A Genova Adotta un finocchio
Per sabato prossimo a Sampierdarena (Genova), in via Cantore, Arcigay e Agedo hanno organizzato un pomeriggio (dalle 14 alle 18) abbastanza originale: l’attività si intitola “Adotta un finocchio!” e consiste in una sorta di coming out pubblico, davanti a chiunque si fermerà ad ascoltare, da parte di alcuni uomini e donne omosessuali, come fossero dei libri viventi che raccontano la propria storia. Chi vorrà, potrà fare il proprio coming out davanti ad una telecamera, girando un video, nella modalità tanto moderna e in voga tra i giovani dello stile youtuber. Ad ogni partecipante verrà donato un finocchio (l’auto ironia certo non manca) e i video saranno poi pubblicati sul canale Youtube di Arcigay Genova.
Questa iniziativa si inserisce nel contesto più ampio della ricorrenza internazionale del Coming out day, istituita nel 1988 negli stati Uniti da Robert Eichberg, psicologo del New Mexico, e Jean O’Leary, politica e attivista LGBT di Los Angeles (morta nel ‘95 per AIDS), al primo anniversario della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti LGBT, tenutasi appunto l’11 ottobre 1987, con la partecipazione di più di 200.000 persone.
Quindi direi che non è una ricorrenza nuova, come può essere il fertility day (creatura partorita dal ministro Lorenzin appena quest’anno) o l’abortion day, creatura solo proposta e poi fortunatamente abortita (in nomen omen) al suo sorgere.
Il coming out è un tema importante, per niente banale: secondo uno studio condotto dall’ISPES, il 32,5% di gay e lesbiche sotto i 20 anni ha pensato almeno una volta di suicidarsi e il 10,8% ci ha provato davvero.
Questi sono dati allarmanti che evidenziano un malessere che non può essere sottovalutato. Secondo una ricerca di Emily Rothman, condotta presso la Boston University, coloro che hanno rivelato alla famiglia la propria omosessualità e ne hanno ricevuto il sostegno emotivo sono statisticamente meno depressi di coloro che vivono la propria condizione nel silenzio. Questo risultato non stupisce affatto: credo che si possa ritrovare la medesima statistica per ogni difficoltà che gli individui si trovano a dover affrontare. Le persone, tutte, sono fatte per vivere in relazione e chiudersi a riccio nascondendo se stessi o vergognandosi addirittura di sé determina una pesantezza nell’esistenza che non è facilmente sostenibile.
Certo però che è importante intendersi sul significato di coming out: se intendiamo la presa di coscienza di se stessi, dell’esistenza di un’innegabile attrazione sessuale verso i membri del proprio sesso, e contestualmente l’approfondimento della natura e della radice di tale attrazione, sicuramente è una cosa buonissima, doverosa, indispensabile pure. È certamente necessario anche confidarsi, uscire allo scoperto con le persone amate, con la propria famiglia, con coloro dai quali ci si attende accettazione, rispetto, accoglienza e amore. Se per coming out invece si intende l’ostentazione di un innaturale orgoglio per la propria natura omosessuale, mi trovo in disaccordo. Infatti l’omosessualità, come rivela la statistica sui suicidi citata poco sopra, non è una condizione tutta rose e fiori, non è la vincita alla lotteria della vita, non è una caratteristica che regala punteggi nel curriculum: come sostengono (con melodrammatico vittimismo a volte) gli stessi membri delle associazioni Arcigay, essere omosessuali è dura, ci si sente diversi, incompresi, fuori posto, fuori fase col resto del mondo, feriti e fragili, discriminati prima di tutto dalla natura e poi dagli altri, spesso pure assurdamente colpevoli, come se uno l’avesse scelta, la propria omosessualità, invece che subita con dolore.
Ora invece gli omosessuali sono diventati una bandiera per rivendicazioni anti familistiche, tutto il sistema mass mediatico è impegnato in una strenua campagna di colpevolizzazione della normalità eterosessuale (e dico normalità sia dal punto di vista statistico che dal punto di vista biologico), per cui è veicolato il messaggio che essere gay è bello, c’è da esserne orgogliosi, è pure cool. Sicuramente la diffusione della bisessualità, che sta scalando le vette stocastiche soprattutto tra i giovani, è il risultato di questo martellamento. Se proprio non sei lesbica, almeno devi dire che sei bisessuale (e magari hai provato a baciare la tua migliore amica) o pansessuale (che fa pure più figo) o polisessuale (come si definisce la Nannini).
