22 Novembre 1963 – L’assassinio di John F. Kennedy

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John F. Kennedy -Il 25 Novembre del 1963, tre giorni dopo il suo assassinio il presidente USA, John Fitzgerald Kennedy, fu sepolto nel cimitero nazionale di Arlington (Arlington National Cemetery). Il luogo che ospita le spoglie di molti militari  personaggi che hanno fatto la storia degli Stati Uniti, situato nella Contea di Arlington, in Virginia è un cimitero militare statunitense creato durante la guerra di secessione sul terreno attiguo alla casa di Robert Edward Lee. È situato esattamente di fronte a Washington D.C., sull’altra sponda del fiume Potomac, vicino al Pentagono.

Fu un giorno di profonda tristezza per gli USA che in Kennedy riponevano molte speranze ma il dramma maturato a Dallas resta avvolto da tanti inconfessabili misteri.

Il viaggio a Dallas era visto dai collaboratori e da molti esponenti del Partito Democratico come un grosso rischio che non doveva essere corso. Il senatore J. William Fulbright, autorevole esponente democratico dello stato dell’Arkansas gli aveva detto: “Dallas è un luogo estremamente pericoloso…Io non ci andrei. Lei non ci deve andare”.

Kennedy stesso si rendeva conto di quanto fosse pericoloso quel viaggio, la mattina medesima del 22 novembre, guardando dalla finestra della sua camera all’Hotel Texas di Fort Worth, dove aveva pernottato giungendo da Houston, JFK disse, indicando il podio dal quale avrebbe tenuto un breve discorso: “Guardate il podio, con tutti quei palazzi intorno i servizi segreti non sarebbero mai in grado di fermare chi volesse colpirmi”. Alla moglie, che esprimeva la sua preoccupazione per i rischi di un attentato, JFK aveva dato ragione, dicendo poi: “Oggi entriamo in una zona di fanatici… Sai, ieri sera sarebbe stata perfetta per uccidere un presidente. Intendo dire, supponi che un uomo nascondesse una pistola in una valigetta – mimò quindi uno sparo – poi avrebbe potuto lasciar cadere pistola e valigetta e mescolarsi alla folla.”

A tutto questo va aggiunto il pericolo dovuto all’aria di complicità che permeava l’entourage stretto del Presidente (inclusi gli uomini dei servizi di sicurezza, che, per altro, lo adoravano per il suo passato di eroe della seconda guerra mondiale), la cordialità con cui tutti costoro venivano trattati da JFK, l’andazzo di “lasciar correre”, violando così i rigidi regolamenti dei Servizi, in numerose delle occasioni degli incontri clandestini del Presidente, anche durante i suoi viaggi, a causa di disposizioni più o meno esplicite del medesimo, portò a un rilassamento della sicurezza che era molto pericoloso. La notte precedente l’attentato, un gruppo di agenti deputati alla scorta del presidente si attardò fino a notte inoltrata a bere liquori nonostante la mattina alle ore otto dovessero prendere servizio, violando così palesemente il regolamento che vietava agli agenti di scorta al Presidente di assumere alcolici o stupefacenti.

Venerdì 22 novembre 1963 alle ore 11:40 CST, Kennedy, sua moglie Jacqueline e il seguito presidenziale atterrarono all’aeroporto Love Field di Dallas, con l’Air Force One, partito poco prima dalla vicina Fort Worth. Le auto del corteo avrebbero dovuto seguire un certo ordine e allineamento di marcia, ma poco prima dell’arrivo di Kennedy, quest’ordine fu cambiato. Lo schema prevedeva il corteo presidenziale da Love Field, al centro di Dallas, per finire al Trade Mart, dov’era programmato il banchetto presidenziale: sarebbe dovuto entrare in Dealey Plaza alle 12:25 e dopo cinque minuti arrivare al Trade Mart dov’era atteso dall’amministrazione di Dallas, autorità religiose, leader politici e civili.

