo le donne non potranno sostituirsi agli uomini in altri incarichi. E l’interscambiabilità dei ruoli che altera la meravigliosa bilancia della complementarietà rendendoci tutti autosufficienti e autoreferenziali. Almeno nella scala della religione, proviamo a mantenere salda la differenza tra i sessi intesa come valore.
Sant’Agostino scrisse: “Ciascun uomo è parte del genere umano; la sua natura è qualcosa di sociale e anche la forza dell’amicizia è un grande bene che egli possiede come innato. Per questa ragione Dio volle dare origine a tutti gli uomini da un unico individuo, in modo che nella loro società fossero stretti non solo dall’appartenenza al medesimo genere, ma anche dal vincolo della parentela. Pertanto il primo naturale legame della società umana è quello fra uomo e donna. E Dio non produsse neppure ciascuno dei due separatamente, congiungendoli poi come stranieri, ma creò l’una dall’altro, e il fianco dell’uomo, da cui la donna fu estratta e formata, sta ad indicare la forza della loro congiunzione . Fianco a fianco infatti si uniscono coloro che camminano insieme e che insieme guardano alla stessa meta…”.
Questo dovrebbe chiarire una volta per tutte che l’8 marzo è una festa (oggi trasformata in uno sciopero) obsoleta. Le donna, come gli uomini, andrebbero o meglio vanno festeggiate ogni giorno nelle loro differenze fisiche e caratteriali in grado di far emergere la loro forza ed importanza in un cammino condiviso della vita.