La “fine” di Osama bin Laden

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Osama bin Laden ha perso la vita il 2 maggio 2011, nel corso della cosiddetta Operation Neptune Spear. L’azione militare statunitense nell’ambito della guerra al terrorismo. L’operazione è erroneamente nota anche come Operazione Geronimo o ancora Abbottabad Operation per la stampa pakistana.

Tale operazione, preceduta da vasti preparativi di intelligence, è culminata il 2 maggio 2011, quando è stato annunciato al mondo che forze speciali USA, nei pressi di Abbottabad (Pakistan), avevano ucciso il cosiddetto “sceicco del terrore”. Autorizzata dal presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama, l’iniziativa è stata materialmente realizzata da componenti del Navy SEAL inquadrati nell’United States Naval Special Warfare Development Group (comunemente conosciuto anche come DEVGRU o SEAL Team Six ( suo vecchio nome) e da operativi della Special Activities Division della CIA. La direzione tattica era stata affidata al Joint Special Operations Command, in coordinazione con operativi della CIA. L’incursione prese le mosse da una località afgana di confine.

La morte di Bin Laden venne accolta favorevolmente dall’opinione pubblica americana, e salutata da Ban Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite, NATO, Unione europea, ed un gran numero di paesi come un positivo e rilevante punto di svolta della sicurezza globale e della lotta al terrorismo. In controtendenza, Ismāʿīl Haniyeh, capo di Hamās nella Striscia di Gaza, ebbe a dichiarare: “Condanniamo l’assassinio di un combattente arabo e musulmano”.

Il governo pakistano fu criticato per non aver rilevato che il pericoloso terrorista abitava indisturbato un vistoso complesso edilizio in una delle principali città del paese, prossima all’accademia militare più importante ed a cinquanta chilometri dalla capitale Islamabad. Le autorità locali negarono di aver saputo di ospitare bin Laden, e respinsero fermamente le insinuazioni di una loro complicità con il ricercato.

La Associated Press ha riportato le dichiarazioni di due esponenti di vertice americani, secondo cui si è trattato di “una missione uccidi-o-cattura, dato che gli USA non uccidono persone disarmate che cercano di arrendersi”, ma anche “era chiaro dal principio che chiunque fosse dietro quelle mura non aveva alcuna intenzione di arrendersi”. Il consigliere della Casa Bianca per l’antiterrorismo John O. Brennan ha dichiarato dopo il raid: “Se avessimo avuto l’opportunità di prendere bin Laden vivo, se lui non avesse rappresentato alcuna minaccia, i protagonisti dell’azione sarebbero stati in grado e pronti a farlo.” Il direttore della CIA Leon Panetta ha dichiarato a PBS NewsHour: “C’era la facoltà di uccidere bin Laden… Ovviamente nel quadro di regole di ingaggio, se davvero avesse alzato le mani, arrendendosi senza neppure dare l’impressione di costituire una minaccia, allora il loro compito era catturarlo. Ma, avevano piena facoltà di ucciderlo.”

Tuttavia, un esponente di rilievo della sicurezza nazionale statunitense, rimasto anonimo, ha riferito alla Reuters che “‘questa era un’operazione di morte’, rendendo evidente che non si desiderava affatto catturare vivo bin Laden in Pakistan”. Un’altra fonte, a conforto della tesi che l’ordine fosse kill (“uccidete”) e non capture (“catturate”) afferma, “La dirigenza ha descritto la reazione degli operatori speciali quando molte settimane prima furono informati di essere stati scelti per addestrarsi alla missione. ‘Fu detto loro, “Pensiamo di aver trovato bin Laden, ed il vostro lavoro è ucciderlo”,’ ricordò uno dei capi. I SEALs iniziarono ad esultare”.
Dopo un’imponente opera investigativa focalizzata sul complesso pakistano visitato dal corriere, iniziata nel settembre 2010, il successivo 14 marzo il presidente Obama riunì i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale per redigere un piano d’azione. Si incontrarono quattro volte (29 marzo; 12, 19 e 28 aprile) nelle sei settimane precedenti il raid. Il 29 marzo Obama discusse personalmente il piano con il viceammiraglio William H. McRaven,[comandante dello U.S. Joint Special Operations Command. Al presidente fu offerto “un ampio e ramificato spettro di possibili azioni” e la scelta fu “vagliata e definita nel corso di alcune settimane successive”.