Il percorso originario prevedeva che il corteo, entrato nella Dealey Plaza, proseguisse diritto su Main Street ma fu considerato che Elm Street rappresentava un percorso migliore, così il tragitto venne cambiato.

l corteo presidenziale viaggiò senza incidenti per quasi tutto il percorso, con due sole fermate per permettere al presidente Kennedy di stringere la mano dapprima ad alcune suore cattoliche e poi ad alcuni bambini. Poco prima che la limousine voltasse su Main Street, un uomo corse verso l’auto, ma venne bloccato da un agente dei Servizi segreti e spinto via. Alle 12:29, la limousine entrò in Dealey Plaza dopo una svolta a destra di 90º da Main Street su Houston Street scendendo al di sotto dei 18 km/h. Oltre due dozzine, tra fotoamatori e professionisti, attendevano il passaggio del presidente. Alle 12:30, il presidente Kennedy lentamente passava di fronte al deposito di libri della Texas School, la limousine compì una svolta a sinistra di 120º di fronte al deposito, che dista solo 20 metri.

Il presidente John Fitzgerald Kennedy e la moglie Jacqueline Bouvier salirono su una limousine Lincoln sedendo nella parte posteriore, mentre sui sedili centrali sedettero John Connally, governatore del Texas, e sua moglie; la limousine, guidata dall’agente Bill Greer, rallentò in prossimità della curva tra la Houston Street e la Elm Street e, mentre il Presidente e il Governatore salutavano la folla, diversi colpi di fucile furono esplosi in direzione della vettura: uno di essi colpì J.F.K. alla testa, causandogli un’ampia ferita, rivelatasi poi mortale. La maggior parte dei testimoni riferirà di avere udito tre spari.

Immediatamente la limousine si diresse verso il Parkland Memorial Hospital, dove i medici Carrico e Malcom Perry si adoperarono per salvare la vita del Presidente. Intanto, immediatamente, 75-90 secondi dopo l’ultimo sparo, al secondo piano del deposito di libri, Oswald si trovò di fronte al poliziotto Marion Baker. Baker affermò che ricordava di aver udito il rimbombo dei colpi approssimativamente « […] nella costruzione di fronte a me, o in quella a destra», cioè da un altro edificio e fermò Oswald ma lì, davanti alla sala da pranzo, Oswald fu identificato dal sovrintendente dell’edificio, Roy Truly, che disse di lasciarlo andare. Sia Baker sia Truly testimoniarono che Oswald appariva « […] calmo, freddo, normale e in alcun modo senza fiato» e non era sudato.

Quando Oswald fu visto anche dalla segretaria del deposito al primo piano, aveva una bottiglia acquistata a un distributore automatico in sala da pranzo. Verso le 12:33 Oswald lasciò il deposito della Texas School e la Commissione concluse che Oswald aveva percorso una distanza minima di 105 metri (346 piedi) dalla finestra esterna del sesto piano al primo piano.

Il fucile, un Mannlicher-Carcano,  del peso di circa 3,6 chilogrammi (8 libbre), calibro 6,5 millimetri, con un mirino telescopico a 4 ingrandimenti, venne ritrovato alle 13:22 dalla polizia di Dallas, vicino alla finestra del 6º piano, posizionato verticalmente, chi dice appoggiato sul calcio e chi nascosto dietro una pila di libri.

Alle 12:40 circa, il portone della Texas School Book fu chiuso dalle autorità. Fuori, intanto, agenti di polizia, detective, testimoni e altre persone si dirigevano verso la collinetta erbosa, nel parcheggio retrostante e al magazzino della ferrovia (dalle 12:30 alle 12:39 circa). La zona intorno al Dealey Plaza e i palazzi non furono isolati e dopo soli 10 minuti dall’assassinio, alcune fotografie mostrano veicoli che andavano e venivano su Elm Street, intorno alla scena del crimine. Alle 13:00, dopo aver preso un autobus e un taxi, Oswald ritornò alla sua camera nella pensione di North Beckely Street al numero 1026 e, come disse la proprietaria, ne uscì verso le 13:03 – 13:04, quando lo vide l’ultima volta alla fermata dell’autobus.