Peccato che nel mondo invece esistano gli omosessuali veri, quelli che hanno pianto lacrime amare sulle proprie ferite familiari e che hanno dovuto perdonare un bel po’ di persone nel proprio percorso, compreso se stessi, per riuscire a ritrovare un’identità e comunque fanno fatica, sanno che l’accettazione di sé è un percorso mai finito, una strada che dura tutta la vita. Queste persone (e ne conosco personalmente) non si fanno sfruttare dal circo LGBT come fenomeni da baraccone, non mettono su youtube la propria anima sventolata come una bandiera di partito, ma vivono intensamente e seriamente la propria vita, dove sono essenzialmente e principalmente persone, non gay o lesbiche, ridotte a figurine in 2D dalla propaganda.
Che gli omosessuali siano diventati pedine nelle mani di qualche potente senza scrupoli non è solo una fantasiosa supposizione, ma una certezza comprovata da documenti noti: sul portare DcLeaks gli hacker hanno pubblicato materiale trafugato dai server di Soros, magnate ungherese-americano, a capo di più di 50 fondazioni sia globali che regionali e architetto di ogni rivoluzione e colpo di stato di tutto il mondo negli ultimi 25 anni. Il materiale saccheggiato, appartenente a diverse organizzazioni, tutte riconducibili a Soros, evidenzia infatti quanto sia ramificata ed estesa la rete organizzativa, alimentata da veri e propri fiumi di denaro, del magnate statunitense. È stata così portata alla luce la strabiliante quantità di denaro versato da Soros nelle casse dei principali soggetti impegnati in tutta Europa nella promozione dell’immigrazione, dei “diritti” LGBT e di tutte le maggiori istanze rivoluzionarie: l’Arcigay italiana ha ricevuto ben 99.690 $ per un progetto, dal 1/12/2013 al 31/12/2014, dal titolo “LGBT Mob-Watch Italy-Europe 2014”, che si poneva l’obiettivo di “smuovere, canalizzare ed ampliare la voce e la domanda del popolo LGBT italiano ed i loro alleati per le elezioni europee del 2014, costruendo uno strumento permanente di monitoraggio, campagna, mobilitazione e lobbying per queste e le prossime elezioni”.
Assieme all’ Arcigay, la Open Society ha elargito altri sostanziosi fondi a progetti volti a promuovere campagne di “normalizzazione” LGBT: tra questi, la famosa ed onnipresente ILGA-Europe si è vista donare 68.000 $ per il progetto “European elections 2014: Cross-communities mobilization project for a universal and indivisible EU equality agenda”, mentre, in Grecia, l’organizzazione omosessualista Athens Pride ha ottenuto 26.000 dollari per il progetto “Vote for your rights” volto a promuovere la comunità LGBTQ greca attraverso l’organizzazione di eventi ed attività.
Negli Usa, le Ong legate a George Soros hanno investito allo scopo di far valere i diritti della comunità Lgbt almeno 2,7 milioni di dollari nel solo 2013. Denaro ben speso, se si considera che negli ultimi anni si è assistito a una generale sensibilizzazione del popolo statunitense riguardo all’argomento, che ha preluso allo storico pronunciamento a favore dei matrimoni gay da parte della Corte Suprema.
Quindi il coming out day, inteso come giorno dell’orgoglio di una minoranza discriminata dalla società popolata da cattivoni egoisti, fa parecchio acqua. Pare più la festa ben finanziata e foraggiata dai potenti di turno per continuare a demolire il tessuto sociale, isolare gli individui, manipolare le coscienze e rendere tutti perfetti beoti consumatori.
Sarebbe ora di istituire il giorno della sincerità, dove le persone, soprattutto i ricconi che giocano a scacchi con la vita degli altri, vuotano il sacco delle loro nefandezze e ci lasciano vivere in pace.
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