Il primo approccio considerato dai vertici americani fu bombardare la casa impiegando velivoli stealth B-2 Spirit, in grado di sganciare 32 bombe JDAM da 907 kg (2 000 libbre) ciascuno. Obama respinse l’ipotesi, optando per un’incursione che avrebbe dato la definitiva prova che bin Laden fosse lì dentro, limitando al contempo le vittime civili.

Un’altra modalità operativa suggerita dal JSOC fu un “colpo di mano in collaborazione con operativi dell’intelligence pakistana, che sarebbero stati edotti della missione qualche ora prima del lancio”.[Impiegare RPAS non era apparentemente un approccio praticabile, sia per la limitata potenza di fuoco di tali mezzi, sia perché il complesso era posto “nella zona di controllo aereo pakistano per la capitale nazionale”. L’operazione guidata dai commando richiedeva tuttavia un’ abbondante preparazione ed addestramento per cogliere gli obiettivi della missione, la quale “prestava maggiori possibilità per fughe di notizie nei mesi successivi, bruciando la missione e spingendo bin Laden a nascondersi molto più accuratamente”.

Alcuni membri del Red Squadron (“squadrone rosso”) del Naval Special Warfare Development Group da Dam Neck (Virginia)[ iniziarono ad addestrarsi per il raid (il cui obiettivo non era stato loro esposto) dopo l’incontro di sicurezza nazionale del 22 marzo, “eseguendo simulazioni presso strutture addestrative su ambedue le coste americane, preparate in modo da ricordare il complesso”. Con il progredire del piano, in aprile, i DEVGRU SEALs iniziarono esercitazioni più specifiche su una replica da 4 000 m² dell’Haveli del Waziristan costruito dentro Camp Alpha, una zona ad accesso limitato dentro all’aeroporto di Bagram, Afghanistan.[l

Alle ore 8.20 del 29 aprile 2011, Obama si riunì con Brennan, Thomas E. Donilon ed altri consiglieri per la sicurezza nazionale nella Diplomatic Reception Room impartendo l’ordine finale per l’attacco di Abbottabad.

L’azione, deliberata per il giorno successivo, fu però rinviata alla successiva notte del 1º maggio per la densa copertura nuvolosa in atto.

Dopo l’autorizzazione di Obama, il direttore Panetta diede l’ordine di inizio a mezzogiorno del primo maggio.

Il blitz fu eseguito da 24 Navy SEALs elitrasportati appartenenti allo United States Naval Special Warfare Development Group (DEVGRU) del Joint Special Operations Command, che per ragioni legali furono momentaneamente posti sotto il controllo della CIA e di operativi paramilitari di quella stessa agenzia, giunti in Pakistan dal vicino Afghanistan. Secondo The New York Times, furono impiegati nell’attacco un totale di “79 operativi del DEVGRU e della CIA ed un cane”. Il cane era un pastore belga Malinois chiamato Cairo, i cui compiti non sono del tutto chiari, forse addestrato per la scoperta di esplosivi, oppure specializzato nel perseguimento di tracce. Secondo un resoconto dei fatti, il cane era preposto a seguire “chiunque tentasse di fuggire e a mettere in allerta i SEALs in ogni caso di avvicinamento delle forze di sicurezza pakistane”.bOltre agli incursori veri e propri, la missione fu appoggiata da un interprete, il conduttore del cane, piloti di elicottero, “addetti alla segnalazione tattica, alla raccolta di informazioni e da navigatori muniti di segretissimi visori iperspettrali”.

I SEALs penetrarono in Pakistan a bordo di elicotteri decollati da una base intermedia a Jalalabad, e con base di origine presso l’aeroporto di Bagram. Erano dotati di fucili d’assalto HK416, (muniti di silenziatore[85]) visori notturni e pistole.

Il 160th Special Operations Aviation Regiment (SOAR), un’unità aviotrasportata dello United States Army Special Operations Command nota anche con il nome Night Stalkers, fornì i due elicotteri Black Hawk modificati, e due Chinook di rincalzo.

I Chinook, che furono mantenuti in attesa a terra “in un’area deserta grosso modo a due terzi del percorso” tra Jalalabad e Abbottabad, ospitavano due squadre SEAL supplementari consistenti di circa 24 operatori DEVGRU.