Dalle 13:00 alle 13:35 Johnny Calvin Brewer, che lavorava come manager al negozio di calzature Hardy’s vicino al teatro sul Jefferson Bd., dichiarò che Oswald si voltò verso la via e si nascose all’entrata del negozio non appena sentì le sirene della polizia. Quando Oswald lasciò il negozio, Brewer lo seguì e lo vide entrare al cinema senza pagare, dato che la giovane donna allo sportello, Julie Postal, era distratta. Brewer avvertì la donna che a sua volta informò la polizia di Dallas intorno alle 13:40. Al cinema diversi testimoni videro Oswald spostarsi e cambiare diverse volte di posto.

Almeno due dozzine di poliziotti, sceriffi e detective arrivarono al Texas Theatre perché avevano individuato Oswald come l’assassino di Tippit. Quando tentarono di arrestarlo erano circa le 13:50; Oswald reagì, secondo la polizia, tentando di sparare al proprietario, ma venne bloccato. Alle 15:01, ora di Dallas, solo un’ora dopo che Oswald fu portato alla prigione di Dallas, il direttore dell’FBI J. Edgar Hoover, scrisse un memorandum al suo assistente: «Ho chiamato il procuratore generale a casa sua e gli ho detto che penso di avere tra le mani l’uomo che ha ucciso il presidente».

Nel frattempo, al Parkland Memorial Hospital, mentre i giornalisti aumentavano, un prete somministrò l’estrema unzione al presidente. I dottori lavorarono freneticamente per salvargli la vita, ma le sue condizioni erano disperate. Alle 13:00, dopo che l’attività cardiaca era cessata, e dopo il rito dell’estrema unzione, il presidente John F. Kennedy fu dichiarato morto. Il personale medico della sala traumatologica n. 1 che aveva curato il presidente disse che il presidente era “moribondo” e che non aveva chance di sopravvivenza quando arrivò all’ospedale. Il prete che somministrò l’estrema unzione dichiarò al New York Times che il presidente era morto poco dopo il suo arrivo all’ospedale.

Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Lyndon Johnson, ordinò che l’annuncio della morte del Presidente Kennedy fosse dato solo dopo che lui aveva lasciato l’ospedale. Quindi il presidente fu dichiarato morto alle 13:00, ma l’annuncio ufficiale venne dato solo mezz’ora più tardi.
All’incirca alle 13:33, il segretario della Casa Bianca Malcolm Kilduff, diede l’annuncio ufficiale nella sala conferenze dell’ospedale con giornalisti e membri dello staff medico.

«Il presidente John Fitzgerald Kennedy è morto oggi approssimativamente alle 1:00 p.m., qui a Dallas. È morto per una ferita di arma da fuoco al cervello. Per quanto riguarda l’assassinio del Presidente, per ora non ho altri particolari…»
(Malcolm Kilduff)

Alle 14:05 il corpo del presidente JFK lasciò l’ospedale e fu trasportato sull’Air Force One, dove alcuni sedili erano stati rimossi per accogliere la bara. Per molti studiosi questa fu un’azione illegale, perché il corpo venne spostato senza prima aver fatto effettuare un esame forense dal coroner di Dallas secondo le leggi dello Stato del Texas; la morte del presidente, allora catalogata come un crimine di Stato e non federale, sarebbe dovuta sottostare alle leggi del Texas.

Una volta che il corpo del presidente Kennedy fu sull’aereo, Lyndon Johnson, con a fianco Jacqueline, alle 14:38, giurò fedeltà alla costituzione nelle mani del giudice Sarah T. Hughes e divenne il 36º presidente degli Stati Uniti d’America.

