Movienerd – Cinema – Film – Benvenuto Presidente con Claudio Bisio

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Benvenuto Presidente – Sono passati otto anni dalla sua elezione al Quirinale e Peppino Garibaldi vive il suo idillio sui monti con Janis e la piccola Guevara. Peppino non ha dubbi: preferisce la montagna alla campagna… elettorale. Janis, invece, è sempre più insofferente a questa vita troppo tranquilla e soprattutto non riconosce più in lui l’uomo appassionato, di cui si era innamorata, e che voleva cambiare l’Italia.

Richiamata al Quirinale, nel momento in cui il Paese è alle prese con la formazione del nuovo

governo e appare minacciato da oscuri intrighi, Janis lascia Peppino e torna a Roma con Guevara.

Disperato, Peppino non ha scelta: tornare alla politica per riconquistare la donna che ama.

“Benvenuto Presidente!” è la pellicola presentata ai giornalisti, ieri mattina a Roma alla presenza del’intero cast formato, da Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Beppe Fiorello, Remo Girone, Massimo Popolizio. «continua Cesare Bocci, Omero Antonutti, Michele Alhaique, Franco Ravera, Patrizio Rispo, Gianni Cavina, Piera Degli Esposti.

I registi Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi ci raccontano del loro film così….

La sceneggiatura di Fabio Bonifacci ci ha dato l’occasione di riabbracciare un tema a noi molto

caro, che in passato ci ha regalato grandi soddisfazioni sia in tv che sul web, e che da sempre

siamo convinti possa funzionare anche al cinema: la satira.

Il pitch della storia (Peppino Garibaldi torna e diventa Presidente del Consiglio per

riconquistare la donna amata) ci ha messo davanti ad una doppia sfida: da un lato la

responsabilità di realizzare il sequel di uno dei più grandi successi cinematografici degli ultimi

anni; dall’altro la possibilità di esplorare, attraverso un soggetto dal fortissimo potenziale

commerciale, l’attualità sociale e politica italiana.

Non è stato facile. Grazie alla perseveranza del nostro produttore Nicola Giuliano e alla

benedizione di Riccardo Milani abbiamo trovato il coraggio necessario ad affrontare un

progetto del quale non eravamo sicuri di essere all’altezza.

Ma è stata la conoscenza di Claudio Bisio a spazzare via definitivamente ogni nostro timore e

spingerci a maneggiare con maggior sicurezza l’eredità del film di Milani. Con Claudio il feeling

è stato immediato, s’è creato subito quel clima di complicità da ultimo banco di scuola. Senza

che ce lo dicessimo mai esplicitamente, sapevamo che stavamo inseguendo un obiettivo

comune: far ridere e regalare al pubblico uno spunto di riflessione.

Lo stesso è avvenuto con il resto del cast.

Sarah Felberbaum in primis. Anche lei – come noi – si è ritrovata a maneggiare un’eredità

importante (il ruolo di Janis, interpretato nel primo film da Kasia Smutniak), ed è riuscita a

gestirlo con grande professionalità e ironia.

E poi… Pietro Sermonti, Paolo Calabresi, Gugliemo Poggi. In questo film interpretano

personaggi totalmente inediti e sono riusciti a restituire al proprio ruolo la dignità della

maschera: esilarante, buffonesca ma al tempo stesso ammantata di struggente umanità.

Il risultato è un ‘sequel-non-sequel’, che eredita personaggi, ambientazioni e temi da

Benvenuto Presidente!, ma che da esso si distacca per toni, messa in scena e, ovviamente,

scenari politici.

Ciò che abbiamo cercato di ricreare non è né un atto di denuncia né una rappresentazione

grottesca della politica italiana, ma una sua reinterpretazione in chiave leggera, comica, e

comunque sempre verosimile.

Allo stesso modo abbiamo lavorato alla messa in scena del contraltare della politica, il suo

pubblico: l’elettorato, il popolo… noi. Cittadini sempre più confusi, sempre più affogati nel

costante rigurgito di (dis)informazioni prodotte da tv e social network.

Ci piace pensare che nei personaggi di Bentornato Presidente, anche in quelli annidati nei

margini più estremi del fotogramma, ognuno di noi riesca a vedere se stesso, i propri difetti, le

proprie idiosincrasie… e, riconoscendosi, possa riderne.

Si può dire che questo film sia stato scritto in pochi mesi oppure in molti anni. Ci eravamo affezionati a Peppino, e 4 anni fa abbiamo pensato di riportarlo in vita con un sequel. Una cosa ci è stata subito chiara: dopo il percorso del primo film a Peppino della politica non importava più niente, poteva tornare a farla solo per un altro motivo. Così è nata l’idea: Peppino torna a fare politica per amore.