Si scelse di compiere l’azione in un momento di scarso chiaro di luna, in modo tale che gli elicotteri poterono entrare in Pakistan “bassi sul suolo e senza essere scoperti”. Gli elicotteri sfruttarono tatticamente la morfologia collinosa della zona e tecniche nap-of-the-earth (“profilo del globo”) per raggiungere il complesso senza apparire sui radar e mettere in allarme le forze armate pakistane.

Secondo il piano, una delle squadre SEAL sarebbe discesa con la tecnica fast-rope sul tetto del complesso, mentre la squadra nell’altro Black Hawk sarebbe uscita nel cortile, irrompendo dal piano terra. Ma invece, mentre si eseguiva l’hovering sul bersaglio, uno degli elicotteri subì una condizione di stallo denominata vortex ring state “anello vorticoso” o “stato di vortice”) aggravata dalla temperatura eccessivamente alta dell’aria,ve dall’altezza dei muri perimetrali, “che impedì la diffusione della spinta ascensionale del rotore”mandando la coda a “tritare uno dei muri del complesso” e “distruggendo un rotore”. L’elicottero “girò su un fianco”mentre il pilota calava precipitosamente il muso del mezzo, “per impedire che si capovolgesse”. L’atterraggio fu comunque abbastanza morbido, visto che nessuno dei SEALs, dell’equipaggio o dei piloti riportò serie ferite. I comandanti del secondo elicottero tracciarono un piano di ripiego per atterrare sul tetto del complesso, e gli elementi operativi dei due elicotteri si raccolsero poi sul suolo fuori dal complesso e ripresero il loro assalto.

I SEALs s’imbatterono negli occupanti nella foresteria del complesso, nell’edificio principale del piano terra in cui vivevano due maschi adulti, ed al primo e secondo piano dove vivevano bin Laden e la sua famiglia. Il primo ed il secondo piano furono l’ultima porzione del fabbricato interessata al rastrellamento. Viene riferito che vi fossero “gruppetti di bambini… ad ogni livello, compresa la terrazza della camera di bin Laden”.

Oltre ad Osama bin Laden, furono uccisi nell’operazione altri tre uomini ed una donna. Gli individui uccisi furono un figlio adulto di bin Laden (probabilmente Khālid, forse Hamza il corriere di bin Laden (Abu Ahmad al-Kuwaiti), un parente maschio del corriere e sua moglie.

Al-Kuwaiti aprì il fuoco sulla prima squadra di SEALs con un AK-47 da dietro la porta della foresteria, e ne nacque un conflitto a fuoco in cui al-Kuwaiti morì.[ Una donna, identificata come la moglie del corriere, fu uccisa durante questo scambio. Il parente maschio del corriere fu colpito a morte dal secondo team di SEALs al piano terra della casa principale prima che potesse raggiungere un’arma ritrovata presso di lui. Il figlio giovane-adulto di bin Laden corse verso i SEALs per le scale della casa principale e fu freddato dal fuoco della seconda squadra.bUn importante esponente della difesa USA, rimasto anonimo, disse che solo uno dei cinque uccisi era armato.

I SEALs incontrarono bin Laden al primo o al secondo piano dell’edificio principale. Bin Laden “vestiva il tradizionale completo casacca-pantaloni dalle linee morbide noto come kurta pigiama”, in cui furono poi trovati 500 Euro e due numeri telefonici cuciti nel tessuto.

Bin Laden sbirciò gli americani che salivano le scale da sopra la ringhiera dell’ultimo piano, poi si ritirò in camera sua mentre un SEAL gli sparò un colpo, mancandolo. I SEALs lo rincorsero in camera, e gli spararono.bC’erano due armi vicino a bin Laden nella sua stanza: un fucile d’assalto AK-47 ed una pistola semiautomatica Makarov di fabbricazione russa,ma secondo sua moglie Amal fu ucciso prima che potesse raggiungere il Kalashnikov.[Secondo la Associated Presse le armi erano su un ripiano vicino alla porta ed i SEALs non le videro che quando stavano fotografando il cadavere di Osama. Bin Laden fu ucciso da un colpo al petto, seguito da uno sopra l’occhio sinistro, una tecnica a volte chiamata “double tap” (“doppio tocco”).

Furono ferite due donne.[131] “Quando i SEALs entrarono nella stanza ove si nascondeva bin Laden, sua moglie li caricò e le spararono ad una gamba.” La figlia dodicenne di bin Laden, Safiya, fu colpita ad un piede o ad una caviglia da una scheggia vagante.