Intorno alle 18:00 l’aereo dell’Air Force One atterrò alla base aerea Andrews, vicino a Washington, dove la bara fu caricata su un’ambulanza militare e portata all’ospedale navale di Bethesda per l’autopsia e le preparazioni funebri. Quando Jacqueline salì a bordo, il suo tailleur rosa e le gambe erano ancora macchiati dal sangue di suo marito. Per tutto il pomeriggio e fino al mattino del giorno successivo si rifiutò di lasciare il corpo di suo marito se non per il giuramento di Johnson. Altresì rifiutò di cambiarsi d’abito, dichiarando: «Devono vedere cos’hanno fatto».

Responsabile dell’assassinio venne ritenuto Lee Harvey Oswald, un impiegato della Texas School Book Depository in Dealey Plaza. Subito fu catturato per l’assassinio di un poliziotto e in seguito imputato anche dell’assassinio del presidente Kennedy ma lui non confessò mai e sostenne di essere un capro espiatorio

Oswald fu interrogato dalla polizia per circa 18 ore. Oswald non arrivò mai a un regolare processo perché venne ucciso a sua volta due giorni dopo l’arresto dal gestore di un night club, Jack Ruby il quale, subito arrestato e interrogato dalla polizia di Dallas, sul motivo del suo gesto, disse: «Non volevo essere un eroe, l’ho fatto per Jacqueline»e «Volevo risparmiare alla moglie del presidente il processo dell’uomo accusato di aver ucciso il marito».

Le indagini dell’FBI fornirono all’organo oltre 25.000 interviste, 2.300 rapporti, 553 interrogatori, e nel settembre 1964 la Commissione per investigare sull’assassinio del Presidente presentò il suo rapporto finale: «Lee Harvey Oswald ha ucciso da solo il Presidente; Jack Ruby ha ucciso da solo Lee Oswald».

Secondo la commissione, Lee H. Oswald psicolabile, mentalmente disturbato, frustrato, fortemente filo-castrista e violento, decise di diventare famoso uccidendo il presidente Kennedy. Quando la limousine terminò la curva, dal sesto piano della Texas School Book in Dealey Plaza, sparò un primo colpo di fucile. Alcuni si voltarono per cercare di capire cosa stesse succedendo e il Presidente Kennedy smise di salutare. Circa due secondi dopo fu esploso un secondo colpo: il proiettile colpì Kennedy alla schiena, uscì dalla gola, entrò nella schiena di Connally, gli perforò il torace, trapassò il polso destro, fratturando il radio e proseguì sino a fermarsi nella coscia sinistra del governatore. Un terzo colpo sempre esploso alle spalle del corteo, colpì il presidente alla testa causando la ferita mortale. Ciò comporta che Oswald avrebbe sparato 3 colpi dalla finestra e con due proiettili sarebbe riuscito a uccidere il Presidente e a ferire Connally. Dal rapporto emerge che il proiettile quasi intero rinvenuto sulla barella del governatore Connally e due frammenti piuttosto grandi rinvenuti nella limousine presidenziale erano stati sparati dal fucile Mannlicher Carcano trovato al sesto piano del deposito dei libri, escludendo così l’uso di qualsiasi altra arma.

Le conclusione della commissione Warren affermò una tesi, passata alla storia come quella “della pallottola magica”, riferendosi a quel proiettile che causò sette ferite complessive a Kennedy e Connally, rimanendo sostanzialmente integro.

Le conclusioni delle due inchieste ufficiali, quella della Commissione Warren e quella dell’United States House Select Committee on Assassinations, furono simili: Oswald aveva ucciso Kennedy (per compiere un gesto importante e “rivoluzionario” che lo avrebbe reso famoso e avrebbe riscattato la sua vita) e poi era stato ucciso a sua volta da Ruby, che intendeva vendicare Kennedy sull’onda dell’emozione, e che era riuscito a sparare a causa dell’insufficiente sorveglianza nella stazione di polizia di Dallas.

