Papa Francesco: “La missione della Chiesa è la vicinanza”

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Papa – Guarigione. È questa la parola centrale della quinta domenica del Tempo ordinario, in cui Francesco all’Angelus, torna a salutare i fedeli in Piazza San Pietro dalla finestra del suo studio, dopo un mese di diretta streaming dall’interno della Biblioteca del Palazzo Apostolico, per le restrizioni imposte dalla pandemia. ”Un’altra volta in Piazza!” è il suo saluto ai fedeli che lo attendono sotto una leggera pioggia e ricambiano con un lungo e affettuoso applauso.
La guarigione che racconta la liturgia di oggi è quella attesa da chi soffre, quella a cui anela il grido di Giobbe della Prima Lettura, quella che racconta il Vangelo di Marco delle folle di malati e indemoniati che seguono Gesù in tutta a Galilea. Ed è anche quella di cui ha bisogno l’umanità di oggi riscopertasi “fragile” di fronte ad una pandemia che sta causando milioni di vittime.
Tutto comincia dalla casa di Simone e dalla guarigione di sua suocera a letto con la febbre, un racconto da cui il Papa fa emergere la “dolcezza” del gesto risanante di Gesù e il suo potere:
“Si avvicinò, la fece alzare prendendola per mano”, annota l’Evangelista. C’è tanta dolcezza in questo semplice atto, che sembra quasi naturale: “La febbre la lasciò ed ella li serviva”. Il potere risanante di Gesù non incontra alcuna resistenza; e la persona guarita riprende la sua vita normale, pensando subito agli altri e non a sé stessa – e questo è significativo, è segno di vera “salute”!
Dopo questa prima guarigione, al tramonto del sabato, ecco che la gente si affolla fuori la porta di Gesù portandogli tutti i malati e gli indemoniati, “persone sofferenti nel corpo e nello spirito”, i “prediletti”, che Gesù affida anche ai discepoli perché non siano solo testimoni oculari ma siano coinvolti e “inviati” nel mondo “col potere di guarire” e “scacciare i demoni”:
E questo è importante. Prendersi cura dei malati di ogni genere non è per la Chiesa “attività opzionale”, no! Non è una cosa accessoria, no. Prendersi cura dei malati di ogni genere fa parte integrante della missione della Chiesa, come lo era di quella di Gesù. E questa missione è portare la tenerezza di Dio all’umanità sofferente.
È questa la risposta cristiana alla sofferenza: non una “spiegazione” ma una “presenza d’amore”. Ce lo ricorderà – afferma il Papa – tra pochi giorni, l’11 febbraio, la Giornata mondiale del Malato. Ma anche “la realtà che stiamo vivendo in tutto il mondo a causa della pandemia – sottolinea – rende particolarmente attuale questo messaggio”, “questa missione essenziale della Chiesa”, e ci mette davanti alla nostra condizione umana, “così alta nella dignità e nello stesso tempo così fragile”. Gesù dunque risponde alla sofferenza con una “presenza d’amore che si china, che prende per mano e fa rialzare, come ha fatto con la suocera di Pietro”: Chinarsi per far rialzare l’altro. Non dimentichiamo che l’unica forma lecita, l’unico modo lecito di guardare una persona dall’alto in basso è quando tu tendi la mano per aiutarla a sollevarsi. L’unica. E questa è la missione che Gesù ha affidato alla Chiesa. Il Figlio di Dio manifesta la sua Signoria non “dall’alto in basso”, non a distanza, ma inchinandosi, tendendo la mano; manifesta la sua Signoria nella vicinanza, nella tenerezza, e nella compassione. Vicinanza, tenerezza, compassione, sono lo stile di Dio. Dio si fa vicino e si fa vicino con tenerezza e con compassione. Quante volte nel Vangelo leggiamo davanti ad un problema di saluto o qualsiasi problema: “ne ebbe compassione”. La compassione di Gesù, la vicinanza di Dio in Gesù è lo stile di Dio. Ma non ci può essere compassione senza un’ “intima relazione con il Padre”. Anche questo ci insegna il Vangelo di oggi: Prima dell’alba e dopo il tramonto, Gesù si appartava e rimaneva da solo a pregare. Da lì attingeva la forza per compiere il suo ministero, predicando e operando guarigioni. La Vergine Santa ci aiuti a lasciarci guarire da Gesù – ne abbiamo sempre bisogno, tutti – per poter essere a nostra volta testimoni della tenerezza risanatrice di Dio.
Al termine dell’Angelus il pensiero del Papa si è allargato sul mondo a partire dal delicato momento che sta vivendo il Myanmar ad una settimana circa dal colpo di Stato, mentre la popolazione continua a scendere in piazza e ad assistere ad arresti di massa. E poi la preoccupazione per le ondate migratorie che vedono la presenza di tanti giovani, ragazzi e bambini, minori non accompagnati, per i quali Francesco chiede cura e sicurezza attraverso canali umanitari preferenziali.
Quindi lo sguardo all’Italia che vive, dice il Papa, un pericoloso inverno demografico e che in questa domenica, su iniziativa dei vescovi, celebra la Giornata della Vita. Infine l’anticipazione della ricorrenza di domani, VII edizione della Giornata mondiale di preghiera contro la tratta, con l’invito, riprendendo il tema di quest’anno, ad una economia che in nulla favorisca il fenomeno facendo degli esseri umani delle merci. ha concluso Papa Francesco.

