Decreto Sicurezza – La protezione della sovranità sul mare

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Decreto Sicurezza – Con il Decreto Sicurezza Bis (D.L. 53-2019) la protezione della nostra sovranità sulle acque territoriali fa un significativo ed ulteriore passo avanti rispetto alle premesse già poste con il Decreto Napolitano (D.Lgs. 286-1998).

Il Ministero dell’Interno potrà ora emanare, di concerto con Trasporti e Difesa, provvedimenti per “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi [private] nel mare territoriale… per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all’articolo 19, comma 2, lettera g), limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (CNUDM”.

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In sostanza, il Viminale dispone ora di un adeguato strumento giuridico per conseguire il risultato cui miravano precedenti Direttive come la n. N. 14100/141(8) del 15 maggio 2019,  volte ad impedire l’accesso nelle acque territoriali italiane a navi mercantili responsabili di attività di soccorso (SAR) in zone di competenza di altri Stati. In questo modo si darà forza giuridica a quelle misure di interdizione sinora emanate a livello operativo dalla Guardia di Finanza (quale responsabile per conto dell’Interno dell’ordine e della sicurezza pubblica sul mare)

L’emanazione di concerto con Trasporti e Difesa dei singoli provvedimenti di divieto di accesso (come già avvenuto lo scorso 16 giugno nei confronti della “Sea Watch 3”) ne garantisce anche l’osservanza da parte del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera e della Marina militare quali componenti navali del dispositivo di controllo dell’immigrazione previsto dalla Legge FiniBossi (L. 189-2002) e dal discendente Decreto dell’Interno 19 giugno 2003.

Tutto bene dunque? Apparentemente si, se si ricordano tutte le discussioni che da tempo accompagnano la questione dei “porti chiusi” alle navi Ong che abbiano agito nella zona Sar (ricerca e Soccorso) libica in violazione delle competenze di Tripoli riconosciute nel giugno 2018 sia dal Consiglio europeo sia dall’Autorità Sar italiana.
RepubblicaIl problema è un altro. Il DL 53-2019 è stato emanato nell’intento di rafforzare i poteri dell’Interno relativamente alle violazioni dei principi del transito inoffensivo riconducibili ad una vasta gamma di materie appartenenti al genus dell’ordine e della sicurezza pubblica ed in particolare all’immigrazione irregolare.

Quando si va a leggere l’art. 19 della Cnudm ci si rende conto che tali materie sono specificatamente indicate e comprendono, oltre alle minacce alla sicurezza nazionale, anche operazioni navali pregiudizievoli per la Difesa nazionale, nonchè attività di pesca, ricerca scientifica o rilievi non autorizzati, interferenza con sistemi di comunicazione.

Si pensi al fatto che i nostri vicini Sloveni e Croati sono sempre pronti ad inviarci note di protesta per asserite violazioni al transito inoffensivo (per aver navigato in modo “non continuo e rapido”) commesse da nostre Unità navali. Per non parlare del reiterato uso della forza da parte libica nei confronti dei nostri pescatori.

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Mentre accade che noi, pur disponendo di un efficiente sistema di sorveglianza costiera, non siamo altrettanto incisivi nel sanzionare, con idonei provvedimenti o con note diplomatiche di protesta, le violazioni al transito inoffensivo nelle nostre acque territoriali.

Se poi navi-spia – come avveniva un tempo – violassero la nostra sovranità per attività di intelligence, oppure navi di ricerca offshore operassero, per dire, nel Golfo di Taranto o in Adriatico, non avremmo probabilmente oggi strumenti per reagire con immediatezza.

 




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