L’HSCA ammise nel proprio rapporto che il Presidente Kennedy era stato sì ucciso da Oswald, ma quale atto conclusivo di una cospirazione, a differenza di quanto indicato dalla Commissione Warren, secondo la quale Oswald era l’unico colpevole.

Secondo diversi sostenitori delle teorie del complotto, il presidente Kennedy sarebbe stato ucciso per diverse e mai chiarite motivazioni; nel corso degli anni si sono succedute varie argomentazioni e ipotesi, fino ad ammettere un presunto coinvolgimento di J. Edgar Hoover e l’FBI, Fidel Castro, il KGB, la Mafia, gli anticastristi, i petrolieri, la lobby delle armi.

Concordanze tra i testimoni indicano l’inizio degli spari poco dopo che da Houston Street la limousine ebbe svoltato su Elm Street. Il presidente sarebbe stato colpito una prima volta alla gola e dopo pochi istanti una seconda volta al capo. Anche il governatore Connally fu colpito e curato al Parkland Hospital per ferite alla schiena, al petto, al polso e alla coscia sinistra. Sebbene ci siano controversie su quando egli sia stato ferito, esperti forensi della Commissione Warren e della H.S.C.A. credono che le sue prime reazioni siano state simultanee a quella del Presidente e che i due uomini sarebbero stati colpiti con una singola pallottola (quella che procurò le prime ferite a Kennedy).

Secondo i teorici della cospirazione, l’unica postazione dalla quale si sarebbe potuto avere la visuale per uno sparo il cui proiettile potesse effettuare una traiettoria compatibile con le ferite di Kennedy è la staccionata nei pressi della collinetta erbosa, ma la foto Polaroid scattata da Mary Moorman non inquadra nessun tiratore in quel luogo: si tratta solamente di macchie di fogliame.
Malgrado ciò, le fotografie successive, mostrano molte persone correre verso la collinetta, dalla quale, interrogate successivamente, diranno di aver sentito esplodere i colpi. A ogni modo, non sono mai stati trovati, né nel corpo del Presidente, né in quello del governatore, né sull’automobile né in qualunque altro punto della Dealey Plaza prove che rimandassero a un’altra arma da fuoco o a proiettili differenti rispetto a quelli sparati dal fucile Carcano.

Decine di testimoni hanno dichiarato di aver sentito uno sparo e di aver visto del fumo nella zona della collinetta posta quasi di fronte a Kennedy e non dal deposito di libri dietro di lui. L’importanza della presenza di fumo è discutibile, in quanto nessun fucile moderno emette molto fumo al momento dello sparo. Emerge inoltre, da alcune testimonianze, la presenza di un individuo sulla collinetta che mostrava tessere del servizio segreto per allontanare le persone dalle vicinanze: queste testimonianze tuttavia parrebbero inattendibili, in quanto acclarate esclusivamente dalla testimone Jean Hill che inizialmente, intervistata da una TV di Dallas, dichiarò di non aver visto o udito nulla oltre gli spari, ma in seguito cambiò più volte la propria versione dei fatti. Tra l’altro la signora Hill non corse sulla collinetta, come da lei affermato, ma rimase a lungo dalla parte opposta della strada, come dimostrano fotografie e filmati. Il servizio segreto ha smentito la presenza di suoi agenti nella Dealey Plaza quel giorno, mentre erano presenti agenti dell’FBI, essendo un servizio di vigilanza interna.

Abraham Zapruder, un sarto che si trovava sul posto al momento dell’attentato, girò un filmato in 8 mm della scena. Il procuratore distrettuale Jim Garrison lo volle utilizzare per perseguire Clay Shaw, uomo d’affari di New Orleans accusato da Garrison di aver tramato per attentare alla vita di JFK ma giudicato estraneo alla vicenda al termine di un celebre processo. Zapruder affermò di aver sentito due o tre colpi; successivamente, nella sua testimonianza davanti alla Commissione Warren, ribadì di non essere in grado di stabilire la fonte degli spari.