Inizialmente avevamo pensato a un’altra “elezione per sbaglio”: per una serie di errori, Peppino

diventa capo dell’Unione Europea, non gliene frega niente ma accetta per rivedere Janis che lo ha

lasciato ed è andata a lavorare a Bruxelles.

Volevamo fare satira sulle tante cose che non funzionano in Europa. Tra l’altro, se ci fossimo riusciti, il film sarebbe piaciuto molto al governo oggi in carica, che all’epoca era opposizione. Purtroppo l’impresa si è rivelata impossibile per un motivo tecnico: nessuno sa come funzionano le istituzioni europee, e non si può ridere su ciò che nessuno conosce. Ogni volta che volevamo scherzare su una cosa, dovevamo prima noiosamente spiegare come funziona quella cosa nella realtà. L’effetto comico veniva regolarmente ammosciato. Abbiamo dovuto rinunciare.

Peppino doveva stare in Italia e, dopo aver fatto il Presidente della Repubblica, per non scendere

troppo poteva fare solo il Premier.

Ma quale meccanismo di fantasia può far diventare Premier uno che si è ritirato a vivere sui monti e

da anni se ne frega della politica? L’idea di fantasia non saltava fuori e la realtà ci ha dato una mano.

Un giorno abbiamo visto al tg un premier di cui non avevamo mai visto il volto né sentito la voce,

scelto per non offuscare troppo i due vicepremier. Si è accesa la lampadina: quel meccanismo della

realtà poteva portare al governo il nostro premier di fantasia.

A quel punto siamo partiti ventre a terra a scrivere, per adattare le molte idee già nel cassetto alla

nuova situazione.

Non abbiamo cercato l’attualità. E’ l’attualità che ci è venuta a cercare. Giocando s’impara.

Questo film è una commedia, ci volevamo divertire ridendo sulla politica e i suoi meccanismi attuali.

Rispetto al primo film, la politica è più caratterizzata, più somigliante a quella vera, anche se non

uguale. Alcuni personaggi sono “liberamente ispirati a”, anche se ci siamo concessi molti margini di

invenzione e libertà.

La maggiore aderenza alla realtà ha un motivo. Il primo film raccontava un sentimento che all’epoca stava nascendo di nascosto nel paese: il disprezzo per tutta la classe politica, senza distinzioni. Per questo i politici erano indistinguibili uno dall’altro: stavamo raccontando lo sguardo di un Paese che iniziava a vederli tutti uguali.

Oggi non è più così. La gente non parla più dei politici in generale, parla del partito X o del

movimento Y, quindi anche noi li abbiamo caratterizzati maggiormente, per rispecchiare lo sguardo

del paese.

Ma anche in questo film, forse, ci siamo trovati senza volerlo a raccontare qualcosa. Un altro

sentimento collettivo che sta crescendo di nascosto nel Paese: la stanchezza per un clima di scontro

esasperato, di odio reciproco, di lotte fra ultras, di insulti quotidiani fra opposti gruppi di haters.

Questa continua guerra sfibrante forse comincia un po’ a stancare. E infatti il culmine del film è il

discorso finale di Peppino, tutto centrato su ciò che unisce il Paese anziché su ciò che lo divide.

Crediamo (o speriamo) che sotto la coltre quotidiana di polemiche, nel paese stia crescendo il

desiderio di guardare un po’ di più a ciò che unisce, ed è quello che ci siamo trovati a raccontare. Ma così, per caso, facendo una commedia, come i bambini che giocando a volte imparano qualcosa.

Nel film si ride di tutte le forze politiche allo stesso modo. Se a qualcuna è stato dedicato meno

spazio è solo perché ci sembrava contasse molto poco. Tuttavia la risata sui politici non è mai

moralistica o superiore: non sono visti come cattivi ma come vittime, in particolare delle nuove

tecnologie di comunicazione.

Come i politici del primo film erano schiavi dei sondaggi, questi sono schiavi dei social e degli

algoritmi. La satira politica del film non riguarda gli argomenti (che infatti sono appena sfiorati), è più interessata al meccanismo. Raccontiamo leader prigionieri del loro storytelling, costretti dai loro spin doctor a esprimere le emozioni che servono per avere successo sui social, nell’incessante tentativo di dire alla gente quel che vuol sentirsi dire. Ci sembra la vera commedia della politica di oggi, e non riguarda questo o quel partito. Riguarda tutti, anche noi, che guidiamo i social coi nostri milioni di “mi piace” o “retweet” o “commenta”.

 

 




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