Quando i SEALs incontravano donne o bambini durante l’incursione, li immobilizzavano con manette o fascette di plastica.bConcluso l’attacco, gli americani spinsero gli occupanti sopravvissuti all’esterno per lasciarli scoprire alle forze pakistane”.

Solo la salma di bin Laden fu asportata dalle forze USA; gli altri quattro cadaveri furono abbandonati nel complesso e successivamente presi in custodia dai pakistani.
Era previsto che il raid durasse 30 minuti. Tutto compreso, il tempo trascorso tra l’irruzione e l’uscita dal complesso fu di 38 minuti.nStando alla Associated Press, sotto il profilo della manovra offensiva prettamente militare, l’azione fu completata nel primo quarto d’ora.

Buona parte del tempo fu consumata per neutralizzare i difensori “muovendosi cautamente nel complesso, da stanza a stanza, di piano in piano” immobilizzando donne e bambini; sgombrando “nascondigli di armi e barricate”,b tra cui una finta porta, tre AK-47 e due pistole perlustrando il complesso a caccia di informazioni. Il personale statunitense recuperò dal complesso dischi rigidi di computer, documenti, DVD, chiavette USB ed “apparecchiature elettroniche” da analizzare in un secondo momento.

L’elicottero che aveva fatto l’atterraggio di emergenza era danneggiato, non poteva essere adoperato per esfiltrare la squadra di competenza.n Il velivolo doveva essere distrutto, per salvaguardare le sue dotazioni segrete, tra cui un’apparente attitudine stealth. Allora, “spostati donne e bambini in una zona di sicurezza”, i soldati americani “improvvisarono una procedura di saturazione dell’elicottero con l’esplosivo, e lo fecero saltare in aria”. La squadra d’assalto richiese l’invio di uno degli elicotteri di rincalzo, in sostituzione di quello andato perduto. Mentre il comunicato ufficiale del Department of Defense non citava le basi usate nell’operazione,nresoconti successivi indicarono che gli elicotteri avessero fatto ritorno all’aeroporto di Bagram. Il corpo di Osama bin Laden fu poi trasportato sulla portaerei Carl Vinson da un convertiplano V-22 Osprey, scortato da due caccia F/A-18 della U.S. Navy.

Secondo le autorità americane, bin Laden fu sepolto in mare perché nessun paese ne avrebbe accettato le spoglie. Nelle 24 ore dal decesso di Osama furono celebrati riti religiosi musulmani sulla portaerei Carl Vinson, nel Mare Arabico settentrionale. I preparativi iniziarono alle 10.00 locali e la deposizione in mare fu completata alle 11.00. Il corpo fu lavato, avvolto in un lenzuolo bianco e posto in un sacco di plastica zavorrato. Un ufficiale lesse un sermone religioso preparato e tradotto in arabo da un interprete madrelingua. Dopo di ciò, il corpo di bin Laden fu disteso su una tavola. La tavola fu sollevata su un lato ed il corpo scivolò in mare.
Secondo fonti dell’amministrazione Obama, le autorità USA non hanno condiviso informazioni sull’attacco con il governo del Pakistan fino alla conclusione.

Le forze americane usarono molteplici metodi per identificare il corpo di Osama bin Laden:

Misurazione del corpo: Sia il cadavere sia bin Laden misuravano 193 cm; i SEALs sul posto non avevano un metro a nastro per misurare il cadavere, così un SEAL di statura conosciuta si stese vicino al corpo e l’altezza fu calcolata per confronto approssimato.
Software di riconoscimento facciale: Una foto spedita dai SEALs al quartier generale CIA di Langley (Virginia) per analisi di riconoscimento facciale generò una probabilità di sovrapposizione tra il 90 ed il 95%.
Identificazione per conoscenza personale: Una o due donne del complesso, compresa una delle mogli di bin Laden,vriconobbero il corpo di bin Laden.b Una moglie di bin Laden lo chiamò pure per nome durante l’attacco, così involontariamente favorendone l’identificazione da parte degli americani sul terreno.
Test del DNA: Associated Press e The New York Times riferirono che il cadavere potesse essere stato identificato con il test del DNA utilizzando campioni di tessuto e sangue prelevati alla sorella.




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