Tra il novembre del 1963 e il gennaio del 1964 l’FBI esaminò, per conto proprio prima e insieme con la commissione Warren poi, una copia del filmato. Si stabilì che la cinepresa impressionava 18,3 fotogrammi al secondo, la sparatoria incominciò circa al fotogramma 170, momento in cui Kennedy colpito si portò le mani alla gola e finì al fotogramma 313, momento in cui si vedono gli effetti del colpo alla testa: secondo tali osservazioni la sparatoria avvenne in circa 8 secondi. Questi tempi corrisponderebbero a quelli della sparatoria, registrati per caso dalla centrale di polizia di Dallas, per mezzo del microfono della moto dell’agente di polizia H. B. McLain. Il documento fu usato dalla commissione Warren, per completare il quadro probatorio a carico di Lee Harvey Oswald.

Randolph Robertson, radiologo al Cookeville Regional Medical Center, in uno studio del 2013, usando tecniche computerizzate, ha sincronizzato il filmato di Zapruder con la ripresa sonora dei colpi sparati nella Dealey Plaza. In base al documento, è possibile vedere quello che succede sia a John Kennedy sia al governatore Connally, i movimenti della testa di Jacqueline Kennedy, che si volta da sinistra a destra man mano che si sentono gli spari.

Solitamente chi sostiene la cospirazione o la teoria del gruppo di fuoco afferma che non furono tre colpi (uno a vuoto) sparati dal deposito di libri, con il fucile di Oswald, a uccidere Kennedy e ferire Connally, ma sei-sette colpi, sparati da due o tre o addirittura quattro cecchini in circa 6 secondi; spesso le versioni sono contraddittorie. Una versione indica Charles Nicoletti(o John Roselli) appostato al deposito di libri o nel vicino Dal Tex Building, con un fucile di precisione, forse con Oswald a supportarlo nel deposito con il suo Mannichler-Carcano, e James E. Files alla collinetta erbosa, dietro la staccionata con la pistola Remington XP Fireball a mirino telescopico, che avrebbero sparato con altri complici i seguenti colpi, pressappoco in questa sequenza: il 1°, poco udibile (forse colpo di avvertimento o segnale, sparato con una pistola, da un complice); 2° e 3° (alla schiena di Kennedy, dal deposito e alla schiena e alla spalla di Connally, sempre dal deposito, forse ferendo un passante di striscio rimbalzando sul manto stradale; Kennedy e Connally si voltano, poi si accorgono della ferita), il 4° (alla gola di Kennedy, dalla collinetta erbosa o da un edificio davanti; si vede Kennedy portarsi le mani al collo e Connally che si gira) il 5° e il 6° (al polso e poi alla coscia di Connally, dal deposito di libri, ma da un’altra finestra, e alla testa di Kennedy, colpo mortale, talvolta attribuito a Files, secondo la sua “confessione”, talvolta al killer della mafia corsa Lucien Sarti; si vede la testa di Kennedy esplodere sul lato destro); a volte viene aggiunto un possibile 7° colpo (solo nella versione di Files; quasi contemporaneo al 5 e al 6°, alla testa o alla nuca di Kennedy, sparato dal deposito di libri da Nicoletti; si vede Kennedy spinto in avanti per una frazione di secondo, prima che l’effetto jet e il colpo contemporaneo provochino lo spostamento indietro e l’apertura della scatola cranica), per un totale dei tre-quattro rumori di sparo udibili e che sarebbero sovrapposti.. I sicari mafiosi avrebbero raccolto e fatto sparire i bossoli, lasciando solo quelli di Oswald con il suo fucile, poi sarebbero tornati subito a Chicago, mentre Oswald, ignaro che i complici lo avevano incastrato, andò a casa sua, prima di uscire nuovamente ed essere arrestato. Files affermò che Ruby era in Dealey Plaza; quindi si occupò di fare tacere Oswald, uccidendolo due giorni dopo nei sotterranei della stazione di polizia. Nella cosiddetta foto Moorman s’intravede una sagoma umana (per alcuni complottisti Files, per altri il cosiddetto “Badge Man”) e un lampo vicino al muretto nei pressi della staccionata (secondo chi non crede a queste versioni alternative si tratterebbe solo di un effetto ottico di pareidolia).