Missione della Chiesa che i padri conciliari hanno illustrato chiaramente con:

La testimonianza della vita
Questa è la prima forma di missionarietà, che si addice a ogni credente, alla quale nessuno può né dovrebbe sfuggire: “Tutti i cristiani, infatti, dovunque vivono, sono tenuti a manifestare con l’esempio della vita e con la testimonianza della parola l’uomo nuovo che hanno rivestito nel battesimo, e la forza dello Spirito Santo, dal quale sono stati rinvigoriti con la confermazione” (n.11).
Quello che più preme mettere in rilievo è lo scopo indicato dai padri conciliari: “così che gli altri, vedendo le loro opere buone, glorifichino il Padre e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l’universale vincolo di comunione degli uomini”.
Guidati da questa convinzione i padri conciliari arrivano a scrivere: “Scoprano i cristiani con gioia e rispetto i germi del Verbo (semima Verbi) in essi nascosti”. Siamo invitati a condividere questa convinzione che allarga i cuori e dona a tutti i missionari la certezza che dovunque essi andranno troveranno sempre elementi di vita e di fede aperti al vangelo, perché in tutti i popoli Dio ha sparso qualche germe del suo Verbo.

La presenza della carità
La testimonianza della vita si fa ancor più sincera ed efficace quando è seguita e accompagnata dalla carità: la carità con la quale Dio ci ha amati e ci ama, la stessa carità per la quale Cristo Signore ha predicato il vangelo e ha dato la sua vita per tutti. Se non è la carità ad animare la missione della chiesa, questa si riduce a mera agenzia operativa. Una carità fattiva, quella dei cristiani, che si traduce in gesti di collaborazione, alla stregua di quello che ebbe a dire Gesù ai suoi discepoli: “Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”. Infatti “i cristiani devono impegnarsi a collaborare con tutti gli altri. Si applichino con particolare cura all’educazione dei fanciulli e degli adolescenti lottando contro la fame, l’ignoranza e le malattie”. Una carità genuina che, tuttavia, non accetta di inquinarsi con altri sentimenti o atteggiamenti. Infatti “la chiesa non vuole in alcun modo intromettersi nella direzione della società umana. Essa non rivendica a se stessa altra autorità se non quella di servire amorevolmente e fedelmente, con l’aiuto di Dio, gli uomini”.

Evangelizzazione e conversione
Evangelizzare è necessario, ma non dobbiamo dimenticare che la predicazione e la testimonianza mirano alla conversione. Infatti “affinché i non cristiani, a cui aprirà il cuore lo Spirito Santo, credendo si convertano liberamente al Signore e sinceramente aderiscano a lui che, essendo la via, la verità e la vita, risponde a tutte le attese del loro spirito, anzi infinitamente le supera” (n.13).
Il vero missionario si dedica alla predicazione per condurre i pagani alla conversione, ma sa che essa è principalmente opera dello Spirito Santo, che apre il cuore alla fede, come accadde a Lidia che ascoltava la predicazione di Paolo (vedi Atti 16,14). Noi siamo solo strumenti nelle mani del Signore che ci induce a predicare e, nello stesso tempo, apre il cuore di chi ascolta.




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