Un’altra teoria del complotto vede la presenza della mafia italo-americana come mandante o esecutrice: secondo questa teoria, Oswald a volte viene scagionato, a volte invece coinvolto come fiancheggiatore o come tiratore di supporto. Il mandante viene individuato nel boss mafioso di Chicago Sam Giancana o in Carlos Marcello di New Orleans e Santo Trafficante Jr., boss della mafia italo-ispanica della Florida gravitante attorno agli esuli cubani di Miami.

La motivazione addotta sarebbe una ritorsione contro le efficaci politiche antimafia e la “persecuzione” giudiziaria contro Jimmy Hoffa (il potente sindacalista legato agli uomini di Cosa Nostra) avviate da Robert Kennedy, il Ministro della giustizia (“Procuratore generale”) nel governo del fratello John, considerate un tradimento dopo che il padre Joseph P. Kennedy si era assicurato i voti della mafia, grazie all’amicizia dei Kennedy con il cantante Frank Sinatra e il boss Giancana. Il complotto avrebbe avuto anche l’appoggio della CIA, il cui ex-direttore Allen Dulles, ancora potente, avrebbe avuto rancore, per essere stato silurato da Kennedy, dopo il fallimento dell’invasione di Cuba. Oswald sarebbe stato coinvolto in quanto squilibrato e fanatico castrista, per essere usato come capro espiatorio e messo subito a tacere da Ruby.

Nel 1964, la Commissione Warren non trovò alcuna prova che collegasse l’uccisione di Oswald da parte di Ruby a una più ampia cospirazione per assassinare il presidente Kennedy. La Commissione concluse che Lee Harvey Oswald era l’unica persona responsabile dell’assassinio del presidente, affermando: “Sulla base della sua valutazione, la Commissione ritiene che le prove non stabiliscano un legame significativo tra Ruby e la criminalità organizzata. Entrambi i funzionari statali e federali hanno indicato che Ruby non era implicato in attività della criminalità organizzata.”

Tuttavia, nel 1979, la House Select Committee on Assassinations (HSCA) scrisse nel suo rapporto finale: “La Commissione ritiene, sulla base delle prove a sua disposizione, che la criminalità organizzata, come gruppo, non sia stato coinvolta nell’assassinio del presidente Kennedy, ma che le prove disponibili non precludono la possibilità che singoli membri possano essere stati coinvolti”.

«Il grande nemico della verità», notava John Fitzgerald Kennedy in un discorso ai laureandi a Yale nel giugno del 1962, un anno e cinque mesi prima di essere assassinato, «non è, molto spesso, la bugia, deliberata e disonesta, ma la leggenda, ostinata e persuasiva. Troppo spesso ci adagiamo su luoghi comuni, sottoponiamo i fatti a interpretazioni prefabbricate. Cerchiamo il conforto delle opinioni, non il disagio delle riflessioni».

John F. Kennedy ha diffuso positivismo tra gli americani, anche a chi non ha votato per lui. Molti lo descrivevano come: “una ventata di aria fresca”, con lui molti americani erano tornati a credere nella propria Nazione

Che cosa accadde davvero a Dallas quel 22 novembre del 1963, mentre la limousine con a bordo il 35° presidente degli Stati Uniti attraversava il Dealey Plaza, un’ora dopo l’atterraggio all’aereoporto di Love Field?




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